Al regista cui piace viaggiare per spazio e tempo si pone il problema poetico di far delle meraviglie che va scoprendo un cosmo coerente, dove una storia possa avere il suo verisimile principio, il suo mezzo e il suo fine.
Tutti sapevano ancor prima di vederlo, che non sarebbe stato l' intreccio di Avatar a catturare l' attenzione, ma il fascino di un pianeta da scoprire, che per tre ore si potessero immaginare esistesse davvero. Non si tratta solo di descrivere usi e costumi di una comunità immaginata, ma di infingerne su lo schermo la vita. Non dimentichi lo spettatore distratto, che forse in questo momento sta visitando il sito internet dove, come in una dettagliata grammatica scolastica, t' insegnano la lingua Na'vi; che Neytiri e il suo popolo contano solo su le capacità di sceneggiatore e regista di James Cameron per vivere la loro esistenza di tre ore.
A quanto pare gl' inseguimenti per la foresta, gli scontri a fuoco, le cavallerie sfrenate, le battaglie volanti hanno distratto Cameron dalla regia, impegnato com' era con il motion capture. Mentre tutto il complesso della base umana su Pandora resta inesplorato dalla cinepresa, la prima volta che capiti nella foresta ti tocca seguire la fuga di Jake da un pandoriano felino assetato di sangue, tutto preso dall' uso patetico del rallentato come l' abbiamo visto in decine di Rambo. In effetti le secolari sequenze della battaglia volante e dello scontro finale tra il Colonnello Miles Quaritch e Jake Sully prendono troppo tempo perché l' ascesa di Jake da orso pasticcione a miglior cacciatore della tribù occupi più che un montage.
La trama nei suoi nodi principali ricorda quella di Dune, senza che la pellicola del nostro condivida con quella di Lynch l' allusività dei dialoghi e la pregnanza delle scenografie. Quello dell' eroe straniero che rinnega la sua patria e sposa la causa degli avversari è tuttavia un mito strausato, dal Western al Peplum all' animazione.
Le motivazioni degl' invasori umani sono affidate a un dialogo che, lunge dal movimentarsi in senso drammatico, sembra un bollettino del meteo. Allo stesso modo è spiegata l' essenza geo-fisica di Pandora, e così l' unica idea interessante del film viene costretta nel battibecco da cortile tra la geologa Grace Augustine e Parker Selfridge, il dirigente della missione.
L' impressione è quella di uno stupefacente spettacolo da Luna Park, roba in cui Cameron s' era già cimentato nel 1996 con T2 3D: Battle Across Time. Sono una interessante opera di creazione flora e fauna di Pandora, costruite con una meravigliosa mistione di elementi animali e vegetali, acquatici e terrestri. Certo non bastano quelle medusette che sembrano sbatterti addosso a far memorabile la pellicola, né il 3D redime il moralismo spicciolo dalla sua profondità da aperitivo in piazza.
Sembra che il mondo cinematografico sia incappato in un equivoco: non riesce più a distinguere un giostraio da un regista. Fioccheranno gl' Oscar, e chissà che assieme alle centinaia di milioni di dollari sazino il più ghiotto cineasta della storia del cinema.
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