Sean Penn è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, è nato il 17 agosto 1960 a Santa Monica, California (USA). Sean Penn ha oggi 64 anni ed è del segno zodiacale Leone.
Sean Penn è un bravo attore o un gigione? Tutt’e due, come si vede ora in Mystic River di Clint Eastwood e in21 grammi di Alejandro Gonzalez Ibarritu, dove recita un mezzo delinquente di Boston straziato dall’uccisione brutale e casuale della figlia diciannovenne e un professore di matematica salvato e ossessionato da un trapianto di cuore (21 grammi sarebbe quanto l’essere umano perde al momento della morte, il peso dell’anima). Due personaggi molto drammatici per l’attore, sceneggiatore e regista tough-looking, conta faccia da duro, che ha due caratteristiche uniche a Hollywood: non ha paura di fare politica; non ha paura di non compiacere gli spettatori.
Figlio del regista Leo Penn, fratello del bravo attore Chris Penn,ex marito di Madonna durante gli anni 1985-1989 del successo più folgorante della cantante, marito dell’attrice Robin Wright e padre di due ragazzini, Sean Penn sembra un prodotto assoluto del mondo dello spettacolo. Eppure, diversamente da tante altre star, è un democratico pacifista militante:è andato in viaggio in Iraq prima della guerra in atto di solidarietà, ha criticato il “conflitto preventivo” voluto da Bush, ha accusato un produttore di averlo espulso da un film perle sue dichiarazioni pacifiste. Eppure, diversamente da tante altre star, quando ha deciso di diventare regista ha ignorato l’attuale atmosfera hollywoodiana, da commedia preadolescenziale o da action movie frastornante, e ha diretto invece tre film immersi nella cognizione del dolore: Lupo solitario con Viggo Mortensen e Valeria Golino, Tre giorni per la verità con Jack Nicholson, La promessa ancora con Nicholson dal Romanzo di Dürrenmatt. Stile forte senza netta personalità, storie terribili tra metafore di Caino e Abele, vendette per una figlia uccisa da un automobilista, indagini private su una bambina stuprata e ammazzata.
Attore ammirato e premiato all’ultima Mostra di Venezia, ha due difetti: spesso è enfatico, in una recitazione tutta dimostrativa che ha poca interiorità, e non sa nascondere la noia interpretando commedie (Non siamo angeli o storie sentimentali(Una notte per decidere). Non sempre si annoia, però: in Accordi e disaccordi di Woody Allen era magnifico. Ha un pessimo carattere, dicono, impaziente, aggressivo: ma la moglie è l’unica attrice ad aver assunto anche professionalmente il cognome del marito,e questo vorrà pur dire qualcosa.
DaSpecchio, 30 Ottobre 2003
Non fa più a botte nei bar e non prende a pugni i paparazzi, come faceva quando stava con Madonna e aveva sempre i nervi a fior di pelle: Sean Penn, da molti definito il miglior attore americano vivente (lui che vorrebbe fare il regista e basta) ha canalizzato la sua impulsività su terreni più costruttivi, come quello politico. E meno aggressivo, ma più polemico. Pubblica spesso lettere aperte sui maggiori quotidiani, pagando fior di quattrini, criticando le scelte del governo Bush. Ed ecco “Bagdad Sean” che subito prima dell’invasione americana si reca in Iraq per vedere la verità coi propri occhi (“Siamo schiavi dei media”, dice), che accusa Hollywood di neo-maccarthismo contro chi critica Bush, lamenta a gran voce le bugie ammannite sulle armi di sterminio e vede l’intervento in Iraq come un brutto copione. “Nella trama ci sono falle grosse come una casa”, dice masticando gomma e accendendosi una AmericanSpirits.” Il casting è micidiale:il fantoccio che recita Donald Rumsfeld dovrebbe darsi al cabaret. E un pessimo film con un budget di miliardi di dollari. E i bambini continuano a morire”. I film che vuole vedere sono altri.
È scocciato, arrabbiato: una volta lo era come ribelle, ora come dissidente. Ma oggi ha anche due film sugli schermi, due successi notevoli di critica,21 grammi di Alejandro Inarritu (l’autore di Amores Perros) e Mystic River di Clint Eastwood, due opere a cui lui tiene appassionatamente.
