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All that I love – Tutto quello che amo: film importante ignorato dalle sale

Dvd da scoprire.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film All that love di Jacek Borcuch.

lunedì 21 novembre 2011 - Focus

Polonia 1981. È una data fondamentale della storia di quel Paese, e del Novecento. L’anno prima sull’onda degli scioperi operai di Danzica, Lech Wasa aveva fondato Solidarno, il primo sindacato indipendente nei paesi socialisti. Nell’81 il segretario del partito comunista polacco Wojciech Jaruzelski dichiarò la legge marziale, Wasa viene arrestato. Rimase in prigione quasi un anno ma nel 1987 il regime fu costretto a riconoscere Solidarno e a riammetterlo nella legalità. Nel 1989 Wasa organizzò il sindacato come un vero partito politico, e formò la prima coalizione di governo non comunista del blocco sovietico. E vinse quelle elezioni. La Polonia diventava una democrazia. Il sindacalista divenne un eroe del mondo libero.
Una vicenda storica come questa non poteva naturalmente non toccare i giovani. È proprio nel contesto di quei mesi del 1981 che il regista Jacek Borcuch racconta la storia di quattro ragazzi che hanno messo insieme un complesso punk-rock e che sono immersi in quel vento di cambiamento, nel pubblico e nel privato. La band si chiama, non a caso ATIL (All That I Love- Tutto quello che amo, il titolo del film, appunto).

Esempi
Come sempre accade, un’indicazione sociale, e politica, possiede forza maggiore attraverso gli esempi e le storie. Il privato dei ragazzi è la rappresentazione più efficace del momento della nazione. Il leader del gruppo è Janek, il cantante solista. Suo padre è un ufficiale della marina legato naturalmente al regime. Janek è innamorato di Basia, il cui padre è invece un membro di Solidarno. Dunque non siamo molto lontani dal codice “Romeo e Giulietta”, e certo non è riduttivo. Shakespeare non può esserlo. La legge marziale porta censure, controlli e pericoli. Gli agenti del regime non vanno per il sottile, nel dubbio arrestano. Anche il padre di Basia viene arrestato, per mano del padre di Janek. Il rapporto fra i due ragazzi non può non soffrirne. Basia si allontana. Nel frattempo, i quattro ragazzi stanno organizzando un concerto. Nel repertorio punk-rock, lo scopriamo all’inizio, vengono urlate strofe come “non voglio morire adesso”. La polizia tiene d’occhio gli ATIL. Janek viene affrontato da un agente che gli proibisce di fare il concerto “perché le canzoni sono contro il socialismo”. I quattro si consultano, girano per le strade, guardano la gente, parlano coi loro coetanei, mentre nelle strade intorno a Varsavia sfilano i carri armati sovietici. La festa è comunque organizzata, centinaia di giovani accorrono. Sul palcoscenico Janek dice che il concerto non ci sarà, indicando fra i presenti le spie del regime. Ma il momento è troppo favorevole, e intenso. È come se tutto succedesse per moto spontaneo. Cominciano a cantare, con passione e violenza. Janek, occhi di fuoco, urla che vengono dallo stomaco, canta la sua canzone aggressiva, travolgente. La platea, prima è sorpresa, poi è coinvolta, poi impazzisce. Tutti urlano “So-li-dar-no, So-li-dar-no”. I giovani hanno capito, contribuiranno alla vittoria e alla Storia.

Scrittore
Jacek Borcuch, classe 1970, ha studiato filosofia ed è scrittore. È un talento completo, capace di leggere in profondità le vicende. In quegli anni era un ragazzino e dunque in un momento perfetto per assumere e poi capire. Raccontando un episodio così importante non ha ignorato il quotidiano e la fase vitale ed entusiasta trasversale dei giovani del mondo. E poi modelli e facce, tutti belli e gradevoli: i ragazzi litigano coi genitori, poi fanno pace, urlano e bevono, corteggiano le ragazze, fanno l’amore sulla sabbia, fra i gigli di mare. Film importante, e curato. E riconosciuto. Altrove.
In All That I Love non c’è il 3D, non ci sono effetti speciali o battute a buon mercato, non ci sono divi, ma c’è, come detto, una storia e un contesto. Ci sono indicazioni benemerite. Il film è stato scelto dalla Polonia come candidato agli Oscar 2011, è stato nella “official selection” del Sundance ed è un modello esemplare dei meccanismi della distribuzione, dove la qualità è sistematicamente penalizzata. Che un titolo come questo non trovi spazio nelle grandi sale è la misura che c’è qualcosa, di profondo, che non funziona in quel sistema.

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