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Nella società degli uomini

Viaggio nella natura (femminile) in Wild.
di Roy Menarini

In foto una scena del film.
Reese Witherspoon (Laura Jeanne Reese Witherspoon) (48 anni) 22 marzo 1976, New Orleans (Louisiana - USA) - Ariete. Interpreta Cheryl Strayed nel film di Jean-Marc Vallée Wild.

sabato 4 aprile 2015 - Approfondimenti

Non c'è dubbio che, fin dal titolo, Wild richiami alcuni film recenti dedicati all'immersione nella natura di protagonisti auto-esiliati dalla vita moderna, incapaci di comprendere a fondo il proprio percorso esistenziale, e dunque intenzionati a percorrere un cammino fisico e spirituale insieme. La grande differenza rispetto all'ovvio confronto con Into the Wild sta nella ragione, apparentemente impolitica, di Cheryl rispetto al Christopher di Sean Penn. In quest'ultimo, il rifiuto nei confronti del capitalismo contemporaneo e l'essenziale estraneità alla filosofia dell'America urbana e affaristica sfociava in una ricerca di libertà coincidente con la impossibilità stessa di trovarla nella natura se non giungendo alla morte. In questo caso, invece, le colpe da espiare sono personali, e le insoddisfazioni da superare sono per lo più attribuite a un'infanzia traumatica e a un lutto molto doloroso.
Che Jean-Marc Vallée sia disinteressato all'elemento contemplativo è chiarissimo dalla "soggettivizzazione" del paesaggio negli occhi della protagonista, al cui sguardo (alzato, abbassato, voltato, perso, illuso, disilluso) viene delegata la gran parte delle osservazioni naturali. Non è questo il film, insomma, per far dialogare direttamente il cinema e l'ambiente, con lo spettatore nei panni del turista e il personaggio a fare da guida. Contano molto di più le persone dei luoghi.
Ed ecco emergere un robusto elemento di appartenenza al genere femminile, curiosamente ignorato dalla maggior parte dei commentatori. Quello di Cheryl non è solo o non è tanto un percorso dentro se stessa o un viaggio sulla Pacific Crest Rail, quanto una escursione nell'universo maschile.
Cheryl è continuamente salutata come l'unica donna tra i coraggiosi trekker che cercano di compiere l'impervia traversata. Ne incontra un'altra, a un certo punto, ma le strade si separano presto. Il passato di Cheryl è segnato da un padre violento, che le ha concesso il primo - quanto indelebile - assaggio di brutalità maschile della sua vita. Al tempo stesso, Cheryl è attratta dagli uomini in maniera bulimica, tanto che il viaggio diventa anche una strategia per superare una dipendenza erotica (pur con una scatola di preservativi prudentemente inserita nello zaino).
Da quel momento in poi, Wild diventa una galleria di tipi maschili. Cheryl non sa mai se fidarsi: chi le appare pericoloso si dimostra innocuo; chi è interessato al viaggio diviene per lei utile consigliere; chi dovrebbe essere interessato solo alla natura e ai boschi, tradisce ben altre mire nei suoi confronti. Sono vecchi lavoratori, giovani uomini, uomini soli e inselvatichiti, uomini chiusi in negozi e baracche perse tra le montagne, uomini amanti della libertà, uomini che categorizzano le donne, uomini che cacciano animali e femmine, uomini bianchi, uomini neri (uno solo), e persino uomini allo stato embrionale (il bambino che racconta per prima cosa di "avere dei problemi").
Mentre Christopher in Into the Wild rifiutava via via tutte le possibilità di integrazione - dentro altre piccole società protettive dentro la macrosocietà che odiava - Cheryl invece entra in queste comunità, si fa aiutare, prende passaggi, accetta ospitalità, trova un'umanità - e una mascolinità - forse più positive del previsto (anche se la natura selvaggia, la wilderness con le sue pericolose e incontrollabili pulsioni, è sempre pronta a mordere). Fortemente psicanalitico, il viaggio di Cheryl vale allora come riequilibrio femminile verso la società degli uomini, che sarà sempre di un'altra specie ma almeno potrà rispettarla e persino ammirarla.
Rimane da chiedersi perché a intervalli regolari riemerga il tema del ritorno alla natura, in questi viaggi (primariamente letterari e poi cinematografici: si tratta sempre di trasposizioni) che devono apparire al cittadino delle metropoli americane come qualcosa di esotico e quasi folle.

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