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Ultimo aggiornamento martedì 8 gennaio 2019
Un artista che vive nella Germania occidentale deve fare i conti con la sofferenza vissuta durante il regime nazista. Il film ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, 1 candidatura a Golden Globes, In Italia al Box Office Opera senza autore ha incassato 284 mila euro .
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Dresda, 1938. Kurt Barnert ha pochi anni e una passione segreta per la zia Elizabeth, una fanciulla sensibile con cui frequenta i musei, fa lunghe passeggiate e suona il piano. Prodigiosa ma fragile nella Germania nazista non c'è più spazio per le persone come lei. Ricoverata in un ospedale psichiatrico fa appello al cuore del Professor Carl Seeband perché non la sterilizzi ma il suo destino sarà più crudele e preludio di uno sterminio abominevole. Sopravvissuto al bombardamento di Dresda e cresciuto nel blocco dell'Est, Kurt ha un talento per il disegno e apprende gli studi classici imposti dal realismo socialista. Ma l'incontro con Ellie, figlia del ginecologo nazista che ha condannato sua zia, e il passaggio all'Ovest, cambieranno il suo destino artistico e riemergeranno il rimosso.
Liberamente ispirato alla vita di Gerhard Richter, artista tedesco nato a Dresda nel 1932, formatosi nella Germania sovietica e passato a Ovest per amore della pittura astratta, Opera senza autore ritrova Florian Henckel von Donnersmarck e il potenziale romanzesco del suo cinema.
Quella maniera umanista di trattare le pagine nere della storia tedesca e di assumere la dimensione di una favola universale sul totalitarismo. La presenza di Sebastian Koch, drammaturgo sorvegliato in Le vite degli altri e nazista clemente nel Black Book di Verhoeven, ha l'effetto di rinforzare questa idea di cinema à l'ancienne, diretto con audacia e finezza hitchcockiane.
Dopo aver affrontato le ombre della Repubblica democratica tedesca (Le vite degli altri), l'autore attraversa le stagioni di un uomo attraverso le stagioni del suo Paese (nazismo, Guerra fredda, anni Sessanta). Ancora una volta si tratta di un film politico, di quelli che rivisitano la storia della propria nazione senza tabù e testimoniando lo stato adulto della sua società. Alla maniera della sua ispirazione, il film pratica simultaneamente due registri, realismo e astrazione, muovendo da Est a Ovest e affermando il posto della pittura nell'arte contemporanea.
Dell'arte di Gerhard Richter, von Donnersmarck cattura il grigio del piombo e delle ceneri del XX secolo. Il grigio è assenza. Il grigio non ha l'autorità tirannica del nero e nemmeno il bagliore accecante del bianco. In natura, è grigia la cenere, quello che non è, ed è grigia la nebbia, quello che dissimula la vista. La sparizione sembra la sua funzione. Sola eccezione, evidente, è la fotografia. Impero del grigio, almeno fino a quando la chimica dei colori è rimasta incerta, la fotografia è al centro del lavoro di Richter e del film di von Donnersmarck, che arriva forse troppo tardi al cuore del suo proposito, deragliando il film e il suo potenziale nel melodramma iperbolico.
Perché il vero interesse di Opera senza autore dimora a Ovest di sé, nella Germania e nella porzione di film emancipata dalla dittatura commerciale. È lì che il film decolla riprendendo come Richter i ritratti in uniforme della Wehrmacht, della zia condannata dall'eugenetica nazista e del medico colpevole di quella campagna di eutanasia. I quadri del pittore, quello reale e quello finzionale, riproducono sulla tela foto in bianco e nero, il pennello le ricalca e quando la materia pittorica è ancora fresca, Richter/Barnert la graffia con lentezza e uno strumento leggero, un gesto morbido ma sufficiente perché le linee si confondano e le forme perdano la nitidezza. Il risultato sono immagini fantomatiche, frammenti di un inventario autobiografico, di un mondo senza colore. Grigio è il tono della storia della Germania tra il 1933 e il 1945, un grigio tragico che dissimula dietro le ombre brandelli di memoria.
Se Richter dipinge la Storia partendo da fotografie che riproduce sfumandole, von Donnersmarck la interroga dipingendo affreschi emblematici del passato. In entrambi i casi, l'effetto è di costringerci a guardare più da vicino.
