«Ex esperto fonico, passa alla regia con Tombés du ciel nel 1994»: così inizia la scheda biografica ufficiale di Philippe Lioret, segue un nudo elenco di titoli senza commenti. Per saperne di più lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare la sua storia. Nato a Parigi nel 1955, Philippe entra nel cinema attraverso la porta del "sonoro". «Scrivevo dei racconti - ricorda - mi hanno proposto di fare uno "stage" su un film, settore sonoro, mi sono trovato talmente a mio agio sul set che ho deciso di interrompere gli studi: avevo trovato la mia professione. Un fonico mi chiese di fargli da assistente, accettai, e dopo varie esperienze mi sono ritrovato esperto fonico. Ho lavorato con vari registi, tra cui Robert Altman (Beyond therapy, Fool for love), all'epoca (quindici anni fa) era venuto a lavorare in Francia, ma soprattutto con Michel Deville, cui sono molto affezionato. Intanto continuavo a scrivere dei racconti, dei piccoli soggetti».
Ma il soggetto del suo primo film (Tombés du ciel, 1993) gli viene suggerito da un fatto di vita. Un giorno all'aeroporto mi sono imbattuto in una strana storia: all'aeroporto parigino di Roissy arriva un giorno dall'America un iraniano, Alfred Miran; è senza passaporto, glielo hanno rubato a Montreal mentre aspettava di imbarcarsi; è domenica, a Roissy gli dicono che deve aspettare l'indomani per gli accertamenti; Alfred passa la notte su una panca alla Dogana, e scopre che in questo locale, una sorta di purgatorio, vive un drappello di irregolari in attesa di riavere un documento d'identità; in quei due giorni ha occasione di fare un'esperienza davvero istruttiva, un soggetto ideale per un film. Nel ruolo del protagonista avrei voluto Mastroianni, ma era già malato, e ho scelto Jean Rochefort. Il film è stato bene accolto a San Sebastian, ma non ha avuto una buona distribuzione. Anni dopo, Spielberg si è innamorato di quella storia, e senza informarsi per sapere se qualcuno non se ne fosse già occupato, ne ha comprato i diritti per trentamila dollari e ci ha fatto un film (Terminal). Irritazione a parte, mi ha fatto piacere in fondo il fatto che la mia prima idea di film sia stata l'ultima di Spielberg!»
Tre anni dopo, Philippe gira Tenue correcte exigée (1997) con Jacques Gamblin, Zabou, Elsa Zylberstein, una commedia alla Klapish (marito abbandonato diventato clochard cerca di ricuperare moglie risposata a un ricco americano). È il regista stesso a citare Klapish: «Non mi piace la commedia triviale alla francese, preferisco la commedia di situazione alla Billy Wilder. Mi sono molto divertito a filmare Tenue correcte exigée; questa commedia delirante con tanti personaggi è diventata popolare grazie alla Tv». Questo secondo film (c'è anche una canzone di Paolo Conte) ottiene un buon successo.
Mademoiselle (2000) impone definitivamente il nome del regista. Sandrine Bonnaire è prodigiosa, solare, nel ruolo di Claire, una donna sposata che vive un torrido "Breve incontro" con un attore-improvvisatore un po' lunare (Jacques Gamblin). Una commedia malinconica sottile e delicata, piena di charme, «alla Sautet» vien fatto di dire. Il parallelo con il grande regista di Les choses de la vie piace molto a Lioret, che lo considera un modello più ancora di Truffaut. «Preferisco nettamente Claude Sautet, perché non si mette mai in avanti, come fa invece Truffaut che proveniva dalla critica; adoro la finezza, la generosità, il pudore di Sautet».
Con L'équipier (2004-5) Lioret compie un ulteriore passo avanti; cambiando di nuovo genere, dimostra un notevole coraggio (chi andrà mai a veder un film di guardiani di un faro sperduto all'estremità della Bretagna?) Con un rigore e un'emozione encomiabili il regista filma il dramma di due rudi marinai, fraternamente uniti dall'amicizia ma separati dall'amore comune per una donna. In un coro di interpreti eccellenti, Philippe Torreton (ricordate Capitaine Conan?) e Sandrine Bonnaire danno una nuova prova del loro immenso talento... La musica di Nicola Piovani esalta le stupende immagini semidocumentarie di questo superbo melò che non sfigura nemmeno davanti a un capolavoro anni Quaranta come Remorques di Grémillon. (A proposito, l'isola di Ouessant era la mitica meta del viaggio auspicato dal protagonista di Conte d'été di Rohmer. Curiosa coincidenza.)
L'équipier viene incoronato dalla giuria fiorentina di France Cinéma. Il suo nuovo film (Je vais bien t'en fais pas, 2006) conferma lo stato di grazia che sta attraversando il regista: un soggetto decisamente originale (la brutale sparizione di un fratello gemello), una tensione tutta interiore, una forza d'emozione degna del miglior Sautet. Lioret è davvero uno degli autori più interessanti del cinema francese contemporaneo.
Da France Cinema 06