Si vocifera di una doppia candidatura all’Oscar come miglior attore per entrambi i film! complimenti si sprecano: è il De Niro della sua generazione, dicono, e anche di più.
Anjelica Huston, che ha diretto nel suo secondo film Tre giorni per la verità, spiega meglio: “In Sean c’è un poeta, dunque una persona difficile. È un maschio macho, una combinazione di tenerezza e rissosità prevalente negli irlandesi, quella cosa che ti fa stare alzato fino a tardi a bere whisky e scrivere poesie, che ti fa fare a botte e uscire di testa per bionde impudenti che ti fanno diventare matto”.
Penn vive nei pressi di San Francisco con la moglie, l’attrice Robin Wright, e i loro due figli: una bambina di 12 anni e un maschietto di dieci. Si contorce penosamente sulla sedia quando gli ricordiamo le parole della Huston. Sorride obliquamente e azzarda: “Riconosco la parte del whisky: per riprendermi dagli sfoghi emotivi che alcuni dei miei personaggi richiedono, e che talora mi lasciano esangue, ricorro, a fine giornata, a un drink. Diciamo anche due...”.
Lo hanno prosciugato le parti di21 grammi e Mystic River, due storie a sfondo tragico. E così diverse che Penn è quasi irriconoscibile da un film all’altro. In21 grammi è un professore di matematica che ha ricevuto un trapianto di cuore e scopre che il donatore è un uomo deceduto in un incidente d’auto. Penn rintraccia la moglie di questi (Naomi Watts) e insieme si mettono alla ricerca dell’autista che ha provocato l’incidente (Benicio Del Toro). I destini dei tre s’intrecciano inesorabilmente. “Mi è bastato vedere Amores Perros per dire sì ad Alejandro, un artista con una visione precisa e geniale di ciò che significa far cinema”, dice Penn. E se21 grammi (“Il peso che il corpo perde al momento del trapasso: il peso dell’anima”, spiega l’attore), è narrato nello stile nervoso, ipercinetico e circolare tipico di lnarritu, Mystic River segue lo stile lineare e disadorno tipico di Eastwood. Nel film Penn è Jimmy, che uscito di prigione per una rapina si dedica alla figlia adolescente nel suo modo brusco ma sincero. La giovane viene rapita e trovata morta: un suo amico d’infanzia, ora detective della polizia (Kevin Bacon) indaga sul caso, mentre un suo altro amico, vittima di sevizie da bambino (Tim Robbins), è il primo sospetto. La storia fa perno sulle conseguenze degli abusi sessuali sofferti da un bambino nella Boston proletaria. È anche la storia di un’amicizia tra uomini marchiata da un tragico destino: la devastazione umana messa in scena da Penn è un’inquietante perla di realismo urbano contemporaneo, come molti critici hanno notato. Penn non suona una nota falsa, come faceva il suo idiot savant in Accordi e disaccordi di WoodyAllen.
Sembra specializzato in anime in preda al furore. “Ma non è l’istinto di vendetta che m’interessa come attore: sia Inarritu che Eastwood evitano le scorciatoie della miseria umana”, dice. “La morte è potente, ma la vita lo è ancora di più”.
Con Eastwood aveva sempre voluto lavorare: “Parliamo lo stesso linguaggio e pensiamo lo stesse cose sul cinema. È una bella persona ed è stato bello passare del tempo insieme. Un attore si trova nella situazione penosa di dover dipendere sempre dall’abilità del regista: per questo preferisco dirigere. Ma come attore nelle mani di Eastwood m’abbandono con fiducia totale”.
Nonostante il cast di Mystic River sia stato unanimemente elogiato, Penn insiste che il film appartiene tutto a Eastwood, che definisce “l’unico simbolo non deludente del cinerna americano”. Tutto il resto è quindi esagerato? “I simboli lo sono”, replica secco Penn. Nel frattempo ha finito di girare The assassination of Richard Nixon, la storia vera del tentativo (sventato) di Niels Meller, un modesto negoziante di Cincinnati, di far schiantare un piccolo aereo sulla Casa Bianca. “Le implicazioni epocali sono molte”, dice Penn, “ma mi preme ricordare che questo progetto era quasi decollato cinque anni fa, ben prima dell’11 settembre, e che solo motivi di finanziamenti lo hanno rimandato fino a quest’anno”.
