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Scarface: caduta di un remake

Corona Muni e Pacino: stesso ruolo curricula diversi.
di Pino Farinotti

Tony Montana
Paul Muni (Meshilem Meier Weisenfreund) 22 settembre 1895, Leopoli (Ucraina) - 25 Agosto 1967, Santa Barbara (California - USA). Interpreta Antonio 'Tony' Camonte nel film di Howard Hawks, Richard Rosson Scarface - Lo sfregiato.

martedì 10 agosto 2010 - Focus

Tony Montana
Sembra proprio che Fabrizio Corona darà corpo e volto a Tony Montana in una nuova edizione di Scarface. Quel nome, si sa, evoca molto nella mitologia del cattivo. Il gangster spietato e sanguinario nella sua parabola di ascesa e di tramonto, il tutto nel segno della violenza, naturalmente, e della cocaina. La vicenda era tratta da un romanzo di Armitage Trail, che si ispirava alla storia di Al Capone, soprattutto nella prima versione di Scarface, del 1932, con Capone ancora vivo ma detenuto ad Alcatraz: la Warner attese prudentemente che l'Fbi lo rendesse... innocuo, lo togliesse di mezzo, nel '32 appunto. Scarface comincia come piccolo killer, si fa gli amici giusti, quando è il momento fa le scarpe al suo capo. Lui, durissimo, commette un errore "sentimentale", quando uccide il suo migliore amico del quale si è innamorata sua sorella. Comincia il declino. In quell'edizione, da sempre citata come modello assoluto della gangster's story, c'erano in gioco alcune delle più belle intelligenze, e bei talenti del cinema di allora. Scarface non si chiamava Tony Montana ma Tony Camonte. Alla produzione c'era Howard Hughes, il pilota-magnate igienista e geniale, come ci ha ricordato DiCaprio nel recente The Aviator di Scorsese. Alla regia Howard Hawks (Il sergente York, Acque del sud, Un dollaro d'onore), grande maestro americano, rigoroso, di cultura quasi "europea". Il protagonista era Paul Muni, attore di origine polacca, ebreo, vocazione finissima. I suoi ruoli, sempre selezionati, fanno parte del "culto" di quel cinema americano degli anni trenta, ancora libero, prima dell'avvento del noto censore, Hays, del codice omonimo. A Muni si deve un noir storico, Io sono un evaso, e poi due biopic decisivi, di Pasteur e di Zola. E sempre contenuti di alto spessore. Fu anche grande interprete in teatro, viene citata nei testi la sua performance in Morte di un commesso viaggiatore di Miller.

Caratteri
Il remake di Brian De Palma è del 1983. Scarface era Al Pacino. Molto diversi i caratteri e gli episodi. De Palma puntò sul magniloquente e sull'iperbole, di tutto.
Gli ambienti sono esagerati e patinati, rubinetti d'oro e via dicendo, la violenza è esponenziale, indimenticabile, nel suo raccapriccio, la scena della sega elettrica che taglia gambe e braccia. La cocaina non è a strisce, ma a mucchietti posati su tavoli di alabastro. Pacino è naturalmente straordinario, ed è febbrile, ansioso e portatore di ansia. Come nel precedente di Hawks, in altri modi naturalmente, più esplicitati, si ammicca al sentimento incestuoso di Tony verso la sorella. Oliver Stone, che firmava la sceneggiatura evocò l'amore, anomalo appunto, fra Cesare Borgia e la sorella Lucrezia. E poi il linguaggio: è forse il primo film dove cadono tutti i freni. Quel vocabolario è omologo a tutto il resto estremo, violenza eccetera. Pacino era già Pacino. Aveva alle spalle il bagaglio dell'Actor's Studio, era già stato Michael Corleone e Serpico. Era già uno dei divi del mondo. Nove anni dopo, con Scent of a Woman , avrebbe anche ottenuto l'Oscar assoluto. Poi ha fatto tutto il resto, compreso Shakespeare, davanti e dietro la cinecamera.

Diversa
La "filmografia" di Corona è diversa. Stiamo all'essenza, alla punta dell'iceberg, come si dice. Ignorando le varie infrazioni al codice della strada, robetta, citiamo:
associazione a delinquere finalizzata all'estorsione, 77 giorni di carcere. Condanne a 3 anni e 8 mesi, e poi 3 anni e 4 mesi per estorsione e ricatto e a 4 mesi per detenzione e spendita di banconote false. Ci mettiamo una condanna per aggressione a pubblico ufficiale e un'iscrizione nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta. È innegabile che i requisiti per fare Toni, ci siano.
Veniamo al regista del – diciamo sempre probabile- remake, trattasi di Massimo Emilio Gobbi. Ha fatto parlare pochissimo di sé, artisticamente. In cinema ha dato un segnale che non ha lasciato grandi tracce, era un imprenditore in Gomorra. Certo è interessante rilevare i criteri di scelta di Fabrizio Corona. Si inseriscono alla perfezione nella comunicazione del nostro tempo. Ci sta un'equazione: gli "Scarface" di allora stavano al loro tempo come questo sta a questo tempo. È più che evidente che il criterio non sta nel tentativo di sollecitare la parte peggiore del sentimento dell'utente. Non c'è furbizia, volgarità e speculazione. C'è una cieca fiducia nel talento del neo-Montana. Dopotutto quante volte è capitato che un esordiente stupisse tutti. Quante volte il cinema ha detto "è nata una stella."

E si può anche dire che alla fine c'è un'altra equazione che può tornare. Hawks stava a Muni, come De Palma stava a Pacino. Come Gobbi sta a Corona.

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