Paghi uno e prendi due. Perché parlare di Carlo Vanzina e del suo cinema significa giocoforza riferirsi anche al fratello Enrico, che di solito si occupa delle sceneggiature. Figli d'arte, essendo Stefano Vanzina (Steno) il capostipite, i fratelli Vanzina sono tra i cineasti più discussi di sempre. Mai tenera con loro la critica, che li accusa di una neanche troppo celata sciatteria; spesso però estremamente apprezzati dal pubblico, specie agli esordi. Primi anni 80: come nelle migliori compagnie di giro, i due individuano talenti comici locali tra cui Diego Abatantuono direttamente dal Derby di Milano, o Jerry Calà "gatto" di Vicolo Miracoli, intorno ai quali ricostruire canovacci antichi. Come nel jazz, si parva licet, il cinema dei Vanzina è sin da subito la riproposizione di standard da aggiornare allo spirito del tempo. L'invenzione del cinepanettone sotto l'egida dei produttori Luigi e Aurelio De Laurentiis avviene per esempio con l'ormai classico Vacanze di Natale (1983), che rispolvera la medesima formula del Vacanze d'inverno di Camillo Mastrocinque (1959).

Se papà Steno, dai suoi esordi in coppia con Mario Monicelli, aveva come bacino di (avan)scoperta la Rivista con i suoi enormi talenti, i due figlioli colgono prima di altri l'importanza di nuovi vivai, in particolare televisivi. In piena crisi cinematografica, mentre la commedia italiana di stampo classico ancora subisce i colpi micidiali della deriva sexy (il "chiappa e spada", secondo la felice definizione di Renzo Montagnani) i Vanzina sposano il "vecchio" rappresentato dalle trame delle farse classiche, con il "nuovo": volti e ritmi familiari a un pubblico sempre più affezionato al piccolo schermo. Le Tv locali prima (Boldi e Teocoli sbarcano a Eccezzziunale... veramente, 1982, direttamente da Antenna 3) e l'emittenza privata di Berlusconi poi, in aperta concorrenza con la Rai e con un'idea di spettacolo (compreso il cinema) più paludata. Si inventano la "nostalgia" come fattore estetico. In pieno riflusso celebrano una sorta di "italian graffiti" ambientato negli anni 60 del Boom e delle prime ferie d'agosto. Sapore di mare (1983) è un grande successo nonché il prototipo di un filone anche televisivo (il varietà "Una rotonda sul mare").
Sotto il vestito niente, 1985, o il raro film drammatico Tre colonne in cronaca del 1990) e soprattutto dalla decisione (infelice) di dirigere il sequel di uno dei suoi titoli più amati, Febbre da cavallo - La mandrakata (2002). A difettare nel confronto è però soprattutto la regia di Carlo, spesso svogliata, senza idee, frettolosa e perennemente in debito con le performance dei singoli interpreti. Il cinema dei Vanzina non cambia, si mimetizza con il linguaggio televisivo quale fenomeno del costume espressivo degli anni 80. Nel decennio successivo consolidano la formula del cinepanettone, poi ereditata da Neri Parenti, mentre negli anni Zero cercano di affrancarsi dal (loro) modello inseguendo una sofisticatezza inedita (South Kensington, 2001, Il pranzo della domenica, 2003) ma poco premiata dal pubblico, salvo poi riciclarsi nel cosiddetto cinecocomero di Un'estate al mare (2008) e Un'estate ai Caraibi (2009).

Oggi Carlo Vanzina e suo fratello Enrico vivono più che mai il contrasto tra presente e passato, visto che quasi contemporaneamente riesce in sala Eccezzziunale... veramente (dal 19 dicembre), in occasione del trentennale, ma anche il nuovo Mai stati uniti (3 gennaio 2013), che si presenta con la solita formula: un bolso canovaccio (fratelli a loro insaputa in viaggio causa eredità) da adeguare allo spirito performativo di un composito gruppo di mattat(t)ori.