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Tex Willer: eroe infinito

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto un'immagine del fumetto Tex Willer.

domenica 12 ottobre 2014 - Focus

Il Wow, Museo del fumetto sito in Viale Campania 12 a Milano, ha organizzato una mostra su Tex Willer. L'eroe porta con sé una materia infinita. Quando si dice mito: se restiamo nei confini italiani, Tex vale Disney, Bond e Indiana Jones. Siamo tutti, o quasi "texani". Lo era la generazione di mio padre, la mia, e quella dei miei figli. L'intuizione che ebbero Luigi Bonelli editore e Aurelio (Galep) Galleppini, nel 1948, fu strepitosa. Volevano inventare un personaggio che accorpasse le qualità dei grandi eroi dell'ovest nei film, quando il western era un genere che trionfava, per la sua generale semplicità, estetica, morale, d'azione. Dove l'uomo del west era forte, onesto, capace da solo di portare giustizia nella comunità. Di portarla gratis. Ma Bonelli e Galeppini ci misero qualcosa di più, di umano e di nuovo: Tex, il ranger, sposa Lilyth, indiana Navajo, figlia del capo Freccia rossa. Morto il suocero diventerà a sua volta capo, col nome di Aquila della notte. In quelle stagioni neppure il cinema di genere più progressista prevedeva qualcosa di simile. Gli indiani erano cattivi e selvaggi.
E così quel 30 settembre del 1948 nasceva l'albo, il titolo era "Il totem misterioso", costava 15 lire. Era lungo e stretto per poter essere messo in tasca. In sessantotto anni, se dobbiamo contare i numeri di Tex viene la vertigine. Credo che "milioni" non basti. La notizia è questa: l'eroe resiste anche se non (r)esistono più gli eroi. E Tex, giustiziere forte e puro, persino casto dalla morte della moglie, nella nostra epoca dovrebbe essere un modello improbabile, grottesco. Invece, settimanalmente eccolo lì, sui banchi delle edicole. E non si possono non citare i compagni: il figlio Kit, il partner indiano Tiger Jack e l'amico fidato Kit Carson.
Con Tex ho una storia personale, che racconto in breve. Sono uno dei rarissimi autori italiani che abbia scritto un romanzo western, "Ritorno alla valle solitaria". E' il sequel del Cavaliere della valle solitaria, il più bel western della storia. Dove il protagonista Shane, interpretato da Alan Ladd, compiuto il suo eroismo finale, si allontana nella notte. Da lì parte il mio romanzo. Delle... dieci copie vendute alcune le avevano comprate gli amici, un paio i parenti e cinque o sei degli estranei. Ma fra quegli estranei ce n'era era uno che contava, Sergio Bonelli, proprio lui, l'inventore Tex Willer. Bonelli mi invitò nel suo ufficio, dalla parti della Fiera. Aveva una mezza intenzione, solo mezza, poi non si realizzò, di fare un album sulla mia storia. È triste, per me, il ricordo di Bonelli, che ci ha lasciato pochi anni fa e aveva l'età per esserci ancora. L'editore era un grande collezionista, di roba anche importante, arte figurativa del livello più alto. Non gli mancavano i mezzi. Ma nel suo studio c'era... il west, la sua grande passione. In quelle pareti c'era la leggenda dell'ovest. Winchester 73, colt 45, il cappello Stetson, archi, immagini originali degli indiani, divise della guerra civile, grigie e blu. Ero in piena sindrome non di Stendhal ma di John Ford. Ed ero per Bonelli un interlocutore adeguato. Anch'io amo, e conosco bene il west. Mi mostrò l'evoluzione estetica di Tex Willer. Il primo nome era Gary Cooper. Dissi che l'ispirazione era anche troppo palese "come quando Tex va in Canada per una missione e indossa persino lo stesso giubbino con i bottoni trasversali, proprio come Gary Cooper in Giubbe rosse". Questo lo colpì molto. Capì che poteva... lasciarsi andare. Mi disse che le ispirazioni, attribuite, perché lui era restio ad avallare, erano diverse. Ecco la fase Randolph Scott, poi Gregory Peck, Robert Mitchum, Charlton Heston, "passava il tempo e occorrevano attori più giovani. Non si poté ignorare Clint Eastwood quando Sergio Leone ridisegnò il genere...". Aggiunse "ma l'attore che più si avvicina a Tex non lo conosce nessuno, è George Montgomery". Non si sorprese più di tanto quando verificò che io sapevo tutto di George Montgomery. Parlammo anche di Giuliano Gemma, che aveva fatto Tex al cinema. "Sì" disse "...discreto". E poi, inevitabilmente, i titoli western, i grandi classici, le rispettive passioni infantili che poi sono quelle che decidono tutto. Mi disse: "Chi ama il west, quel tipo di eroe, non può che essere un uomo onesto".
È stato quello per me un giorno indimenticabile. Avevamo la stessa passione e parlavamo la stessa lingua. Salutandomi mi disse "sono sicuro che questa la gradisci" e mi regalò una Colt, piombata naturalmente. "È quella di John Wayne nel dollaro d'onore".

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