Henry Fonda (Henry Jaynes Fonda) è un attore statunitense, produttore, è nato il 16 maggio 1905 a Grand Island, Nebraska (USA) ed è morto il 12 agosto 1982 all'età di 77 anni a Los Angeles, California (USA).
Nato a Grand Island nel Nebraska nel 1905, il suo nome completo era Henry Jaynes Fonda.
Dopo aver studiato teatro e recitazione ad Ohoma, si laurea in giornalismo all'università del Minnesota. Nel 1925, incoraggiato da un'amica di famiglia (che era la madre di Marlon Brando), comincia a recitare in teatro debuttando a Broadway con grande successo. Scoperto dal produttore Darryl Zanuck, firma un contratto quinquennale con la Fox che lo fa esordire nei primi Technicolor dell'epoca. In breve tempo Fonda diviene uno dei divi più popolari, impersonando quasi sempre l'americano democratico e non violento, confermando sullo schermo i suoi ideali privati democratici e pacifisti. Solo sul finire della carriera si è prestato a produzioni lontane da quelle iniziali, dal filone dei western all'italiana sino ai film catastrofici degli anni Settanta.
Nella vita privata Fonda ha avuto cinque mogli ufficiali - Margaret Sullivan, Frances Seymour Brokaw, Susan Blanchard, Alfreda Fianchetti e Shirlee Mae Adams - e due figli d'arte avuti dal matrimonio con la Brokaw, Jane e Peter. Con la figlia Jane, i cui rapporti non sono stati sempre idilliaci per via di dissensi politici, Fonda ha recitato una sola volta, ne Sul lago dorato (1981), suo ultimo film e suo unico Oscar vinto.
Il suo solo, vero e fraterno amico nell'ambiente hollywoodiano, da lui disprezzato, è stato l'attore James Stewart, che gli era stato vicino fino al giorno della sua morte, avvenuta a New York nel 1982.
Chiudi gli occhi e Henry Fonda te lo vedi davanti: a Tombstone, di domenica. È lo sceriffo Wyatt Earp. La sfida all’O.K. Corral lo attende alla fine del film. Adesso è dal barbiere e osserva in uno specchio, con qualche dubbio, l’onda dei capelli impomatati: «Non sarà un po’...». Il barbiere lo rassicura: «Ma no!... Ma no!...». Wyatt si fa sulla porta, il barbiere gli spruzza sul collo tanta di quell’acqua di colonia, lui si sistema su una sedia e si dondola con il piede sapientemente appoggiato alla colonnina del portico.
In questo preciso momento, quando è li che si dondola nel suo profumo, Henry Fonda è l’immagine impareggiabile dell’uomo della domenica. Arrivano i suoi fratelli: «Se non fossimo nell’Arizona, giurerei che è una delle nostre domeniche a casa. Mi par di sentire il profumo dei fiori sull’altare». Wyatt: «Sono io.. - Il barbiere...». La chiesa è ancora in costruzione, c’è solo il pavimento dileguo, il traliccio del campanile e la bandiera americana. Il vecchio colo-no violinista ha letto la Bibbia quattro volte e
non ci ha mai trovato niente contro il ballo. Wyatt arriva con Clementine sottobraccio. Anche lei scambia l’acqua dj colonia per profumo di fiori. Fanno spazio alla coppia: e Fonda balla con energica decisione, con la gamba che si alza e si abbassa di scatto. È la più bella domenica del West, si deve costruire l’America, lo sceriffo è innamorato, si suona e si balla, nell’aria c’è tanto di quel profumo...
In Sfida infernale (1946), come negli altri film di John Ford di cui è stato protagonista, Henry Fonda, nato cent’anni fa, il i6 maggio 1905, è risoluto e timido, deciso e trattenuto, occhi intensi, passo elastico. Incarna il tipo del pioniere rurale, dell’eroe appartato e schivo che si trova là dove c’è bisogno di lui per fare l’America. In Alba di gloria (1939) il giovane avvocato Abe Lincoln che viaggia, umile e determinato, a dorso di mulo, verso la presidenza degli Stati Uniti. In Furore (1940) è Tom Joad che guida in un esodo biblico verso la California, su un camioncino malconcio, la famiglia cacciata via dalla sua terra. Nel Massacro di Fort Apache (1948), è l’invasato generale Thursday che porta alla morte i suoi cavalleggeri.
