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Avatar, il nuovo Big Bang

... ma è solo un film.
di Pino Farinotti

Iperbole
Sam Worthington (Samuel Worthington) (48 anni) 2 agosto 1976, Godalming (Gran Bretagna) - Leone. Interpreta Jake Sully nel film di James Cameron Avatar.

lunedì 18 gennaio 2010 - Focus

Iperbole
Partiamo dall'iperbole degli incassi. Avatar è già primatista del mondo per velocità, 1 miliardo e 140mila dollari in poche settimane. E non c'è dubbio che batterà il record assoluto (1 miliardo 800mila) di Titanic, dello stesso Cameron. Anche da noi ha già battuto il primo record di incasso in un solo giorno. Una mia didascalia è quella riferita al rapporto successo di pubblico-qualità artistica: un capolavoro non è mai proiettato in una sala troppo piena. Nel caso Cameron tutto concorre all'iperbole dei dollari, uffici stampa, storia, marketing spontaneo. Un meccanismo sospetto, favorito dal target prevalente del cinema, i giovani eccetera, perfetto per accogliere il fenomeno Avatar. Un altro sortilegio si chiama "effetti speciali", un altro "digitale". Altre parole magiche per il botteghino. Sappiamo.

Logica
Dico dunque che l'iperbole ha una certa logica. Chi mi conosce sa che non sono un innamorato del fantasy, ma Avatar è decisamente un film importante, che va visto, che lascerà dei segnali. Nella sua recensione su MYmovies Giancarlo Zappoli scrive: "Ci vogliono registi capaci di osare, sapendo che tutte le storie sono già state narrate ma che alcune meritano di essere ribadite con tutta la forza della spettacolarità che è possibile mettere in campo". E' un'affermazione perfetta. Tutte le storie sono già state inventate così come tutti i codici dominanti, e non è stato il cinema a inventare e raccontare per primo. Il nodo è proprio questo: il pericolo che al cinema vengano attribuite paternità che appartengono ai maestri legislatori di altre epoche, quando... il cinema non c'era. Avatar contiene metafore infinite, ispirazioni radicali, dolori e sentimenti naturali, antropologici. Il cinema arriva buon ultimo nella scoperta, ma diventa importante nella rappresentazione. Il regista, nello sforzo, nella creatività, nell'estetica, insomma nel "cinema", si è portato molto avanti, ha davvero evoluto, se non trovato, una frontiera. Fantasy, davvero fantasy, nobile fantasy, se non arte nobile. Il tema è antico, espresso dal pianeta Pandora : l'umano civile che si ritrova in un mondo primordiale e naturale e si integra coi "primordiali/naturali", ritrovando la prima mistica, magari incoraggiato dall'amore. L'enfatizzazione del film, avallata anche dai numeri, ci sta. E' un titolo che i libri certo riporteranno. Il nodo è un altro, che esprimo così: sempre di film trattasi. Riprendo il concetto di Zappoli. "Tutto è già stato inventato e raccontato". Parto da alcuni richiami del cinema che sono espliciti, dico, fra gli altri, Guerre stellari, naturalmente Aliens e Terminator (2), queste ultime autocitazioni. E poi Balla coi lupi, col bianco Costner che a contatto col popolo rosso si integra diventandone alleato contro la propria gente. E' esattamente lo stesso percorso dell'Avatar. Il film diretto da Costner è di pura derivazione cinematografica, lo sceneggiatore è Michael Blake. Intendo dire che alla base non c'è un romanzo, un testo nobile. Balla coi lupi si è riferito a un tema, a un codice fondamentale, ancestrale, l'Eden. Il pianeta Pandora cos'è se non una proposta di Eden? Il codice, quel primario bisogno umano, sappiamo da dove derivi, dai primi tempi, dalle prime scritture dell'umanità, orientali, mediorientali, cristiane, che siano.

Grandi chiavi
Maestri-legislatori: non sono molte quelle grandi chiavi. L'eroe, l'avventura e il ritorno (Omero); l'al di là (Alighieri); il grande amore ("Romeo e Giulietta", Shakespeare); passioni estreme (i tragici greci); "Cenerentola", il mito dell'emancipazione; Freud, senza il quale gran parte della letteratura e del cinema (Hitchcock per esempio) non esisterebbe. L'Eden è il primo sentimento, la prima idea e il primo desiderio. E' nostro, non si lascia rimuovere. Un'eco importante, letteraria, di minore mitologia certo, sull'uomo che si integra e si ribella alla propria civiltà arriva da "1984" di Orwell. Il protagonista Winston Smith che dovrebbe spiare il popolo, essere delatore di comportamenti avversi al regime, diventa invece parte del popolo e si ribella al regime. Un'altra rappresentazione perfetta, che fa testo, arriva da Egdar Rice Burroughs, l'inventore di Tarzan, l'uomo scimmia che preferisce rapportarsi con la foresta e gli animali, piuttosto che con la cosiddetta civiltà. Questi nomi, e questi esempi non sono una partenza enfatica, ma un'ispirazione che Avatar raccoglie secondo le regole più avanzate del cinema. Arrivo a dire che in chiave estetica di immagine e di racconto, forse nessuno ha mai rappresentato con tanta "meraviglia" il rapporto fra umano e natura.