“Adesso sto scrivendo”, conclude. “Ma non so ancora cosa verrà fuori dalle mie osservazioni. In ogni storia ci metti la tua vita. E non siamo mai sicuri di cosa sia la nostra vita”.
Da La Repubblica, 23 novembre 2003
The first movie I saw Sean Penn in was “Fast Times at Ridgemont High,” 27 years ago. I have to say I remember nothing about that movie — not the plot or the other actors or Ridgemont High itself — only Sean Penn’s stoned-out, radically innocent face, his mouth a little open and his eyes a little closed, his hair hanging down to either side. He was ugly and dopey but good-natured and charming, and there was something about his walk that persuaded you that he was a surfer, that he was athletic and strong and limber and they had found him on a beach somewhere and put him in a movie.
Something about his walk. The same is true in “Milk.” The same is true in “I Am Sam.” The same is true in “The Interpreter.” In “The Interpreter” he walks like a tough, self-contained, gun-toting Secret Service officer — in other words, like most guys in movies walk. It’s only in contrast with all the other walks he can walk that this looks like a performance. In “Milk” his walk is loose and sinuous. At a political rally, the camera shoots him from behind, and his hips are canted to one side; he is an unashamed gay man inviting other gay men to throw off their shame. What’s even more remarkable about Penn’s performance is that as his Harvey Milk gains conviction and confidence, as his world of the Castro becomes populated and assertive, the details of his walk evolve. They build to the grace of his last scene, in which his walk contrasts so starkly with that of Josh Brolin, who is stiff with fear and anger, that when Penn goes down the movie seems to be portraying not only a shocking moment of recent American history but also the eternal tragic recognition that grace and love are fleeting, while fear and resentment are perennial.
No one ever accused Penn of having movie-star looks, but when he is on the screen, the faces of the other actors fade out, because his face is so expressive. His thoughts and feelings seem to flicker across his features moment by moment, no matter who is speaking or where the camera is focused. The effect can be to give a bit of woodenness to his co-stars, as he did to Robert De Niro in “We’re No Angels” and to Michelle Pfeiffer in “I Am Sam.” As a result, he is a master at playing vulnerable characters and at revealing the vulnerabilities of tough characters, like Jimmy Markum in “Mystic River.” Jimmy is lean and hawkish, with a history of violent behavior, and Penn excels at showing how difficult it is for Jimmy both to give up his old habits and to embrace them. As violent as Jimmy has been, the most benevolent viewer can’t help sympathizing with his struggle and lamenting when, at the end, he puts on his sunglasses, taking temporary refuge in his refusal to face the fact that he has killed one of his oldest friends. Both Penn, as Jimmy, and Kevin Bacon, as Sean, know that there is more pain to come.
I think the key to Penn’s portrayal of Harvey Milk is his comic timing. If dying is hard and comedy is harder, then Penn gives Harvey the energy and quickness of a comic performance. His pacing is superb, and his movements — walking, running, talking — have buoyancy, even effervescence, that contrasts with the dramatic gravity of everyone else in the movie. They all think Harvey is unrealistic, crazy, foolish — even his haircut and the way he wears his belt are foolish. But being a fool is Harvey’s greatest quality and clearly part of the reason Dan White can’t tolerate his rise. The people around Harvey laugh at him, we laugh at him, and Penn is bold enough to go for the laughs without seeming to realize that death is all around. In the last frames, Dan shoots him, and Harvey’s mouth and eyes open in surprise. That we are not surprised makes it all the more affecting.
Why does Sean Penn remind me of James Cagney? If I met Jimmy Markum in a dark alley, I think he would have more remorse about killing me than would Cody Jarrett (Cagney’s character in “White Heat”), but both Cagney and Penn are great at expressing the heat of conflicting desires — it’s in their posture, in the way they move their feet, in the set of their shoulders, in their faces. Both of them make other actors seem slow and cool. Both of them make every script unpredictable. Yes, I know before I see “Mystic River” or “Milk” that mayhem and grief will ensue, but somehow, as the movie unfolds, Sean Penn makes me think that he might just evade his fate after all.
