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Helena Makowska

Helena Makowska (Helena Woyniewicz) è un'attrice ucraina, è nata il 2 marzo 1893 a Krivoi Rog (Ucraina) ed è morta il 22 agosto 1964 all'età di 71 anni a Roma (Italia).

Figlia di un ingegnere polacco, Elena nacque in Ucraina durante una trasferta del padre che lavorava per conto di una società russo-belga. Tornati a Varsavia, appena sedicenne Elena sposò l'avvocato Julian Makowski. Il matrimonio fu di breve durata e nel 1912 Elena se ne venne a Milano a prendere lezioni di canto. L'anno dopo esordiva all'Opera come Amelia ne Il ballo in maschera e Elena nel Mefistofele. Il suo debutto cinematografico avvenne all'Ambrosio di Torino nel 1915 con Romanticismo, il popolare dramma risorgimentale di Rovetta.
«La Makowska è semplicemente adorabile - scrive Mario Corte su "Il Tirso" - la sua figurina tanto graziosa è più da attrice giovane che da prima attrice, ma ella dimostra delle grandi attitudini e la vedremo tra breve tra gli astri maggiori».
Una previsione azzeccata solo a metà: se è vero che la Makowska troverà un suo posto nel cinema italiano - tra l'esordio e il 1920 sarà presente in non meno di quaranta film - va pure rilevato che sempre più spesso i recensori ne esaltano la bellezza, ma ne lamentano le carenze interpretative. «La Makowska sembra priva di anima - scrive Pier da Castello - è una bella figura, ma troppo mancante d'espressione e di vita; si direbbe che quanto succede intorno a lei non le interessi».
Una migliore resa viene rilevata quando, terminato il contratto con l'Ambrosio, l'attrice passa da una casa all'altra. Con la Rodolfi è Ofelia nell'Amleto (1917), con Ruggero Ruggeri; all'Itala è la maliarda Elena di Addio giovinezza! (1918), alla Gladiator è La Dame en gris (1919), dove però torna ad essere fredda, compassata, bamboleggiante. «Il bel corpo non basta ad avere un'anima», tuona su «Apollon» Angelo Piccioli. Nel suo testo sulle attrici cinematografiche, Tito Alacci così si esprime: «C'è della gente che nega alla Makowska qualsiasi valore come artista, ma non c'è alcuno che osi negarle il più alto valore estetico. Forse fra tutte le attrici è quella che meglio ha compreso la cinematografia, dove non si deve soltanto far sfoggio di bravura, ma essenzialmente di bellezza, di grazia e di eleganza». Allo scoppio della crisi del cinema italiano, inizio anni Venti, Makowska passa in Germania, si sposa una seconda volta con un attore, Karl Falkenberg, e gira qualche film a Berlino e anche a Varsavia. Tornata in Italia, si sussurra di un flirt con il principe Umberto; sono voci, non esistono ancora i giornali scandalistici per ricamarci sopra. All'inizio degli anni Trenta, terzo matrimonio con un inglese e ritorno in Polonia, stavolta come attrice di opera - è Micaela nella Carmen - e di operette, Eine Frau die weiss was Sie will di Oskar Strauss. Subito dopo l'occupazione della Polonia da parte dell'esercito tedesco nel 1939, Makowska viene arrestata come cittadina inglese e deportata a Berlino. Dopo quattro anni di lager, verrà liberata in occasione di uno scambio di prigionieri e subito entrerà nel Theaterensemble dell'esercito polacco, per il quale terrà spettacoli fino alla fine della guerra.
Gli ultimi anni li vivrà in Italia. La si vedrà in un malinconico film di Luigi Comencini, La valigia dei sogni (1953), nei panni di un'anziana attrice del muto che si commuove rivedendosi quando, giovane e bella, era una diva acclamata da folle adoranti.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.

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Drammatico, (Italia - 1948), 164 min.
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