Un film convincente e commovente nella sua scarna essenzialità. In Concorso alla Festa del Cinema di Roma.
di Paola Casella
È il 1952. Un bambino scrive una frase su un vetro appannato. È felice, e ha tutta la vita davanti. 1967. Il bambino è diventato un ragazzo che lavora con solerzia nel Kosomol dove russi, cecoslovacchi e assortiti cittadini satellitari affiliati all'Unione Sovietica condividono la fatica e gli indigesti pasti offerti dalla mensa comune. Qualche tempo dopo a Praga monterà però il dissenso nei confronti del governo centrale dell'USSR e in Cecoslovacchia si affermerà in modo sempre più visibile un Partito Socialista alternativo al predominio russo, con aspirazioni di indipendenza e autonomia.
Arriva gennaio 1968 e Praga vede avvicinarsi quella primavera di ribellione gioiosa che vedrà in prima fila gli studenti, attraverso manifestazioni pacifiche e occupazioni universitarie che esplicitano il loro desiderio di cambiamento. Ma quella primavera non è destinata a durare: i carri armati sovietici entreranno in città e la occuperanno manu militari.