La mini-serie con Dominic West, appena andata in onda su Rai3, offre l'occasione per riflettere sull'opera e le sue trasposizioni. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
I Miserabili: Rai 3 lo ha trasmesso in due serate, in un’edizione che rispetta il romanzo di Hugo, diretta da Tom Shankland, protagonista Dominic West. Film e libro possono attivare un ragionamento sul loro rapporto.
"I miserabili" è un’opera monumento. C'è persino un dato, che anche se non è ufficiale, è comunque probante. Lo si deve a una fondazione intitolata a Lev Tolstoj che, in occasione della celebrazione della morte dello scrittore (1910), dopo una ricerca articolata, ha decretato che i “Magnifici sette” della letteratura universale sono: Dante, Shakespeare, Cervantes, Goethe, Hugo, Tolstoj, Joyce. Citando le opere: Divina commedia, Amleto, Don Chisciotte, I dolori del giovane Werther, I miserabili, Guerra e pace, L’Ulisse. La selezione è certo benemerita, e coraggiosa, si presta a larghi dibattiti, perché non è facile assumersi responsabilità così assolute. Ma non c’è dubbio che quei nomi e quei titoli siano largamente condivisibili. Il romanzo di Hugo contiene tutta l’umanità possibile. Il contesto storico e politico, le differenze sociali, la fede e la ragione, le diverse forme dell’amore, l’impegno doloroso, l’onestà e il pregiudizio, il potere opprimente, la legge ingiusta, il destino. E naturalmente, la cifra di scrittura del capolavoro.
Era inevitabile che il cinema fagocitasse "I miserabili".
Tormentato
Inserto opportuno. Il rapporto fra cinema e letteratura è sempre stato stretto e tormentato. Stretto perché non c’è romanzo, salvo rare eccezioni, che non abbia avuto la sua brava versione cinematografica, tormentato perché le due discipline hanno regole molto diverse.
Al romanzo appartengono profondità, introspezione, verità; al cinema spettacolo e happy end. Il lieto fine ha spesso stravolto i contenuti dei romanzi. E vale una verità impietosa: non esistono libri tratti da film ma solo film tratti da libri. Salvo qualche trascurabile anomalia.
Si tratta di accettare due termini: licenza e contaminazione. Il cinema ha tutti i diritti alla licenza, la letteratura avrebbe tutti i diritti alla salvaguardia della propria identità ed è un’equazione di non facile soluzione. E infatti, raramente è stata risolta.
Acquisendo i romanzi, il cinema li ha adattati, contaminati, violentati, assassinati. Qualche volta li ha rispettati. I termini sono: filologia, riguardo artistico, lesa maestà.
Fra gli infiniti “Miserabili” alcuni titoli sono ricordabili, per autori e interpreti. L’edizione del 1933 di Raymond Bernard, con Harry Baur e Charles Vanel. I Miserabili italiano, di Riccardo Freda, con Gino Cervi, del 1947; il film del 1952, di Lewis Milestone con Michael Rennie; la versione del 1958 di Jean-Paul Le Chanois, con Jean Gabin. Ed essendoci Gabin, quel “Miserabili” non può che fare testo. E ancora, l’edizione di Claude Lelouch, con Jean-Paul Belmondo, del 1995. Questi titoli sono stati sostanzialmente, rispettosi del master letterario.