Birdman |
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Un film di Alejandro G. Iñárritu.
Con Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough.
continua»
Titolo originale Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance).
Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 119 min.
- USA 2014.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 5 febbraio 2015.
MYMONETRO
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Quando l'intelletto cede di nuovo alla fantasia
di fsromaitFeedback: 1053 | altri commenti e recensioni di fsromait |
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sabato 7 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Consapevolmente superba rappresentazione filmica, in quel di una Broadway vissuta in tempo reale, descritta al presente come la miglior contemporaneità spesso impone, pressoché ininterrotto assolo di talvolta asfissianti piani-sequenza (riecheggianti Hitchcock) solo saltuariamente pausati da rare ossigenanti dissolvenze, Iñárritu definisce e realizza un ininterrotto flusso di coscienza attorno alla dialettica intellettualismo/fantasia, propendendo infine decisamente per la seconda. Tra una giovane e piacente figlia, ex-tossica e inclinante al precipizio, un creativo e intuitivo attore tormentato da pensieri d’impotenza, un amico produttore/agente sufficientemente imbelle e incapace, una critica teatrale inclemente fino alla crudeltà e prossima all’odio personale, un corollario di personaggi, moglie ed ex o attuali papabili fiamme inclini ad amori alternativi, il protagonista, a cui dà volto corpo e anima un rinnovato Michael Keaton (già Batman di Tim Burton), nella fiction ex stella di Hollywood ovvero già nei panni di un grottesco tuttavia verosimile super-eroe Uomo-Uccello, ormai affermato divo che però non assurge all’Olimpo artistico, si dibatte tra gli opposti aneliti a un ritenuto plausibile successo teatrale (che lo immortalerebbe nell’alveo dell’eternità artistica e non solo popolare) improntato sulle intellettualistiche divagazioni attorno all’amore, e un richiamo verso i suoi passati trascorsi fulgori di BirdMan appunto. È quest’ultimo, che in una sorta di dapprima silente poi sempre più consapevole schizofrenia, lo tormenta con dialoghi interiori assillanti e devastanti. L’evolversi della vicenda, emblematicamente, propenderà per la scelta della fantasia, malgrado il paradossale e significativo epilogo, in cui i ruoli, paradossalmente, si ribalteranno. Il finale aperto, come meglio non potrebbe essere, lascia allo spettatore la necessaria scelta. Ma, al di là di tutto ciò, appare necessario sottolineare il linguaggio incalzante e seccamente ricco di Inarritu, lo stile avvincente, come già espresso in altre sue opere, ad esempio il sontuoso Babel, prestigioso poligono di storie intersecantesi in tre angoli planetari. Progenitori prestigiosi, incrociati echi, si colgono nei decenni precedenti per quest’opera di Inarritu a cui forse manca un equilibrio semantico maggiore (ma ciò è libera scelta poetica). Un padre, di Birdman, è da ritrovarsi nell’antico All that Jazz di Bob Fosse, dove Roy Scheider preannunciava il volto perplesso, ma certamente meno angosciato, che qui mostra Michael Keaton; uno zio si ritrova nel Barton Fink è successo a Hollywood, dei fratelli Cohen, in cui il percorso del protagonista, uno stralunato quanto straordinario John Turturro, era l’opposto, ovvero da Broadway a Hollywood. Ma altri nessi si ritrovano nei padri/fratelli quali Effetto notte di Truffaut, Stardust memories di Woody Allen, il nostrano Sogni d’oro di Nanni Moretti, fino a giungere al “nonno”, a sua volta padre di tutti questi nonché, indirettamente, dell’attuale: il felliniano Otto e mezzo, in cui anche lì, un grillo parlante critico viene infine messo fuori gioco dalla scelta ultima del protagonista di girare il suo film (in effetti scelta isomorfa del recente Jap Gambardella della Grande Bellezza di Sorrentino). Ciò a rivendicare, oggi come ieri, a torto o a ragione, il primato dell’istinto e della immaginazione, della genuina fantasia, su ogni preordinata, precostituita e calcolatrice forma di intellettualismo, o pseudo tale.
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