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I mostri della Universal: le radici del mito

Dracula, Frankenstein, l'uomo lupo e l'uomo invisibile, i miti del cinema horror.
di Rudy Salvagnini

I capostipiti: Dracula e Frankenstein
Bela Lugosi (Béla Ferenc Dezsõ Blaskó) 20 ottobre 1882, Lugos (Romania) - 16 Agosto 1956, Los Angeles (California - USA). Interpreta Il conte Dracula nel film di Tod Browning, Karl Freund Dracula.

martedì 9 febbraio 2010 - Approfondimenti

I capostipiti: Dracula e Frankenstein
C'è stato un periodo nel quale si sono formati molti, se non tutti, gli stereotipi e i modelli usati ancora oggi nel cinema horror e di quel periodo è alfiere la Universal, una delle major hollywoodiane più caratterizzate, che nei prossimi giorni si prepara a terrorizzare l'Italia con Wolfman (dal 19 febbraio al cinema).
L'horror aveva cominciato a fare capolino nei cinema di tutto il mondo in modo significativo con l'espressionismo, forgiatore di canoni espressivi subito assunti come parametri per la creazione di atmosfere macabre e tenebrose. La Universal, nel lanciare la sua linea di horror, tiene conto in modo significativo dei suggerimenti visuali dell'espressionismo - anche perché diversi dei suoi autori (Karl Freund su tutti) provengono proprio da quella scuola - ma li coniuga con una narrazione compatta e un formidabile appeal commerciale creando un insieme che si rivela subito vincente.
Il ciclo dell'horror Universal parte nel 1931 con l'accoppiata Dracula e Frankenstein, ma già prima c'erano state avvisaglie interessanti. Il gobbo di Notre Dame (1923) e Il fantasma dell'Opera (1925) appartengono forse più al melodramma che all'horror, ma sono fortemente segnati dalla presenza di Lon Chaney, che può essere considerato la prima icona horror per la quantità e qualità delle sue interpretazioni "estreme", caratterizzate da un make-up particolarmente innovativo e geniale.
Ma sono Dracula e Frankenstein, entrambi del 1931, a porre le basi per il cinema horror come lo conosciamo tuttora. Provenienti dalla letteratura britannica - rispettivamente dai romanzi di Bram Stoker e Mary Shelley - Dracula e Frankenstein vengono immediatamente adottati da Hollywood, diventandone degli indimenticabili emblemi. Caratteristiche dei film, l'uso di un abile registro visuale espressionista, un'apprezzabile economia narrativa e la presenza di attori fortemente carismatici che sarebbero diventati sinonimo del genere, vale a dire Bela Lugosi e Boris Karloff. Oltre, naturalmente, al fatto di contenere in sé la forza di creare "mitologie" ripetibili che avrebbero generato una serie di seguiti, remake e imitazioni sostanzialmente infinita. E se Dracula, pur con qualche magico sprazzo della visionarietà del regista Tod Browning, resta un po' troppo vincolato dalla sua origine teatrale (è la versione della commedia di Balderston e Deane che furoreggiava a Broadway, più che del romanzo di Stoker), Frankenstein è un capolavoro che rende giustizia all'opera di Mary Shelley. Viene sfrondato di molto del romanticismo gotico caro all'autrice e viene anche tolta gran parte della dialettica "filosofica" che animava sulla pagina il rapporto tra il mostro e il suo creatore, ma da un punto di vista cinematografico, visuale, il film è un trionfo, a partire dalla creazione di un'icona irresistibile come quella del mostro di Frankenstein, interpretato con pathos e finezza da Boris Karloff, sin lì un caratterista come tanti e dopo di allora la personificazione stessa del genere horror.
Sia Dracula sia Frankenstein generano dei seguiti dimostrando d'essere anche un investimento per il futuro. In particolare, La moglie di Frankenstein (1935) riesce a essere un raro esempio di sequel migliore del capostipite. Più libero di imporre la propria visione dopo il successo di Frankenstein, James Whale si sbizzarrisce in un compendio di stranezze e tocchi geniali, sempre tenendo fermamente la rotta del timone nella narrazione. Karloff è ancora più a suo agio nei panni del mostro ed Ernest Thesiger tratteggia con sublime disinvoltura un ritratto sopra le righe di alchimista mago e scienziato che ruba spesso la scena. I personaggi di Karloff e Lugosi
Ma la realizzazione dei prototipi non si ferma e appena un anno dopo Frankenstein e Dracula, Karl Freund porta alla ribalta un altro dei mostri che diventeranno classici dirigendo La mummia, ancora una volta con Boris Karloff come protagonista. E ancora una volta lo spirito espressionista arricchisce la visione dando contorni da incubo a una vicenda nella quale il mostro del titolo compare solo in secondo piano. Abbastanza però da far comprendere ancora una volta l'importanza di un'altra figura chiave dell'horror targato Universal e cioè il truccatore Jack Pierce, capace di creazioni geniali e originali in un periodo in cui trucchi ed effetti speciali erano sostanzialmente agli albori. Anche la mummia ricompare in una consistente serie di seguiti, nei quali il mostro bendato trova sempre più preminenza a compattare una formula ripetitiva, ma sempre godibile.
