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Cinema e tv, tutto diventa politica

Da Obama alla Fidanzata di papà, dal Grande Fratello a Brokeback Mountain.
di Pino Farinotti

Politica e cinema

lunedì 15 dicembre 2008 - Focus

Politica e cinema
Il 26 settembre del 1960 i candidati John Kennedy, democratico, e Richard Nixon repubblicano, si affrontarono in un duello televisivo negli studi della Cbs di Chicago.
Prevalse Kennedy, che si propose al popolo americano come l'uomo nuovo, con programmi e ideali ecumenici e diversi. Nixon invece apparve come un normale politico che voleva prevalere sul "novellino", elegante e privilegiato antagonista. Ma valse anche l'immagine, e Kennedy lo capì e la curò e si pose non solo come giovane, prestante e affascinante ma... con la barba appena fatta. Quel duello avrebbe cambiato la comunicazione, e la politica. Soprattutto avrebbe eletto una nuova padrona della comunicazione e della politica, la televisione, appunto. Prima c'era stato il cinema, la cui efficacia era stata colta dai politici fin dall'inizio. Soprattutto i dittatori, Hitler, Mussolini, Stalin, intesero quel mezzo come propaganda irresistibile. E accadde il paradosso di titoli come il Potemkin e Olympia, apologetici di abbagli devastanti come il nazismo e il comunismo, tuttavia capolavori assoluti. E anche nella democraticissima America del 1915, dell'illuminato presidente Woodrow Wilson, il grande maestro Griffith diresse un'altra opera dominante, La nascita di una nazione, che esaltava il Ku Klux Klan. Come a dire che il cinema intende vivere di pura autonomia e non vuole essere applicato a nulla salvo che a se stesso. E, soprattutto, quando si tratta di temi tanto seri, non va preso troppo sul serio.

Il fenomeno Isola
Politica-cinema-televisione. È di questi giorni una esemplare rappresentazione di questo circolo frastornante e di questa globalizzazione triste. Una giostra su cui sono saliti Ventura e Santoro, Luxuria, il polittico eroe dell'Isola dei famosi Belen-Rossano-Ivana-Borriello e sulla quale hanno fatto salire persino Obama. Succede che nel film La fidanzata di papà nasca un bimbo nero a una ragazza bianca. Si scopre che una generazione prima Simona Ventura aveva avuto una storia con un nero diventato poi infinitamente importante, Obama. Si instaura un gioco alla Ronde di Ophuls, dove i personaggi si rapportano l'un l'altro in un circolo che si conclude dov'è cominciato. Dunque dalla Ventura a Obama, da Simona all'Isola dei famosi, a Luxuria, già deputato/a e vincitore/trice dell'Isola dei famosi, delatore/trice di bacio galeotto fra bel Rossano, marito di miliardaria vecchia ma attratto da modella giovane Belen fidanzata di calciatore anche lui bello Borriello. La tradita vecchia Ivana rompe matrimonio e tradito giovane e bello Borriello non segna più. E Luxuria trionfa e si pone portatrice/tore di novità e di cultura in Isola dei famosi, programma notoriamente di pensiero debole. Succede che Luxuria, neosimulacro della sinistra diversa e vincente (in tivù) venga ospitata/to da Santoro titolare di programma di pensiero intelligente, approdando nel paese (televisivo) della qualità, il paese che ospita i Floris, le Dandini, i Fazio, le Gruber, i Lerner e che ti legittima in alto. Sarebbe un paese dal clima opposto a quello dell'Isola, ma Luxuria, da bravo modello ibrido, ha omologato culture e utenze. La Ventura, che volle Vladimir nel mare dell' Honduras, a sua volta in automatico legittimata in alto, si dichiara onorata da Luxuria e da Santoro: "Neppure nei sogni avrei pensato di interessare Santoro." Così fra Boldi, Obama e l'Isola, la Ventura diventa "politica", accolta come, momentaneo, modello di sinistra. E l'ex deputata/to di Rifondazione si pone come eroe/ina generale di cultura e comunicazione, un riciclo meno nobile del precedente status, ma potente e divertente. E, forte dei due status, Luxuria si è ritagliato/ta una sorta di franchigia-quasi-immunità. Non è criticabile, è solo "approvabile". Se non sei con lei/lui non sei progressista, sei leghista, moralista, cattomoralista, non accetti i diversi, non accetti che il diverso sia migliore di te. Insomma sei sorpassato. Sei ignorante. E qui vorrei estendere alla televisione il concetto espresso sopra riferito al cinema: non va presa troppo sul serio. Del resto gli utenti hanno mostrato, per lo più, di aderirvi: il piccolo e il grande schermo sono una cosa, la politica e la cabina elettorale, un'altra.

Brokeback Mountain
Ancora cinema e ancora politica nella decisione della Rai di tagliare le sequenze "spinte" di Brokeback Mountain, il film pluripremiato (Leone d'oro, Oscar importanti e Golden Globe) di Ang Lee. È la storia, conosciuta, di due cow boys omosessuali. La copia è stata trasmessa senza una scena di sesso e una di bacio appassionato. Si sono indignate le associazioni gay ed è montato il caso mediatico e politico. Un film come strumento politico è naturale. Ma è innaturale la censura. Un assunto che ho ribadito anche recentemente con Albakiara e Un gioco da ragazze, storie di peggio gioventù, pessime, da zero stelle. La censura è peggiore del film peggiore. Mentre Brokeback possiede qualità, al di là del contenuto che può non piacere. Quando uscì, nel 2005 ebbe da parte mia, sul "Farinotti", un giudizio alto, 3 stelle. Una vasta corrente lo santificò. Qualcuno scrisse che si trattava della più bella storia d'amore in assoluto, non solo gay. Non è vero. La storia più bella è quella narrata ne L'amore è una cosa meravigliosa, con William Holden e Jennifer Jones, un uomo e una donna.

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