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La politica degli autori: Mark Neveldine e Brian Taylor

Due 'registi kamikaze' interessati all'aspetto ludico del cinema.
di Mauro Gervasini

Il regista Mark Neveldine 'in azione' sul set del film Ghost Rider - Spirito di vendetta, da lui diretto insieme a Brian Taylor.
Mark Neveldine Altri nomi: (Neveldine ) (50 anni) 11 maggio 1973, Watertown (New York - USA) - Toro. Regista del film Ghost Rider: Spirito di vendetta.

mercoledì 21 marzo 2012 - Approfondimenti

A questo giro della Politica degli autori giochiamo un po' e rimpiangiamo i bei tempi della giovinezza. Quando, in pieni anni 90, impazzivamo per i registi di Hong Kong della cosiddetta Generazione 97, dall'anno del ritorno alla Cina della colonia britannica, e per i loro film. In particolare ci piaceva Crime Story (1993) di Kirk Wong, per tre motivi: è un ottimo noir d'azione; Jackie Chan ha un (convincente) registro drammatico; parlammo con il regista al Festival di Locarno e ci spiegò che partecipava, macchina da presa a mano, a tutti gli stunt. In almeno un caso, quello dell'inseguimento in moto sulla circonvallazione, rischiando l'osso del collo. Ci entusiasmava l'idea del cinema-kamikaze, la declinazione della "camera-stylo" delle vagues degli anni 60 all'action.

Eredi di questa estetica kamikaze sono appunto i nostri eroi, Mark Neveldine e Brian Taylor, classe 1973 il primo, 1971 il secondo, ora autori di Ghost Rider – Spirito di vendetta. Per il quale hanno coniato un nuovo termine: newquel. Un misto tra reboot (ovvero la "ripartenza" di una storia, il resettaggio di un personaggio seriale e della sua vicenda) e sequel, dal momento che Nicolas Cage, il demonio motociclista, si comporta sì come se esistesse il passato raccontato nel primo Ghost Rider (2007), ma nello stesso tempo la sua avventura ricomincia da zero. Newquel, dunque. Un gioco, come si diceva. Perché a Neveldine-Taylor piace, del cinema, l'aspetto ludico. Ma rispetto ai kamikaze della Generazione 97 ora ci sono l'estetica dei videogame e il digitale a cambiare le carte in tavola. Non basta più avere attori atleticamente, marzialmente, artisticamente formidabili come Jackie Chan o, nel loro caso, Jason Statham, per realizzare uno stunt convincente. Al fine di soddisfare l'esigenza videoludica, Neveldine (che della coppia è più il braccio, avendo un passato da stuntman) e Taylor (la mente) si inventano un sistema, il Roller Dolly, che permette alla macchina da presa di compiere evoluzioni spettacolari. Un misto tra dolly e steady, detto in soldoni. Lo scopo è quello della totale immersione di chi guarda nell'azione; l'utopia (che tale rimane) è invece quella dell'interattività. Il cinema può solo riprodurne l'illusione, d'accordo, ma a volte funziona. Come in Crank (2006) il loro film-manifesto. A Jason Statham iniettano un siero velenoso. Se il battito cardiaco scende sotto un tot, muore. Per mantenerlo al di sopra della soglia, deve adrenalinizzarsi: quindi corre, salta, sniffa, fa persino sesso in strada per non schiattare, vola... Tutto al servizio della macchina da presa: un vero e proprio corpo in prestito. Con un seguito, Crank: High Voltage (2009) se possibile ancora più estremo e becero (scena cult: per far parlare un voluminoso gangster Statham gli infila il fucile a pompa nel più recondito degli orifizi...).

Dei videogiochi sparatutto di ultima generazione, Neveldine-Taylor preservano la truculenza. Nessuna ironia nei loro film, e la scelta di protagonisti non particolarmente empatici come Statham e il Gerard Butler di Gamer (2010) certo non aiuta. Proprio quest'ultimo titolo aggiunge un tassello "teorico" importante, perché al centro della vicenda, ambientata nel futuro, c'è un videogame, "Slayer", dove il giocatore controlla condannati a morte in carne e ossa costretti in pericolosissime missioni. Si chiude un cerchio. Cosa manca al cinema di Neveldine-Taylor per essere davvero rivoluzionario ed epocale (a parte l'ironia, la cui assenza resta però un'opzione legittima)? La drammaturgia. Ovvero la capacità di coniugare la messinscena cinetica e avveniristica a una idea compiuta di storia e, conseguentemente, di sceneggiatura. Senza questo passaggio restano, dei loro film, solo le componenti ludiche, trascurabili un minuto dopo aver riposto la console.

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