Jane Smiley, winner of the Pulitzer Prize for fiction, is the author of “Ten Days in the Hills” and many other novels.
Da The New York Times Magazine, 5 Febbraio 2009
Nelle cose che faccio mi metto in gioco completamente. Altrimenti, non mi sento orgoglioso di me stesso». Non è un personaggio facile, Sean Penn. Gli amici lo dicono «cupo», la moglie ammette che spesso «è pesante», per Anjelica Huston rasenta «la leggenda». E una “biografia orale” racconta per frammenti e aneddoti, raccolti dalle voci di chi lo conosce bene, i suoi 44 anni sul filo dell’alcol, della politica, degli Oscar.
«Tieni, il bourbon ti farà passare il mal di testa. Anzi, non ti ricorderai neanche più di avere una testa». Anni ‘60, Santa Monica. Sean cresce con il papà regista Tv, emarginato dal maccartismo, la mamma attrice, i fratelli (uno diventerà musicista, l’altro attore). E la nonna. Che lo cura a bourbon.
«A 14 anni facevo la comparsa nella Casa nella prateria, diretto da mio padre. Volevo rimanere nella parte, non sono neanche andato a mangiare. A fine pomeriggio toccava a me: mi sono alzato e... sono svenuto. Così ho cominciato». Ma all’immedesimazione totale non rinuncia. Ricorda Don Phillips, responsabile del casting di Fuori di testa (1982): «Potevi rivolgerti a lui solo come Spicoli, con il nome del personaggio che interpretava. Altrimenti, non ti rispondeva nemmeno. Poi, a fine riprese, ha dato la mano a tutti e si è presentato: “Piacere, Sean Penn”.
A 20 anni era grande amico di Tom Cruise. Meegan Ochs, figlia del personal assistant di Penn: «Correvano in moto nel Mojave Desert. C’ero anch’io, sedotta da Tom. Loro mi caricavano sulla sella, poi tiravano fuori le pistole e mi insegnavano a sparare». Nell’84 Sean andò a trovare Cruise sul set di Legend e fece un giro nell’Ulster. Memorabile:
«Volevo capire che cosa significasse vivere quando sei immerso nella violenza e nella paura. Andai sul posto dov’era appena scoppiata una bomba. Poi, cominciai un’odissea alcolica in tutti i pub della città. Provai a farmi arrestare, cioè entrai in una stazione di polizia sfoderando uno sguardo truce: nessuno mi diede retta. Infine, scoprii una particolare affinità con le irlandesi, grasse e rubiconde».
La donna del suo futuro aveva però origini italiane. Era la signora Ciccone. Il primo incontro fu fatale: 1985, set del video Material Girl a Los Angeles. Madonna sta provando, «le dicono che Penn vuole venire a visitare il set. Lei comincia a strillare: “Solo se dopo esce con me“», così ricostruisce Meegan Ochs. Dopo una manciata di appuntamenti, lui la presenta a mamma Eileen: «Né io né mio marito avevamo idea di chi fosse quella ragazza. Mi ricordo che non era truccata, sembrava timida e carina». Il 16 agosto 1985 il matrimonio a Malibu. In origine, doveva essere una cerimonia privata. Poi, arrivarono gli elicotteri. «Quando li vide, Sean si affacciò al balcone e disse: “Benvenuti nel remake di Apocalypse Now», afferma Meegan Ochs. Finisce, con divorzio, il 10 gennaio 1989.
L’innamoramento, visto da lei: «Non sapevo neanche chi fosse. Ero al ristorante, entra questo tipo. Si blocca all’improvviso. Non so per quanti minuti, restiamo lì fissi a guardarci. Mi chiede una sigaretta. Tempo dopo, ci ritrovammo...». Con le sigarette, da allora e dai quattro pacchetti quotidiani che si è sempre fumato, Penn sta cercando di smettere. Con Robin, no.
