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Smile: E l'horror torna a sorridere?

Con tre film di genere usciti in pochi mesi, qual è lo stato del cinema di genere nel nostro paese?
di Edoardo Becattini

Carne-fucina
Antonio Cupo (46 anni) 10 gennaio 1978, Vancouver (Canada) - Capricorno. Interpreta Tommy nel film di Francesco Gasperoni Smile.

lunedì 24 agosto 2009 - Approfondimenti

Carne-fucina
Mentre dall'America arrivano solo segnali di debolezza per un genere che pare ormai rappresentato solo da rifacimenti fra loro indistinguibili di quei film appartenenti all'età dell'oro, nel vecchio continente si parla molto di una possibile rinascita del cinema horror. Con l'efferato grand guignol di terra francese o le gotiche e soprannaturali ghost stories del cinema iberico, il luogo taumaturgico di tale resurrezione pare collocarsi nell'Europa neolatina. Su questa tendenza anche l'Italia ha provato negli ultimi mesi a dire la propria, a dispetto di una crisi identitaria ed economica del suo cinema.
Tre sono i film che hanno determinato una proposta per un ritorno del cinema di genere nel nostro paese, ognuno di essi mediante un differente approccio alla materia. Imago Mortis è il più esplicitamente europeo come marca e fattura: un'idea che avrebbe fatto impazzire Dario Argento (tutto ruota attorno al thanatografo, misterioso strumento che strappa gli occhi per catturare l'ultima immagine impressa sulla retina prima di morire) e uno sviluppo che rimanda molto al più recente horror ispanico e allo stile di Alejandro Amenábar (in particolar modo il suo esordio Tesis). A inizio estate è invece comparso il thriller Visions, direttamente ispirato ai "serial thriller" americani di tradizione letteraria (Il silenzio degli innocenti; Il collezionista di ossa), con qualche riferimento alla più recente estetica della serie di Saw. Di prossima uscita, Smile è invece un film che più esplicitamente si richiama ad un altro sottogenere del cinema horror: lo slasher.

Scatti mortali
Con una trama che rimanda direttamente ai B-movie degli anni Ottanta prodotti in serie nel mercato americano, Smile comincia presentando uno ad uno tutti i giovani studenti partiti in gruppo per una vacanza in Marocco, carni scelte per l'imminente mattanza che il genere impone. Ogni oggetto è buono per far strage di giovani studenti in vacanza: un coltello, un machete, una sega elettrica... Qua, agente e strumento del delitto coincidono in una vecchia Polaroid venduta da un mercante che ricorda molto da vicino Leland Gaunt, l'ambiguo negoziante di Cose preziose. E come uno degli oggetti maledetti della bottega immaginata da Stephen King, anche questa vecchia instant camera è in grado di segnare con un suo scatto il destino di chi viene immortalato. Immortalare, cioè, letteralmente, rendere immortale, consegnare all'eternità. Oppure, in questo caso, tutto il contrario...
È il tipico rovesciamento che il cinema di genere ama molto (trasformare ogni funzione di un oggetto in uno strumento di morte) e sul quale in tempi più recenti il prolificissimo horror dell'estremo oriente ha costruito gran parte del successo. L'idea di un apparecchio tecnologico che uccide o che permette di impressionare su pellicola l'anima di defunti tenuti in vita dal rancore, potrebbe benissimo provenire dall'impero del Sol Levante (vedi Shutter), ma con Smile vaghiamo in un diverso territorio dell'orrore. Anche qui abbondano maledizioni, fantasmi inquieti e desideri di vendetta mai sopiti. Ma la formula è esplicitamente quella del cinema seriale e giovanilista americano, dove conta più il numero di morti della logica del racconto.

Artigianalità e inventiva
Resta da interrogarsi sullo stato di salute del genere, a fronte di queste tre prove. L'horror è infatti da sempre una delle migliori palestre per la creazione di uno stile visivo personale da parte dei giovani autori, ed una cinematografia sana e florida è quella che permette anche a talenti non ancora riconosciuti di elaborare una forma di intrattenimento popolare alternativa. Da questo punto di vista, però c'è da notare che i meccanismi messi in pratica dai tre film in questione sono più emulatori che inventivi e che nessuno dei tre riesce a filmare o a raccontare la propria storia con la stessa inventiva con cui la nostra breve ma significativa storia del genere horror riusciva sempre a sopperire la propria mancanza di budget. Perché l'horror è in fondo un genere artigianale, sperimentale per certi versi, e spesso più che delle buone storie o dei personaggi ben caratterizzati, quello che chiede è un'atmosfera conturbante e la capacità di sorprendere.

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