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La Cappella Sistina compie 500

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino e Rossella Farinotti

La Cappella Sistina a confronto con una scena del film di Carol Reed Il tormento e l'estasi.

mercoledì 31 agosto 2011 - Focus

Il cinema e l'arte
La Cappella Sistina compie 500. Trattasi di una delle opere che fanno parte della mitologia dell'arte. Forse nessun'altra opera, in tutte le terre e in tutte le epoche ha significato tanto. Non si tratta solo di "figurativo" o di estetica. Michelangelo toccò filosofie e culture, e mistiche. Diede corpo e volto da Dio, non lo aveva mai fatto nessuno. E nel paradiso terrestre, decise che non era Eva a offrire la mela ad Adamo, ma Adamo che se la prende. Non è un'evoluzione da poco. E poi tutto il resto.

Interessante
Il Buonarroti era un artista, e un uomo complesso, nella sua grandezza naturalmente. Ha avuto rapporti dolenti e profondi col suo tempo -si parla di papi e famiglie regnanti- soprattutto uomo non facile, ma questo naturalmente è scontato: di artista trattasi. E poi l'arte: scultore e pittore...discreto. Inoltre architetto e poeta, e ancora, filosofo. Ha vissuto 89 anni, ha fatto davvero molto, ma di getto, se devi recuperare nella memoria immediata un'opera, l'opera è probabilmente la Sistina. E anche questo sarebbe un paradosso, perché Michelangelo si considerava uno scultore, dipingere era per lui un ripiego, quasi un dolore. Anche se gli riusciva abbastanza bene, appunto. E fu proprio la Sistina a dargli quella dimensione, la consapevolezza della pittura, anche se avrebbe continuato a dire che quelle opere erano semplicemente sculture dipinte. Le prospettive, le anatomie erano quelle della scultura.
Comunque, ribadisco, la fusione, la chimica, erano... buone.

Umanità
La Cappella Sistina è una della maggiori opere d'arte dell'umanità. Fu voluta da papa Sisto IV, un della Rovere che la fece costruire fra il 1473 e l'81. Ma il testimone passò a suo nipote Giulio II. Fu lui che se la vide con Michelangelo. Quel papa non fu solo...un papa, ma uno statista e un generale. Tanto energico da essere violento. A proprio agio in battaglia piuttosto che in chiesa. E la Chiesa la difese da tutti, organizzò una Lega santa e riuscì a scacciare i francesi dall'Italia. Fu lui ad affidare l'affresco della Cappella a Michelangelo. Gli offrì, nel 1508, un contratto di quattro anni e un compenso di duemila ducati, detratta la pigione della casa che lo ospitava. Giulio II diede all'artista anche le proprie indicazioni, protagonisti sarebbero stati gli apostoli. Il Buonarroti accettò malvolentieri, non era carattere da fare qualcosa che non aveva voglia di fare, così scomparve. Solo la protezione dei Medici lo mise al riparo dall'ira del papa. Questa vicenda fa parte di un film quasi perfetto, soprattutto nella chiave biografia-opere, detta sopra. Nel 1965 il regista inglese Carol Reed, quello del "Terzo uomo" e di "Oliver", decise di dedicare un'opera a Michelangelo e le diede un titolo appropriato, Il tormento e l'estasi. Charlton Heston è l'artista e Rex Harrison, il papa. È tutto un esercizio di virtuosismi. Rispettata la verità storica e quella artistica. Due personalità così dure e travolgenti, si scontrano dall'inizio. Michelangelo si è ritirato nella cave di Carrara, suo infernale paradiso. Vaga per i monti e una mattina, all'alba, le nuvole compongono la figura di un vecchio adagiato, che tende una mano. Sarà il dio della creazione. Raggiunge il papa che sta assediando Bologna, in mezzo alla battaglia gli mostra i disegni che saranno quelli definitivi, niente a che vedere con la primaria indicazione. Giulio ne è entusiasta e gli porta il compenso a seimila ducati...detratta la pigione. Ma glielo fa pesare "mi costi più che assediare una città". Il film registra ciò che davvero accadde: la struttura costruita dal Bramante, architetto ufficiale del pontefice e antagonista di Michelangelo. Il fiorentino la fa abbattere e monta un pontile suo, per anni dipingerà sdraiato sulla schiena.

Nudità
I cardinali contrastano il suo lavoro, non tradizionale, e poi tutte quelle nudità. Michelangelo, coi suoi soliti modi irruenti, magari arroganti, risponde: "Quando dio fece l'uomo a propria immagine non gli mise le mutande". E il papa sta con lui. Quando ormai l'opera ha preso forma e se ne intravede la grandezza Giulio dice: "volevo un affresco, lui mi ha dato un miracolo". Michelangelo risale il pontile per gli ultimi ritocchi. Il papa, fragile, anziano, è lassù, che studia l'affresco. Dice a Michlenagelo: "Tu lo vedi così dio? Non irato, non vendicativo, ma forte e paterno".
L'artista risponde: "Egli conosce anche l'ira, ma l'atto della creazione è un atto d'amore".
"Quella che hai dipinto non è un'immagine di dio, ma una prova di fede".
"Non ho mai pensato che alla fede occorressero prove".
"Non se sei un santo, oppure un artista. Io sono solo un papa...dio spesso non ha accolto le mie preghiere, forse avrei dovuto essere un artista, forse mi avrebbe ascoltato, come pare abbia ascoltato te. È giusto, lo servi meglio tu di me".
E conclude: "Quando sarò davanti a lui deporrò sulla bilancia la tua Sistina, probabilmente servirà ad abbreviarmi il purgatorio".
Trattasi di Michelangelo Buonarroti, quello dell'incanto, della grazia, dei miracoli fatti qui, sdraiato con un pennello che ti sgocciola in faccia.

Il cinema di fronte alla Sistina, il regista di fronte all'artista. Confronto davvero improprio, e impari. Ma qui, il cinema, nel suo piccolo, ha divulgato, e il suo contributo lo ha portato.

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