Robin Wright è il secondo grande amore di Sean e, come sempre nella vita di Penn, si tratta di un rapporto tormentato. Nel 90 girano insieme Stato di grazia, nel 91 nasce la loro prima figlia, Dylan, due anni dopo Hopper Jack, così chiamato in onore dei due miti di Scan: Dennis Easy Rider e Nicholson. Lui adora i figli: «Ogni bambino che nasce è la prova che Dio non si è ancora scoraggiato del mondo». Però, il rapporto entra in crisi. Nel 96 lui ci riprova e chiede a Robin di accompagnarlo agli Oscar, dove concorre con la prima nomination della sua vita per Dead Man Walking. Prima della cerimonia, lei però si sente male e lui rinuncia agli Award. «Tornammo insieme. Certo, la nostra storia è sempre stata drammatica, mai un momento tranquillo», ricorda l’attrice diventata signora Penn il 26 aprile dello stesso anno.
Al matrimonio, lo sposo versò qualche lacrima. In genere, però, non gli capita spesso di piangere: «Gli misi in stanza un serpente finto, fatto dai creatori di effetti speciali. Quando lo vide, per un attimo restò immobile, poi lo afferrò, lo strattonò e gli strappò via la testa», dice Woody Harrelson, che ha recitato insieme con lui nella Sottile linea rossa.
«Più che un attivista, sono un cittadino piuttosto responsabile». Certo, Penn si riferisce a oggi e non all’87, quando il pestaggio di un fotografo gli procurò 32 giorni di carcere. Il New York Times lo ha ribattezzato “Bagdad Scan”, per l’impegno a favore dell’Iraq, da quando comprò una pagina del Washington Post (56 mila dollari) per chiedere a George W. Bush di rinunciare alla guerra. In privato, si sfoga: «Abbiamo vigliacchi come Bush, Condoleezza Rice e I Donald Rumsfeld: dannata gente che gioca a fare John Wayne per sentirsi forte!».
«Non avrei mai pensato di dover rimpiangere Nixon», ha detto l’attore presentando The assassination of Richard Nixon (nelle sale italiane dal 25 febbraio). È la storia vera di Sam Bicke che nel 1974, pochi mesi prima del Watergate, tentò di uccidere il Presidente lanciandosi con un aereo contro la Casa Bianca. «Quando Condoleezza Rice ha detto che nessuno avrebbe mai immaginato l’11 settembre, mentiva. Era già successo», sostiene Penn. Bicke, un venditore in crisi con lavoro, famiglia e mondo, fu ucciso prima del decollo. «Una storia di comune alienazione», la definisce il protagonista. Il progetto, pronto prima delle Due Torri, ha aspettato sei anni per essere realizzato. Intanto, Sean ha recitato anche con Nicole Kidman in The Interpreter, girato nel Palazzo di Vetro dell’Onu messo a disposizione da Kofi Annan e atteso nelle sale americane il 22 aprile.
Dopo tre nomination, un Oscar (nel 2004 con Mystic River) e quattro regie, Sean ha altri progetti. E vuole prendersela calma: «Più un attore ha successo e va avanti, più deve fare attenzione alle sue scelte. Nei prossimi mesi penso di fermarmi. Fino all’autunno, quando vorrei mettermi alla macchina per scrivere e buttar giù una nuova storia». Macchina per scrivere: capito il tipo?
Da Vanity Fair, 24 Febbraio 2005
Sean Penn è davvero un grande attore, il migliore dice Marlon Brando, il migliore di quest’anno si sono limitati a dire i giudici dell’Oscar Lui, ribelle e agitato ma anche modesto e timido, dice che non è mica da questi particolari che si giudica un attore, un attore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia, come diceva De Gregori.
Guardate la faccia corrucciata e arrabbiata da wild boy che si ritrova Sean Penn. Con quel ghigno timido fa secche le ragazze, tua frega anche i masculi perché non riescono a capire in tempo se vuole piangere sulle loro spalle oppure mollare uno sganassone. Spesso glielo dà, lo sganassone.
Non solo nei film, anche nel mondo reale: «Odio i giornalisti», ha detto Sean. «O meglio, odio i paparazzi. Sì, li ho presi a pugni e lo rifarei di nuovo se necessario. Credo che un pugno in faccia sia l’unico modo per proteggere la mia vita privata. Pretendo la libertà, e devo averla». A furia di tirar pugni e spaccare locali, nel 1987 la libertà gli è stata tolta davvero, con una sentenza di condanna a 32 giorni di galera per aver pestato un fotografo che voleva ritrarlo sul set di Golan, il film di Dennis Hopper.