L'uomo invisibile (1933) è un altro capolavoro di James Whale, ricco di umori sarcastici e pervaso da una visione del mondo pessimistica che prelude ai veri orrori che verranno (e che deriva senza dubbio da H.G. Wells, autore del romanzo d'origine e sempre attento ai riflessi sociopolitici delle sue trame). Anche in questo caso la magia di effetti speciali assolutamente convincenti aiuta alla creazione di un mito più volte riproposto.
Sempre alla ricerca di nuovi mostri originali da proporre a un pubblico che, pur tra flussi e riflussi, non ne aveva mai abbastanza, la Universal tenta anche la carta del licantropo. E se il primo tentativo, Il segreto del Tibet (1935), non convince del tutto, il secondo, L'uomo lupo (1941), è un trionfo. Diretto con efficienza da George Waggner, il film crea una nuova maschera immortale facendola interpretare al figlio di quel Lon Chaney che aveva aperto le porte della Universal all'horror. Lon Chaney jr dà al licantropo Larry Talbot una carica di umana disperazione che lo rende il più classico dei mostri-vittima in un'amara dicotomia generata da un destino ingiustamente avverso. Mostro del tutto suo malgrado, Larry Talbot è il prototipo dell'uomo comune - non un nobile come Dracula - coinvolto in qualcosa che non ha nemmeno il conforto di comprendere e da cui cerca solamente di liberarsi per tornare alla vita di tutti i giorni.
Proprio dopo L'uomo lupo, la Universal, giunta alla fine di un lungo ciclo orrorifico, comincia a mescolare le carte e a incrociare i suoi mostri in confronti quasi fumettistici che perdono le caratteristiche di gotica serietà per acquistare quelle ludiche e bizzarre dell'enfasi e del divertimento sfrenato e fine a se stesso. Frankenstein contro l'uomo lupo (1943) è come una corsa sulle montagne russe e culmina in uno scontro senza quartiere tra l'uomo lupo di Lon Chaney jr e il mostro di Frankenstein interpretato da un Bela Lugosi un po' straniato e apparentemente goffo (ma solo apparentemente, perché il suo mostro è cieco, ma nel film, teso e conciso, è saltata questa spiegazione). I successivi Al di là del mistero (1944) e La casa degli orrori (1945) sono ancora più scatenati nel raggruppare, in una trama esile e totalmente fuori da ogni logica, tutti i mostri del pantheon. Veri e propri capolavori del nonsense e del divertimento, sono film da vedere assolutamente per la loro grande capacità di selvaggio intrattenimento. Dopo film come questi resta solo il passaggio al comico vero e proprio ed è infatti quello che avviene con Il cervello di Frankenstein (1948), nel quale il duo comico Gianni e Pinotto si trova a fronteggiare i mostri della Universal in una spassosa sarabanda che diverte mostrando comunque il dovuto rispetto all'horror e ai suoi miti. La fantascienza prende il sopravvento
Negli anni del dopoguerra è la fantascienza, per un certo periodo, a prendere il sopravvento sull'horror puro e Jack Arnold è uno dei registi che più si segnalano in quel contesto. Per la Universal, Jack Arnold dirige Il mostro della laguna nera (1954), un film che si inserisce nel filone fantascientifico, ma è in realtà un horror a tutti gli effetti e crea l'ultima grande figura del pantheon orrorifico della Universal. Il Gill-man è un mostro che resta alieno all'uomo, non ha nulla di umano e perciò rappresenta l'estraneo, il nemico da combattere che negli anni della guerra fredda è una figura significativa. Arnold però riesce a dare sottigliezza e ambivalenza anche a questa figura, facendola diventare, sotterraneamente, tragica e sostanzialmente "vittima" dell'avidità e incomprensione dell'uomo. Come un King Kong del dopo bomba, il mostro della laguna nera viene catturato, tolto dal suo habitat e portato nella "civiltà" per essere oggetto delle interessate attenzioni degli esseri umani. Anche in questo caso, quindi, come in quasi tutti i casi dei mostri classici della Universal (con l'eccezione di Dracula, sostanzialmente felice del suo essere vampiro), il mostro si rivela la vera vittima della situazione. E la cosa risulta ancora più evidente nei seguiti, in particolare in Il terrore sul mondo (1956) dove il mostro viene oggettivato e spersonalizzato al punto da perdere la sua stessa natura, tolto dall'acqua e reso grottescamente simile a un umano con un'operazione che lo rende capace di respirare l'aria, ma non più di respirare nell'acqua, il suo elemento originario.
Se c'è un legame che unisce i mostri della Universal, oltre all'indubbio fascino che ancora esercitano, è l'aver saputo interpretare nel corso degli anni i segnali dei tempi, ma di essere sostanzialmente atemporali, per questo immortali e sempre efficaci nel rappresentare il lato oscuro della fantasia.

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