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Alberto da Giussano, eroe sul territorio

Il Barbarossa di Renzo Martinelli.
di Pino Farinotti

Epica e avventura
Gian Marco Tavani - Gemelli. Interpreta Lorenzo Della Pigna nel film di Renzo Martinelli Barbarossa.

lunedì 5 ottobre 2009 - Focus

Epica e avventura
Alla rappresentazione di Barbarossa era presente la Lega. Sullo schermo, quella lombarda costituitasi a Pontida nel 1167 e che il 29 maggio del 1176 sconfisse a Legnano Federico I Hohenstaufen, imperatore del Sacro Romano Impero. Nella platea del magnifico cortile dello Sforzesco c'era la Lega di Bossi: il leader e poi senatori e ministri. E c'erano il Presidente del Consiglio e il sindaco di Milano.
Il regista Martinelli, ha fatto agire Alberto sul territorio proponendo il film in cinquanta città del nord. L'eroe milanese è diventato di fatto un membro del movimento, efficace e romantico, disponibile e attivo, proprio come un iscritto, anzi come titolare della tessera numero uno. Il film sul territorio è, appunto, la Lega sul territorio: l'intuizione di Umberto Bossi che fin dai primi anni Ottanta cominciò a spendersi in prima persona, parlando, dibattendo o attaccando manifesti, nelle vie, nei bar, sui cavalcavia, nelle piazze dei comuni pedemontani della Lombardia. Era l'idea del rapporto diretto, semplice e antico, senza i media di mezzo, del politico con la gente. E certo sappiamo che l'idea ha funzionato. Il film di Martinelli rappresenta un bel vettore di epica e di avventura dimenticati dal cinema italiano, e rappresenta un modello buono dimenticato dalla politica: l'abnegazione, l'eroismo. Tuttavia non voglio scrivere di politica, ma di cinema.

Sacrosanto
Che il cinema si interessi all'eroe di Legnano è legittimo e sacrosanto. Così com'è stato legittimo, durante le epoche, riferirsi a un personaggio perché serviva in quel momento. Il "simbolo Alberto" fu rispolverato, enfatizzato, durante il Risorgimento come vessillo di libertà anche grazie a uno strepitoso sponsor mediatico, Carducci, che gli dedicò la Canzone di Legnano. Successivamente in quella chiave venne adottato Ettore Fieramosca del quale, almeno, è certa l'esistenza, così come il suo ruolo nella disfida di Barletta (1503) dove gli italiani umiliarono i francesi che avevano occupato il regno di Napoli. In questo quadro non si può non citare Scipione l'Africano, e l'omonimo film, come richiamo di propaganda imperiale che serviva al fascismo per la celebrazione della conquista dell'Etiopia. Sì, ad ogni propaganda il suo eroe, bastava rovistare nella storia e aggiustare qua e là. E non è certamente arbitrario spendere un altro nome, quello di Robin Hood, un altro eroe che si opponeva all'autorità crudele&usurpatrice e che, a sua volta, non è neppure esistito. Robin e Alberto sono vicini anche nelle epoche, se è vero che il nobile decaduto Loksley agiva al tempo della terza Crociata, regnando Giovanni senza terra, intorno al 1190.

Cinema
Il cinema: una relazione suggestiva e piena di legittime licenze, fra Robin Hood e la Lombardia del Barbarossa, viene immaginata da un singolare e gradevole film del 1950 con Burt Lancaster, La leggenda dell'arciere di fuoco. Si racconta di un uomo delle montagne, Dardo, che si prende carico delle sofferenze dei lombardi e si ribella all'imperatore. Un fantasioso trait d'union romantico fra Robin e Alberto, che può starci, di film trattandosi. Un altro modello per propaganda, che invece è esistito eccome, è Alvyn York, il sergente che nella prima guerra mondiale compì imprese sovrumane e venne adottato come simbolo interventista nel 1940 quando Washington diede a Hollywood un input in quel senso. Gary Cooper divenne York nel film Il sergente York. La vicenda era straordinariamente esemplare. Il contadino Alvyn non voleva combattere, lo fece soltanto quando capì che avrebbe potuto salvare delle vite e abbreviare la guerra. L'impatto di un eroe vero insieme al massimo eroe di fiction, dunque... ancora più vero, scatenarono un impatto irresistibile e un sacro fuoco interventista. E quando nell'agosto del '45 l'amministrazione Usa decise per Hiroshima e Nagasaki, il pretesto della guerra abbreviata poteva ancora contare sul volano York-Cooper.

Eccessi
Naturalmente perché il film funzioni, in tutti i suoi compiti, occorre che il film stesso sia importante, "arrivi". E dunque occorrono segnali forti, occorrono eccessi. E certo il cinema non si fa spaventare dagli eccessi. Il Barbarossa di Martinelli trasmette certo energia. Per cominciare non sembra un film italiano e questo credo sia un principio di giudizio più che lusinghiero. L'intenzione dell'epica è subito dichiarata dal linguaggio ricco e dinamico che si esprime al meglio nelle scene di battaglia, davvero importanti: ricostruzione molto attenta, quasi "filologica" delle macchine da guerra di quell'epoca. Inoltre il film trasmette spettacolo e anche questo non è poco. Lo stile di Martinelli, e lo stile dell'epica, portano inevitabilmente a un racconto di scene madri non facili da gestire. Martinelli è uomo di immagine più che di scrittura, non è un regista perfetto, ma nessuno lo è. Dunque il Barbarossa è portatore di epica, di avventura e di segnali eroici , tutte cose buone e necessarie. L'augurio è che abbia successo al botteghino, sarebbe un felice segnale di controtendenza.

Promemoria
Letizia Moratti ha detto che il film è un magnifico promemoria di libertà, che Milano si conquistò allora. "...la libertà è un dono che va conquistato continuamente, non è scontata e nessuno te la regala..." ha concluso il sindaco. Prima della proiezione un cavaliere con lancia ha percorso il perimetro del grande cortile medievale, poi si è fermato sotto lo schermo alzando la lancia, nella postura del cavaliere simbolo della battaglia di Legnano e della Lega.

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