Sean Penn è fatto così, la parte dell’antipatico gli viene facile, non è uno del giro, non è amato dai colleghi, non partecipa alle premiazioni, dà fastidio ai produttori di Hollywood, tanto che si diceva che non gli avrebbero dato l’Oscar per timore che trasformasse la cerimonia in un’assemblea politica. La statuetta invece gli è stata assegnata, lui si è presentato ed era impacciato, ma si è comportato a Modin.
Penn ha quasi sempre interpretato uomini complicati e struggenti in film crepuscolari che piacevano tanto alla critica ma che non vedeva nessuno. Eppure era lui quello che ammetteva di stare nello showbusiness soltanto per «bisogno di soldi». Ora, evidentemente, i soldi li ha fatti, visto che ripete spesso di volersi ritirare. In realtà non è mai stato così attivo come quando ha lasciato Hollywood per andare a vivere con sua moglie, l’attrice Robin Penn Wright, a San Francisco, davanti all’Oceano, vicino al suo amico Clint Eastwood, il regista di Mistic River il Film con cui ha vinto la statuetta. Penn, nei cinema anche con 21 grammi, ha girato anche L’Assassinio di Richard Nixon e iniziato le riprese di The Interpreter; un thriller coli Nicole Kidman, diretto da Sidney Pollack e girato alle Nazioni Unite, il cui palazzo newyorkese è stato aperto per la prima volta alla realizzazione di un film.
Sean Penn, da un po’ tempo, si occupa rumorosamente di politica. È stato uno dei più tosti oppositori all’invasione dell’Iraq decisa da George Bush e dal Congresso americano. Prima della guerra è partito per l’Iraq, tornato a casa ha scoperto di essere stato accusato di tifare per il nemico.
Così ha comprato due intere pagine, una sul New York Times e l’altra sul Washington Post, e ha raccontato le sue paure per una guerra che sembra infinita. È tornato a Baghdad in novembre, dopo la liberazione. Il secondo viaggio gli ha fatto cambiare un po’ idea, e lo ha scritto in un diario pubblicato sul San Francisco Chronicle, il giornale diretto da Phil Bronstein, l’ex marito di Sharon Stone: «La novità sta in questo minuscolo seme di libertà che è stato gettato. È un’esperienza illuminante essere stati a Baghdad soltanto un anno fa, quando neanche un solo iracheno mi aveva detto qualcosa che non corrispondesse alle linee dei partito di Saddam, e ritornarci ora e vedere che tanta gente che esprime apertamente la propria opinione e la discute o on chi la pensa diversamente». Penn non è né di destra né di sinistra, «non sono democratico, non sono repubblicano, non sono verde, non sto con nessun partito». Eppure è diventato, insieme con gli altri premi Oscar Tim Robbins (migliore attore non protagonista) e Michael Moore (miglior documentario dell’anno scorso), una delle icone hollywoodiane contro il presidente Rush. Non gli va giù nemmeno questo genere di popolarità, magari è per questo che agli Oscar non ha fatto comizi. Del resto la sua filosofia di vita, ma anche la chiave del suo successo, sta tutta in questa frase: «Se piaci a troppe persone, vuol dire che stai facendo qualcosa di sbagliato... Chissà se Madonna ha preso nota.
Da Vanity Fair, n. 12, 2004
È ormai diventato un'icona del background cinematografico americano, grazie a una carriera che abbraccia quasi trent'anni. Ha ricevuto la candidatura all'Oscar per la statuetta come miglior attore protagonista per le interpretazioni di ruoli in film come Dead Man Walking - Condannato a morte, Accordi e disaccordi, Mi chiamo Sam, e recentemente ha vinto l'Oscar nel 2003 per la sua tormentata e bruciante interpretazione nel film di Clint Eastwood Mystic River.