Mistiche
Ci sono due episodi di suggestione altissima. Uno è l'albero della vita, una pianta immensa, bianca, che contiene tutte le mistiche, detentore dell'energia presente e custode di tutte le anime precedenti. Gli Avatar l'adorano. L'albero della vita non è un precedente. Fa parte dello spirito e della figurazione già conosciute. C'è anche una memoria di cinema, in Pocahontas di Disney, nella figura di Nonna Salice che identifica il senso panico nella vita dei nativi. Credo di poter dire che Cameron-degli-effetti-speciali avesse ben presente Disney. L'Avatar ha una lunga treccia dietro la nuca, anche gli animali e gli alberi hanno un organo simile. L'Avatar deve domare quello che sarà il suo mezzo di trasporto, una sorta di cavallo volante. Le estremità della treccia si inseriscono l'una nell'altra. Il primitivo trasmette la propria genetica all'animale, i due da quel momento sono simbiotici, apparterranno per sempre l'uno all'altro. Il rapporto vale anche con le piante, la natura umana e quella vegetale unite da un rapporto di sensualità, quasi di sessualità. Questo artificio-incantesimo credo proprio che appartenga alla creatività del regista, che si firma come unico autore della sceneggiatura.

Esercizio
C'è anche un esercizio previsto, direi fisiologico visto l'abnorme successo: il plagio. Ci sarebbero due fratelli scrittori russi, Arkady e Boris Strugatsky che hanno firmato libri di fantascienza che anticipavano alcuni personaggi di Cameron. C'è anche un film di animazione Delgo e il destino del mondo, di Adler-Maurer, con dei rimandi estetici ad Avatar. Infine, il romanzo americano del '57 di Paul Anderson, "Call me Joe", che racconta di un umano che raggiunge un pianeta popolato da alieni cercando di integrarsi. Come detto all'inizio tutte le storie sono state raccontate. Gli alieni del cinema possono anche avere dei punti in comune. Non è un "sospetto" del genere che può inficiare l'opera di Cameron.

C maiuscola
Poi c'è la Cultura (c maiuscola). Avatar è stato analizzato da tutta l'intelligenza. C'è chi ha ricordato le macchie di Rorschac, quelle forme di inchiostro che trasmettono ad ogni singolo individuo un significato personale. David Brooks, firma prestigiosa del New York Times, ha tirato in ballo la storia del buon selvaggio che si rapporta con l'uomo bianco, civilmente superiore. Qualcuno ha anche evocato la vicenda di Hiroshima, che starebbe per diventare un film, dunque l'attitudine del cinema americano di attaccare il proprio paese. Lo scrittore cinese Han Han ha rapportato il film con la situazione dei cinesi sfrattati delle vecchie case che faranno posto a palazzi di lusso. Il filosofo francese Philippe Corcuff, ha dichiarato che "... L'ecologia radicale chiama il conflitto contro le forze dominanti." Il Vaticano proprio non ama Avatar: "la natura non è più la creazione da difendere, ma la divinità da adorare." Ho detto Cultura. E' questo il grande errore. Ribadisco che di film trattasi. Comanda il digitale intorno al quale l'autore ha applicato "le idee già pensate e le storie già raccontate". Il cinema non deve essere il nuovo punto fermo culturale. Non ne ha la profondità e la natura. C'è sempre un'intelligenza che è arrivata prima di lui. Sociologi, scrittori, filosofi, Vaticano... troppo onore, la cultura ha il diritto del risentimento. Avatar si pone come una sorta di Nuovo Concilio, non di Trento (quando si dovette gestire il protestantesimo) ma Hollywoodiano. Il film sarebbe il nuovo Big Bang. Intenderebbe essere posizionato al centro del sistema copernicano della dottrina.

Esempio
Avatar è un magnifico film ma può far danno, diventare un esempio troppo visto, troppo pronunciato, troppo dibattuto, troppo invasivo. Sovradimensionato.
Negli stessi giorni sono usciti "Invisibili", di Paul Auster, e "I ragazzi di Charleston", di Pat Conroy. Intelligenze fra le più fini e avanzate della letteratura americana. In seguito, magari diventeranno film, e i film non riusciranno comunque a rappresentare in tutta la profondità quei contenuti. Intorno ai due titoli non c'è stato un milionesimo del movimento di Avatar. Sono solo libri, come l'Odissea e la Divina Commedia.

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