Un film benemerito che esce dagli schemi scontati di una certa corrente del cinema italiano che, per fortuna, sta per essere sorpassata. Ora su TIMVISION.
Il premio, di e con Alessandro Gassman, è un film benemerito, soprattutto per una ragione, esce dagli schemi scontati, magari poveri, da piccolo giardino di casa, certo esausti, di una certa corrente del cinema italiano che, per fortuna, sta per essere sorpassata.
Il protagonista non è il cosiddetto italiano medio con il suo quotidiano banale tradotto in grottesco perché occorre, in qualche modo, far ridere. Il protagonista è un italiano, Giovanni Passamonte (Proietti), che ha vinto il premio Nobel, nientemeno. Ha paura di volare dunque raggiungerà Stoccolma in macchina, accompagnato dal figlio Oreste (Gassman) con la sorellastra Lucrezia (Foglietta), e dall’assistente Rinaldo (Papaleo).
Il “distacco” italiano sta, con una metafora forte, negli scenari attraversati, che sono Austria, Germania, Danimarca, prima di arrivare in Svezia. Con tutti gli incontri “etnici” relativi, perché Giovanni è stato uomo di mondo. Il road movie ti permette un’esplorazione lunga e profonda, un confronto con te stesso veloce e magari imbarazzante se non impietoso. Uno sguardo esterno verso le tante persone conosciute e momenti vissuti, e la famiglia lì a portata di mano che non è mai praticamente esistita.
La mia (de)formazione professionale mi rimanda a un viaggio simile, quello del professor Borg del Il posto delle fragole, che deve raggiungere Lund per ritirare un prestigioso premio. Ad accompagnarlo non è il figlio, col quale ha rapporti difficili, ma la nuora, che farà da mediatrice. Non so se Gassman ci avrà pensato, ma certo non me ne vorrà per la citazione di uno dei maggiori capolavori del cinema del mondo. Evocando i rapporti padre-figlio, il contrappasso è più che naturale. Alessandro ha vissuto accanto a un genitore certo non semplice, talmente grande da schiacciarti se non stai attento.
Ed è proprio Gassman figlio a raccontare: “Chi ha l’occasione di nascere genio, come lo scrittore interpretato da Gigi Proietti, può rischiare di essere trascinato lontano da quelle che sono le cose che ha più vicino, proprio perché trainato da questo talento meraviglioso che gli fa fare cose eccezionali. Gigi si mette gli occhiali, vede meglio le persone che gli stanno vicino e si accorge che forse poteva dedicargli un po’ più di tempo.” Mi sembra proprio che Alessandro parli del protagonista e anche del papà. E poi racconta dei viaggi, quelli veri, con Vittorio: “Abbiamo fatto tanti viaggi, lui guidava male e aveva sempre macchine veloci, Porsche, Maserati, viaggiava in silenzio, non parlava tanto nella vita. Ma se mi diceva qualcosa, o mi faceva una critica, era perentorio e mi serviva per ricordarmene. Col film non chiuderò i conti con mio padre, spero di non chiuderli mai”.