Penn è apparso in oltre trenta film inclusi Taps - Squilli di rivolta, Fuori di testa, Il gioco del falco, A distanza ravvicinata, Colors - Colori di guerra, In Gara con la luna, Vittime di guerra, Vittime di guerra, Non siamo angeli, Stato di grazia, Carlito's Way, U -Turn - Inversione di marcia, La sottile linea rossa, Dead Man Walking - Condannato a morte (vincitore del premio come miglior attore protagonista nell'edizione del 1995 del Festival di Berlino), She's so Lovely - Cosi Carina, ( vincitore del premio come miglior attore protagonista nell'edizione del 1997 del Festival di Cannes), Bugie, baci, bambole e bastardi vincitore del premio come miglior attore protagonista nell'edizione del 1998 del Festival di Venezia ), The Interpreter e il recentissimo Tutti gli uomini del re.
Il talento come regista di Penn, ha visto il suo esordio con il film del 1991 Lupo solitario, di cui è sceneggiatore e produttore. Nel 1995 diresse il film 3 Giorni per la verità e anche in questo caso è sia sceneggiatore che produttore. Il suo terzo film in cui sapientemente riveste i ruoli di direzione risale al 2001; con La promessa rientra tra i dieci migliori film del 2001 secondo la National Board of Review, nel cast è presente anche Jack Nicholson. Subito dopo Sean Penn scrisse e diresse il tributo alla nazione americana nella stesura del film 11 '09 "01. Questo impegnativo e considerevole progetto, riunì 11 tra i più acclamati registi del panorama cinematografico al fine di rievocare i tragici e luttuosi eventi dell' 11 Settembre attraverso la chiave del cortometraggio. Nel 2003 il film ottenne una candidatura come miglior film europeo nella sua categoria ai Cèsar Francesi e conseguì un premio di riconoscimento dalla National Board of Review.
Penn è inoltre apparso in diversi spettacoli teatrali tra cui Girl on the via Flaminia di Alfred Hayes e Earthworms in Los Angels di Albert Innaruto. Sui palcoscenici internazionali di Broadway, Penn ha interpretato James nel melodramma di Kevin Heelan Heartland e uno dei "slab spanky boy" nell'opera prima di John Byrne Slab Boys. Ha calcato i palcoscenici del Westwood Playhouse e del Lincoln Center, recitando nella commedia Bugie, baci, bambole e bastardi e in Goose and Tom
Tom, ambedue dirette dall'autore David Rabe. Tra le sue ultime prove teatrali possiamo annoverare la recente interpretazione in The Late Henry Moss, scritto e diretto dalla scrittore Premio Pulitzer Sam Shepard, in cui divide la scena con stimati attori quali Nick Nolte e Woody Harrelson.
Nel 2002 ha ritirato il Modern Master Award al Santa Barbara Film Festival, e nel 2003 si è distinto per essere diventato il più giovane artista ad aver ricevuto il Donastia Lifetime Achivement Award durante il San Sebastian Film Festival. In aggiunta, nel 2004 si è fregiato dell'onore di ritirare il John Steinbeck Award, per il suo irreprensibile impegno come pioniere nel campo artistico.
Come giornalista, Penn ha prestato la sua penna a pubblicazioni del calibro di Time, Interview e Rolling Stone. Nel 2004 ha collaborato con la rivista The San Francisco Chronicle per la stesura di un dossier di due parti, dopo la visita per la seconda volta allo Stato Iracheno devastato dalla guerra. Nel 2005 ha continuato la collaborazione con il Chronicle, per il quale ha firmato una corrispondenza dall'Iran in cinque puntate, descrivendo gli avvenimenti elettorali che hanno portato al regime di Ahmadinejad.
L'ultimo lavoro di Sean Penn, scritto, prodotto e diretto da lui medesimo, è Into the Wild, che ha fatto incetta di premi e guadagnato il consenso entusiasta della critica da quando è stato distribuito nelle sale nel Settembre 2007. Tratto da una storia vera e basato sul romanzo di Jon Krakauer, il film è stato premiato sia al Telluride che al Toronto Film Festival, permettendogli di conquistare il premio di "Regista dell'Anno" al Palm Spring Film Festival; ma il successo del film è stato anche siglato dall'ingresso di questo tra i migliori dieci film del 2007.