Henry Fonda ha avuto un tardivo Oscar alla carriera nel 1981 e l’anno dopo, poco prima di morire, ne ha vinto uno con Sul lago dorato. Ha lavorato per tanti altri grandi, oltre a Ford: per Fritz Lang è stato il piccolo delinquente di Sono innocente per William Wyler, un ricco e sfortunato possidente in Jezebel, Figlia del vento; Alfred Hitchcock, nel Ladro, l’ha voluto modesto suonatore di contrabbasso accusato di rapina; per Otto Preminger era un politico impopolare in Tempesta su Washington; per Billy Wilder ha impersonato il presidente dell’Academy of Motion Pictures in Fedora e in Uomini e cobra di Joseph Mankiewicz è stato un integerrimo sceriffo che alla fine cambia idea e si gode un sacco di soldi.
I primi Fonda erano venuti dall’Olanda, avevano fondato un villaggio a Nord di New York e l’avevano chiamato come loro, Fonda. Poi si erano trasferiti nel Nebraska, dove Henry era nato e dove la signora Dorothy Brando, madre di Marlon, l’aveva chiamato a far parte della sua compagnia teatrale. E su fino a Broadway e a Hollywood. Attore dell’altra America, ha interpretato un dubbioso cowboy, nel western di linciaggio Alba fatale di William A. Weliman, e un giurato testardo e innocentista in La parola ai giunti di Sidney Lumet. Ha anche fatto, in Lady Eva di Preston Sturges, uno svampito scienziato miliardario che studia serpenti amazzonici e si fa sedurre da una ladra di professione, una serpentesca Barbara Stanwyck, che poi si innamora davvero di lui. Sono nella cabina della nave, Fonda e la Stanwyck. Lei lo corteggia, lui cade dal divano, lei gli si stringe addosso, gli scompiglia i capelli, lui è terrorizzato, sguardo ~ fisso nel vuoto. La Stanwyck: «Chi mi vorrà mi avrà di sorpresa. Sarà una notte incantata, tutta carica di profumo...». Quanti profumi intorno a Henry Fonda nella Hollywood di una volta.
Da Film Tv, n. 20, 2005
Un giorno, durante la preparazione di C'era una volta il West, Leone e io passeggiavamo per uno di quei vialetti di Cinecittà dove ora Funari parcheggia le sue bancarelle (o tempora) quando vedemmo per la prima volta Henry (Hank per gli amici) Fonda. Dall'auto della produzione scese un signore poco oltre i sessanta, grigio, rugoso, un po’ curvo, con uno sguardo miope e distratto nei celebri occhi azzurri ora diventati leggermente acquosi.
Lo seguiva una moglie in braghette pastello, con un orologio ad ogni polso, uno con l'ora di Los Angeles e l'altro con quella di Roma. E uno dei due aveva Mickey Mouse con le manine che facevano da lancette. Gesù, era questo Henry Fonda?!? Sergio Leone fu preso subito da uno dei suoi tipici panici frenetici.
“'azz... Ma questo è un vecchio rincojonito”, mi sussurrò “Ma io lo protesto...
Ma io ne pijo 'n'antro..”. Si decise, per prendere tempo, di mandare Fonda a provare i costumi.
Neanche dieci minuti dopo, mentre Leone cercava di mettersi in contatto con l'agente e piantare un casino, la porta della sartoria si aprì e invece del vecchietto magicamente uscì fuori, come da un fotogramma di My Darling Clementine, l'Henry Fonda di sempre.
S'era calcato in testa lo Stetson e aveva indossato quel costume nero aderente che poi avrete visto nel film. Ma quello che era quasi incredibile era che s'era raddrizzato, aveva cambiato sguardo, passo, gestualità, e senza un'ombra di trucco di scena s'era in qualche modo tolto vent'anni di dosso.
Sono sicuro che anche Leone provò la stessa sensazione mia, di risentirsi ragazzino nella sedia di legno di un qualche pidocchietto a sognare appresso a una pellicola in bianco e nero rigata da mille passaggi.
E di continuare a viverlo, quel sogno...