RAFFAELLA GIANCRISTOFARO
Due ragazze in macchina, verso la campagna, per un'intensa giornata di studio. Alex (Maiweni) èalla guida, mentre Marie (Cécile de France), stesa sul sedile di dietro, si appena risvegliata da un incubo. In ealtà l'incubo - nonostante le due in aul ascoltino Sarà perché ti amo dei Ricchi Poveri (!!!) - deve ancora cominciare. Son le prime inquadrature di Alta tensione l'horror di Alexandre Aja girato nel 2003 in questi giorni nelle nostre sale. Un film che ha molti debiti nei confronti di Non aprite quella porta, e che non sfigura al confronto. Soprattutto per l'atmosfera fotografica e gli effetti speciali. A cura del truccatore Giannetto De Rossi (quello di C'era una volta il West, Dune), che la protagonista De France ricorda come uno degli incontri più importanti della sua carriera. Breve, ma neanche troppo. E soprattutto, varia De France solo di nome: è nata in Belgio, a Namur, il 17 luglio 1975, ma è a Parigi che, prima dei diciott'anni, è approdata come ragazza alla pari per studiare recitazione, all'Ecole Nationale Supérieure des Ans et Techniques du Théàtre. E ha conosciuto i suoi. maestri, come Jean-Paul Denizon, assistente di Peter Brook, con cui debutta professionalmente sulle scene nel ‘g6. Dopo Parigi, Cannes, dove all'ultima edizione ha preso il posto di Monica Bellucci e Laura Morante, ovvero “maitresse des cérémonies“, la madrina d'onore. Non solo: in quell'occasione ha raccolto anche il premio Romy Schneider, conférito dalla stampa alla miglior “giovane promessa“, e che l'anno scorso èandato a Laura Smet.
Piccole parti, per Cécile, come in L'Art (délicat) de la séduction di Richard Beny, con Patrick Timsit, fino a quel decisivo L'appartamento spagnolo, il film “erasmusiano” di Cédric Klapisch in cui dava lezioni pratiche d'amore a un coetaneo imbarazzato. Ruolo significativo, quello di Isabelle, la studentessa lesbica di quell'appartamento mix di identità nazionali e sessuali. Che infatti nel 2003 le fa ottenere il premio Louis Lumière e il César per la migliore interpretazione femminile (nel film, “dimostrazione” a parte, era molto più popolare lei della freddissima Audrey Tatou). Anche in Alta tensione l'elemento omosessuale del suo personaggio è determinante, ma Cécile, guarda caso, non vuole restare imprigionata nel cliché. Non ha neanche la puzza sotto il naso: pur venendo dal teatro, si trova a suo agio anche sullo stesso set di Jackie Chan («Di un impegno impressionante», dice di lui), in costume e boccoli nella coproduzione internazionale Il giro de) mondo in So giorni. Osserva e impara molto, Cécile. Descrive il proprio come un percorso “classico“: corsi privati, una scuola statale, un agente, alcuni cortometraggi, il teatro, finalmente! - è stata, tra le altre, Elettra e Mademoiselle Julie di Strindberg - un piccolo ruolo al cinema e poi il passaparola che arriva ai produttori. Se pure la città le ha dato la fama, non rinnega le origini provinciali, quelle in cui (i genitori gestivano un bar ritrovo di anarchici) si autoproduceva spettacoli. E ammette senza problemi i due anni di disoccupazione, una volta uscita dalla scuola. Un'onestà e una volontà di ferro ripagate («Sono una macchina, mi impegno fino in fondo nelle cose»). Per le riprese di Alta tensione girato in Romania, quasi totalmente in notturna, non ha battuto ciglio per il gelo, anzi, si è allenata con un campione di boxe thailandese e ha affrontato anche alcune scene senza controfigura. Dopo aver lavorato nel 2004 con Vincent Lindon in La con fiance règne di Etienne Chatillez, è tornata a lavorare coi “coinquilini” Romain Duris e Tatou, nel seguito di Klapisch, l'atteso Les Poupées Rousses.
E intanto, a fine maggio ha iniziato le ti-prese della commedia di Xaiver Gjannoli, Quand j'etais chaunteur. La storia d'amore tra una giovane agente immobiliare e un cantante di provincia coi capelli tinti. Chi èlui? Gérard Depardieu. Poteva chiedere, Cécile, una storia più “francese” di così?
Da Film Tv, n. 25, 2005