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Il film è bello, ben strutturato, e la storia è coinvolgente emotivamente e razionalmente. Ambientato dagli anni 30 ai 60 del secolo scorso,propone una storia personale appassionante e molto interessante, che si intreccia con eventi, misfatti, tragedie e dittature incontrandone un'altra e concludendosi con la procreazione a lungo desiderata di un bimbo, simbolo di vita e speranza [...] Vai alla recensione »
“L'arte è la forma più alta della speranza” Gerhard Richter Dodici anni dopo l’indimenticabile Le vite degli altri, splendido esordio che impose Florian Henckel von Donnersmarck nell’olimpo dei cineasti contemporanei, il regista tedesco torna a confrontarsi con la travagliata storia del suo popolo e con i traumi collettivi rimossi [...] Vai alla recensione »
Auguro a questo bel film lo stesso destino de “Le Vite degli Altri” opera non a caso del medesimo regista, il cui successo, almeno da noi, venne decretato dal passa parola degli spettatori che ne imposero in pratica il ritorno nelle sale proprio quando la distribuzione ne aveva decretato il fine corsa. Faccio appello ai cinefili perché lo vedano e soprattutto ne facciano promozione [...] Vai alla recensione »
Del regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck esce in questi giorni nelle sale cinematografiche la sua ultima pellicola intitolata “Opera senza Autore”, una lunga rappresentazione sulla nascita e lo sviluppo di un artista nella Germania immediatamente precedente al 1945 sino agli anni ’60. La storia riguarda, appunto, il protagonista che viene presentato sin da quando [...] Vai alla recensione »
Incredibile i percorsi del gusto creati dal cinema. Film superpremiati e osannati dalla critica lasciano il tempo che trovano quando scendono nell'arena delle sale mentre altri che indignano palati più raffinati sono capaci di lasciare poi dietro di sè spunti di interesse e motivi di riflessione. Il regista è più idoneo per film politici. [...] Vai alla recensione »
Kurt non parla quasi mai. E’ l’esemplificazione più pura del concetto che è la sua arte a parlare per sé. E’ sempre la sua arte la sua migliore arma contro i suoi nemici, la migliore cura per le sue ferite e quella che alla fine lo porterà alla vittoria. Per Henckel von Donnersmarck il “secondo album” è stato quello più difficile. [...] Vai alla recensione »
#Venezia75 - WERK OHNE AUTOR - Concorso - Il regista del pluripremiato e bellissimo "Le vite degli altri" torna con un melodrammone di oltre tre ore che mescola orrori nazisti, aspirazione artistica, madeleine individuali, comunismo e Rdt. Un po' troppa carne al fuoco e un'ambizione che meriterebbe maggior profondita' e una sintassi meno televisiva.
Il regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck nel suo film Opera senza autore cerca giustamente di elaborare una atrocità perpetrata dalla Germania nazista, l’eliminazione dei diversi. Ma non è francese, e si vede perché, è fondamentalmente cupo. Come ricorda lo storico Martin Gilbert sulla sua storia della seconda guerra mondiale [traduco dall’inglese] [...] Vai alla recensione »
Guardando Opera senza autore ci immergiamo pian piano nel mondo magico di Henckel von Donnersmarck, entriamo gradualmente nella realtà del protagonista, come lui la vede da bambino, mano nella mano con l’amatissima zia a passeggio in una bellissima Dresda prima dei bombardamenti americani, da adolescente, nell’immediato dopoguerra, tra le macerie materiali e spirituali [...] Vai alla recensione »
Ho visto, su Amazon Prime Video, questo film di Florian Henckel von Donnersmarck - “Never look again” è il titolo internazionale - che mi era sfuggito quando era stato proiettato nelle sale cinematografiche e che aveva ottenuto due candidature agli Oscar 2019: come miglior film straniero e come migliore fotografia. Sembra che le tematiche che affascinano il del regista tedesco [...] Vai alla recensione »
Film di spessore nel quale tutto è ai massimi lvelli : emozionante , poetico , tragico . Da rivedere se si vuole apprezzarlo veramente .
Un ambizioso racconto che attraversa gli anni bui del periodo nazista... e non solo. Racconto lineare ma ben strutturato, in cui le vicissitudini del talentuoso Barnert, che cerca di farsi strada con la sua pittura, ci trascinano, senza stancare, per ben 3 ore di visione. La tranquillità del giovane artista ha catturato da subito la mia favorevole attenzione.
