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Cuore e poesia di Alina Marazzi

La maternità raccontata da volti diversi.
di Rossella Farinotti

In foto una scena del film Tutto parla di te di Alina Marazzi.

martedì 16 aprile 2013 - News

È davvero il momento delle donne nei film. In Un giorno devi andare, di Giorgio Diritti, Jasmine Trinca e le sue compagne, che le si affiancano in situazioni di Paesi lontani e dolorosi, danno indicazioni di ricerca sul vivere, sull'impegno e sulla fede. In Tutto parla di te, sono ancora le donne impegnate nel grande nodo della vita, che è la maternità. Il rapporto con il piccolo umano che hanno generato, con chi devono condividere il quotidiano della vita, e con se stesse. Un nodo non facile da sciogliere, che ma la regista Marazzi mostra di saperlo fare.
Grandi occhi di giovani mamme, parole di sottofondo che raccontano storie e sensazioni, magari rotte dal pianto, sorrisi, vecchie fotografie o logore pellicole di filmini amatoriali che riprendono belle madri d'altri tempi, o eleganti bambine ben agghindate. Questo è lo sguardo di Alina Marazzi che nel suo film sviluppa il tema con il suo imprescindibile stile, ma attraverso un punto di vista nuovo: quello di madre. La maternità è un evento meraviglioso, ma non è semplice, e questa pellicola lo racconta attraverso la sentita e reale testimonianza di volti diversi, tutti vivi, intensi, a tratti sofferenti, a tratti sereni. Non è facile essere madre, ma non è certo un ostacolo, una difficoltà, come sostiene Pauline, una delle due protagoniste del film, interpretata dalla "magica" Charlotte Rampling, che torna nella sua città natale, Torino, per perfezionare gli studi comportamentali e di pensiero sulle giovani madri e sullo shock della responsabilità dell'avere un figlio. Pauline si prende a cuore una donna in particolare, Emma (Elena Radonicich), un'ex ballerina che non si perdona per aver dato alla luce Matteo, che adesso ha pochi mesi, che sembra averle tolto l'identità e le crea un disagio insopportabile. Emma non riesce più ad essere donna in prima persona, e ha paura di non farcela.

La pluripremiata Marazzi ritorna nelle sale cinematografiche dopo le opere che l'hanno resa nota a quel pubblico sofisticato e un po' poetico che l'ha portata fin qui. Dopo Un'ora sola ti vorrei (2002) e Vogliamo anche le rose (2007), la regista racconta ancora un mondo visto da una donna. Uno sguardo profondamente femminile, non per scelta ma quasi per oggettività. In un'intervista dichiara che "la maternità sembra essere solo un affare di donne", e in tanti casi lo è, ma non dovrebbe esserlo. Il messaggio del film è chiaro: essere madri è un dono, essere da sole per sostenerlo è difficile e doloroso. Nel film infatti le due donne si cercano e, alla fine, si rifugiano l'una nell'altra per aiutarsi e rileggere quella nuova vita. Un approfondito e poetico studio su donne che hanno paura che accada qualcosa al proprio figlio; madri che si sentono, appunto, sole, che non vogliono essere giudicate, che si sentono sbagliate ... insomma, voci narrate tra realtà e poetica finzione, con quel tocco quasi da video d'artista che la Marazzi riunisce in una pellicola dal messaggio chiaro e deciso, tra ricordi del passato, inserti animati (una casa di bambola con inquietanti personaggi, una madre, un padre e due figli, una famiglia perfetta fatta di pupazzetti in stile Natalie Djurberg) e molta umanità, tra donne.

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