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Il paradosso: Monicelli senza qualità

Revocati i premi di qualità a dieci registi. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Mario Monicelli 15 maggio 1915, Roma (Italia) - 29 Novembre 2010, Roma (Italia).

lunedì 11 luglio 2011 - Focus

Si racconta, in questi giorni, la vicenda di soldi che alcuni produttori dovranno restituire al Ministero che a suo tempo li aveva finanziati. La storia è grottesca e, come si usa definire in questi casi "italiana". Il cosiddetto Premio di qualità è un riconoscimento oltre il normale finanziamento governativo, che i Beni culturali attribuiscono in parte al produttore (71%) e il resto ai soggetti artistici del film: regista, compositore, sceneggiatore, fotografo, scenografo, montatore. Nel 2006 il premio di qualità fu assegnato a dieci film: Centochiodi (Olmi); Il caimano (Moretti); Il regista di matrimoni (Bellocchio); La terra (Rubini); La sconosciuta (Tornatore); L'amico di famiglia (Sorrentino); Nuovomondo (Crialese); Il vento fa il suo giro (Diritti); Lettere dal Sahara (De Seta); La stella che non c'è (Amelio). Titoli che certo possono essere definiti di qualità, anche se con delle differenze naturalmente: ci sono un paio di ottimi film, alcuni buoni, altri normali, un paio superflui. Non è questo lo spazio per entrare nelle differenze facendo i titoli.

Affair
Non mi sarei interessato a questo affair se il nome che l'ha innescato non fosse Mario Monicelli. Lo amo molto. Proprio in questi giorni nella mia storia "poconormale" lo cito più volte. Monicelli è uno dei nostri artisti assoluti, ricercatori che non hanno solo cercato ma trovato, tutto quello che ha fatto fa testo, va preso in considerazione e sostenuto. Così sono entrato nel cuore dell'argomento. È successo che Mauro Berardi, sia ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio (Tar) perché la commissione ministariale ha estromesso dal premio il film da lui prodotto Le rose del deserto, diretto da Monicelli, appunto.
Secondo Berardi la commissione non era nella condizione ideale per valutare i film, che erano stati inviati ai singoli giurati in forma di dvd.
Arte&filologia&tradizione&genetica vorrebbero che la commissione fosse assisa in visione sacrale, silente e collettiva. In sala. Visti sul piccolo schermo, nel proprio privato, non vale. Questo è il secondo paradosso. Non occorre una grande percezione per intuire che la sala buia, in questa epoca, non è più sacrale.

Paradiso
Quelli del bambino di Nuovo cinema Paradiso erano altri tempi, e ... altre sale. E il richiamo non è casuale, perché proprio Giuseppe Tornatore, pochi giorni fa, si è espresso sull'argomento (cinema, non premi di qualità). Queste le sue parole: "Il cinema è a una svolta epocale. La tecnologia ha trasformato la fruizione, la sala non è più l'elemento centrale. Tra poco i film si potranno vedere dovunque, in qualsiasi momento e in altissima qualità visiva".
E invece il Tar ha accettato l'istanza del produttore e ha deliberato che i premi qualità andranno restituiti. Che è il terzo paradosso. E, a ritroso, arrivo al primo paradosso: non aver assegnato il Premio a Mario Monicelli. Sopra ho detto che tutto ciò che riguarda(va) il regista toscano va sostenuto. Monicelli si è guadagnato una franchigia in questo senso. Può darsi che un film girato in zona scomoda, in contesti difficili, possa pesare su un ultranovantenne. Può darsi che Le rose del deserto non abbia l'energia della "Grande guerra", ma un titolo firmato da Monicelli vale sempre e comunque uno firmato da un qualunque autore italiano. "Sacrale" non sarà la sala, ma è l'opera e la personalità, e mi si permetta, la mitologia dell'autore. Tuttavia la commissione non ha riconosciuto la "qualità". E questo, rilevato per ultimo, è il primo paradosso.

Reparto
Le rose del deserto racconta di un reparto italiano distaccato nel deserto libico, siamo nell'estate del 1940. La guerra in Africa non è ancora entrata nel vivo, il reparto che fa parte della sezione della sanità è lì per quella che oggi diremmo missione di pace.
Tutti vorrebbero che fosse così, pace invece che guerra. Ma fra poco gli alleati sbarcheranno sulle coste africane. Una vicenda circoscritta in una guerra e in un deserto lontani è il pretesto per una riflessione sull'eterno nodo della pace e della guerra. Alla luce delle vicende contemporanee che vedono impegnata la nazione in tanti interventi, o missioni, che nessuno riesce a decifrare univocamente, l'indicazione di Monicelli sarà meno decisa e perentoria di una volta, ma merita di essere tenuta d'occhio. E comunque i segnali di una qualità conquistata e consolidata, ci sono sempre. Non conosce bene la prassi, ma credo che i membri della commissione dovranno riguardarsi i film nelle sacralità della sala, tutti insieme e tutti ... scocciati. Poi delibereranno di nuovo. E non credo che arriveranno a contraddire se stessi. Monicelli continuerà a rimanere senza qualità. Secondo loro.

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