Se togliessimo la surreale architettura di Gaudì, la movida, le spiagge e la sangria, Barcellona non sarebbe più la città dei turisti 'low cost' di tutto il mondo. Rimarrebbe la periferia, dura ospite di tutto ciò che il centro luccicante rifiuta e relega all'isolamento. Qui, in un luogo devoto alla povertà, vive Uxbal, padre premuroso e uomo di grande fermezza, uno dei personaggi più profondi e complessi che Javier Bardem abbia interpretato negli ultimi anni (tanto da ricevere il premio come miglior attore al festival di Cannes). Il film che prende le briglia della sua tormentata esistenza, Biutiful di Alejandro Gonzalez Inarritu, invita lo spettatore all'attenzione di una piccola storia umana che, con la forza dirompente della lucidità (cifra stilistica dell'autore fin dall'incandescente Amores Perros), racconta il dramma esistenziale di un uomo vicino alla fine, malato di cancro, mal sostenuto dalla moglie e in rapporti difficili con i figlioletti. La 'tempesta' di anima e corpo è un compendio di quella burrascosa del mondo esterno. Guardarla in faccia, prenderla e gettarla via è il solo modo per sperare, laicamente, e senza appigli mistici, in un futuro dignitoso. Il lungometraggio di Inarritu veicola un messaggio eticamente ineccepibile; il pubblico coraggioso del weekend è invitato ad accoglierlo.

Amore e odio italiano
Alla sfida 'maschilista' lanciata qualche tempo fa da Maschi contro femmine risponde ora, con ardita sfacciataggine, la controparte in rosa. Fausto Brizzi resta in sella alla regia, mentre cambia cast e prospettiva. Femmine contro maschi è infatti la provocatoria rivincita delle donne (parziale, visto che la lotta di genere non sfodera mai vincitori né vinti) vista con gli occhi di chi porta la gonnella. L'irriverenza di Luciana Littizzetto (dissacrante nelle sue performance televisive come nel ruolo di Anna, alle prese con un marito smemorato) è in testa ad un gruppo di attrici affermate (Nancy Brilli, Francesca Inaudi, Paola Cortellesi, Serena Autieri e Wilma De Angelis) che, tra compagni insopportabili, figli o parenti serpenti, dovranno riuscire a non cadere. Dondolando tra una battuta caustica ai maschi irriconoscenti e uno sguardo dolce a chi accetta i difetti femminili con ironia e affetto, la commedia di Brizzi, ormai una sorta di marchio di fabbrica, prende di mira gli stereotipi sulle relazioni tra uomini e donne, per offrire un'ora e mezza di leggerezza.

Come fare amicizia con un gigante buono
Piccoli piccoli di statura, grandi e potenti di carattere, i lillipuziani sono un popolo sorprendente. Quando Gulliver naufraga sulla loro minuscola isoletta, si trova di fronte ad una schiera di ometti arrabbiati che non comprendono come un uomo così grande possa essere buono e generoso. Dopo aver fatto la loro conoscenza, stabiliti patti e ruoli, lo nominano protettore di Lilliput contro l'invasione dei nemici blefuschiani. Eroe immaginario di un mondo fantastico leggendario, il Gulliver contemporaneo prende le sembianze di Jack Black e diventa un giornalista a caccia di storie incredibili. Il risultato di questa trasformazione è la commedia I fantastici viaggi di Gulliver di Rob Letterman, prodotta dal team che ha realizzato il fortunato Una notte al museo di Shawn Levy. La verve comica di Jack Black, ormai mattatore di livello internazionale, smorza i toni drammatici del romanzo originale di Jonathan Swift e lo cambia, facendolo diventare una commedia spiritosa rivolta ad un pubblico variegato che, come condizione necessaria e sufficiente, deve avere tanta voglia di ridere.

La morte come rivoluzione esistenziale
Tom e Gerri, stavolta, non sono un gatto e un topolino. Geologo lui e psicologa lei, i due protagonisti sono una coppia adulta di genitori che vive con la preoccupazione per il figlio trentenne, con professione prestigiosa ormai rodata ma spossato dalla mancanza di una relazione sentimentale stabile. Amici sconclusionati si avvicinano di tanto in tanto alla casa di Tom e Gerri, fino a quando una morte improvvisa metterà sottosopra quelle abitudini per sempre. La trama, così intimista e spirituale, è il frutto del lavoro meticoloso di Mike Leigh che, dopo la parentesi più stralunata di La felicità porta fortuna – Happy Go Lucky, ritorna allo stile del cinema passato: Another Year rappresenta la ripresa di temi forti raccontati con lo spirito di un attento analista, indagatore indiscreto dei canali misteriosi dell'animo umano.