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Heath Ledger: il destino di un attore (e di un autore)

Presentati a Roma i video(clip) inediti di Heath Ledger, attore solido e compatto che preparava a Los Angeles il suo esordio d'autore.
di Marzia Gandolfi

Il segreto di un attore modello
Heath Ledger (Heath Andrew Ledger) 4 aprile 1979, Perth (Australia) - 22 Gennaio 2008, New York City (New York - USA). Interpreta Tony nel film di Terry Gilliam Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo.

sabato 17 ottobre 2009 - Celebrities

Il segreto di un attore modello
Aveva una magnifica ossessione Heath Ledger, rivelato e rivelata ieri a Roma dentro una sala e uno schermo "extraordinario". Attore giovane e preparato sognava di diventare regista e sarebbe stata, anche in questo caso, una benedizione. Finanziava un collettivo artistico di Los Angeles e contemporaneamente scriveva e girava videoclip musicali, ne ha diretti sei con tecniche svariate, immaginando, come Parnassus, un cinema per "ingannare" e incantare il mondo. Il regista Matt Amato e la produttrice Sara Cline, ambasciatori dei The Masses a Roma, hanno consegnato idealmente e materialmente al pubblico romano il cuore e il materiale inedito di Heath Ledger, quattro videoclip e un corto animato, King Rat, blasonato addirittura dalla Peta, un'organizzazione no-profit a sostegno dei diritti degli animali. Da Ben Harper a Nick Drake, dal rapper N'Fa ai Modest Mode, dall'astratto all'animazione, l'attore australiano cercava e sperimentava una, cento, mille forme per trasformare le note in immagini, giocando sui due versanti della propria attività e mettendo culturalmente regista e attore su un piano di parità. Regalando uno spazio e una speranza ai The Masses e ai loro progetti poco commerciali e molto artistici, Heath Ledger dimostrò la volontà di misurarsi con artisti altrettanto giovani, entrando con umiltà nel loro modo di concepire la professione, studiando, comprendendo e applicandosi. L'amicizia vera, poi, la stringeva nel privato, come con Matt Amato o con Johnny Depp, con Jude Law o Terry Gilliam, ma c'era comunque un grado di implicita intimità nel modo in cui Ledger approcciava i suoi colleghi, che ne faceva tutti dei potenziali amici. E questo è un punto importante: si respira nella sua filmografia e nell'esclusiva bottega artistica di L.A. un'aria di famiglia, quel senso ormai perduto di un'amplissima squadra di persone accomunate dall'amore per il proprio lavoro e dalla concezione che un film non sia solo un'esperienza tecnica e un'impresa finanziaria ma anche e soprattutto un incontro umano di talenti e attitudini. Scrivendo un biopic del cantante Nick Drake e adattando per lo schermo il romanzo di Walter Travis, "La regina degli scacchi", Heath Ledger ha dimostrato che il suo laboratorio è un luogo in cui si confeziona uno spettacolo di immagini e (soprattutto) di persone.

Io (non) sono qui
Sono almeno dieci le cose che amavamo di Heath Ledger. La morbidezza dello sguardo, la gentilezza del gesto, il sorriso aperto, la natura (in)quieta, il volto levigato, la smorfia (già) celebre e quella bellezza profondamente terrena che sembrava già sciupata a 28 anni. Nemesi anarchica di Batman, cowboy innamorato, Casanova solare, incantevole fratello Grimm, Dylan fashion e mondano, avventore dell'inconscio, gli bastava un passaggio in schermo per stravolgere le regole dell'attrazione. Se qualche ruolo minore e la militanza nei teen movie (Dieci cose che odio di te) rischiarono di ancorarlo nel mare dei ragazzi carini senza futuro degli anni Novanta, l'incontro con Ang Lee lo trasformò in Ennis Del Mar, corpo generoso in grado di contenere tutto e di consumare tutto l'amore, quello legittimo e quello proibito. All'ombra di Brokeback Mountain fu padre, marito e amante ricambiato e perduto. Toccato dalla bellezza di Jack Twist pianse una perfetta lacrima e inaugurò l'estremo eroe romantico, l'outsider in morsina viola o in abito bianco, in jeans o in costume veneziano. Agito dal tocco dionisiaco, Heath Ledger, conquistava e seduceva a passo di danza, sibilando lo slurp! onomatopeico del Joker dei fumetti o declamando sonetti licenziosi sui canali. Gli competeva la leggerezza del segno e una ridente vocazione alla morte, che mise in scena una, due e tre volte. Ledger come un illusionista ci ha offerto a Roma l'ultimo prodigio, l'oggetto del suo estremo desiderio: il cinema. Quello da fare e quello da recitare, quello che mentre gli "mangiava la vita" lo sottraeva all'azione del tempo.

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