Buon film anche se penso che siano davvero tanti e troppi i temi trattati dal cinema sull olocausto, tanto che a volte evito di vedere film sul generis proprio perché ormai sappiamo tutti cos e successo ma questo film devo dire che prende molti momenti di quel periodo e il dopo guerra. Unico pecca la lunghezza..3 ore e 8 minuti.. interminabili a volte noioso ma da vedere almeno 1 volta.
Mi ha veramente sorpreso, un film dove l'arte e l'amore e l'amicizia riescono a vincere la sofferenza e i traumi dell'odio del potere.
Romanzo. Personalmente quando 188 minuti volano, credo sia un buon film. Sicuramente la storia insegna che alcune vicende saranno tratte da fatti simili. La cosa che mi a più colpito era Kurt davanti alla tela bianca, seduto e senza idee, non sa che fare, quasi una metafora della vita
Dopo appena dieci minuti di proiezione, il film dura 188 minuti, lo spettatore intuisce, anzi ha ben chiara , quella che sarà in età avanzata la musa ispiratrice di Kurt Barnert. A lui occorreranno trent'anni per diventare un mediocre artista. Del resto per chi è vissuto sotto due regimi totalitari, prima quello nazista, poi in quello del realismo comunista è praticamente impossibile diventare un creatore. [...] Vai alla recensione »
Alquanto incomprensibile, oltre che molesta, ci è sembrata la noncuranza con cui alla Mostra di Venezia è stata accolto «Opera senza autore» di Henckel von Donnersmarck, già regista del capolavoro «Le vite degli altri» vincitore dell'Oscar per il miglior film straniero nel 2007. Centrano anche, va da sé, i 188 minuti di durata che hanno favorito l'uso e abuso di definizioni come polpettone, fumettone [...] Vai alla recensione »
Nella Germania nazista, Elizabeth accompagna il nipotino Kurt a vedere una mostra di "arte degenerata": la guida si indigna davanti a un quadro di Kandinsky e al suo valore di mercato, ma la zia sussurra sottovoce al bambino che a lei invece piace tantissimo. Purtroppo Elizabeth ha una personalità fragile e ben presto viene rinchiusa in una clinica psichiatrica.
Melò storico "dal nazismo ai giorni nostri", tre ore e passa dal premio Oscar per La vita degli altri. Un ginecologo nazista del programma di sterminio dei "deboli" diventa onorato primario comunista nella Dresda del dopoguerra, mentre il nipotino diventato adulto di una dolcissima ragazza che il medico fece gasare s'innamora della figlia, fugge con lei nel fermento di Berlino Ovest e scopre quanto [...] Vai alla recensione »
Artisti. Il ragazzino viene condotto dalla zia un po' matta -si mette nuda al pianoforte - alla mostra di "arte degenerata" (vernissage: 19 luglio 1937 a Monaco di Baviera). I compassati visitatori commentano, con un po' d'anticipo: "Anche un bambino lo saprebbe fare". Il ragazzino guarda con curiosità i quadri, si capisce che ha un temperamento artistico.
Ispirato alla figura dell'artista Gerhard Richter, questo dramma ambientato negli anni della guerra fredda si alterna tra un artista della Germania Est e un eugenista nazista. L'eccentrica zia del piccolo e sensibile Kurt è spedita in un ospedale nazista. Kurt non la vedrà mai più. Una volta cresciuto, da frustrato realista-socialista nella Germania Est, Kurt diventa un confuso modernista in occidente, [...] Vai alla recensione »
Dopo il pasticcio internazionale di The Tourist, Florian Henckel von Donnersmarck torna nella Germania post bellica dove ambienta un ritratto d'artista da giovane con segreto inconfessabile che vorrebbe rinnovare i successi, invero eccessivi, dell'esordio di Le vite degli altri. Con una narrazione che si sviluppa nell'arco di oltre trent'anni - dal nazismo alla caduta del muro - il film si misura con [...] Vai alla recensione »
Dopo Le vite degli altri e l'infelice The Tourist, Donnersmarck prova il melodramma storico popolare, ma con molte ambizioni. Un ragazzino cresce sotto il nazismo, nel dopoguerra, sotto il regime comunista, diventa studente d'arte, poi andrà a Ovest e conoscerà il mondo delle avanguardie. Il regista si è spirato alla biografia di Gerhard Richter, ma in realtà racconta soprattutto una storia d'amore [...] Vai alla recensione »