Poeta, romanziere, giornalista e critico cinematografico, rifugiatosi in Svizzera durante la guerra, iniziò ad occuparsi di critica cinematografica, pubblicando i suoi articoli su Libera Stampa. Tornato in Italia, nei primi anni del dopoguerra continuò il suo lavoro sulle pagine de L'Unità, finché nel 1951 si trasferì in Brasile, dando inizio ad una nuova attività di soggettista e sceneggiatore, in cui riportò significativi successi. Infatti, uno dei suoi film, Sinha Moça, la dea bianca, che affrontava i problemi della schiavitù e della vita nelle piantagioni di caffè, girato nel 1954 con la regia di Tom Payne, ottenne il Leone di bronzo alla Mostra di Venezia. Tornato in Italia nel 1954, si stabilì a Roma, dove continuò la sua attività di sceneggiatore fino alla prima metà degli anni Settanta. Tra i suoi molti lavori, che sviluppano temi di grande impegno, lontani da schemi comuni, spesso in collaborazione con registi di valore, come Antonio Pietrangeli, Vittorio De Seta, Dino e Nelo Risi, meritano di essere ricordati il soggetto di Uma pulga na balança, diretto nel 1953 da Luciano Salce, realizzato in Brasile, e la sceneggiatura di Un uomo a metà (1966, regia di Vittorio De Seta); degni di nota anche Andremo in città, diretto nel 1966 da Nelo Risi, e Diario di una schizofrenica diretto nel 1968-1969 dallo stesso regista. Nel primo, Risi analizzò con sofferta profondità il rapporto fra realtà e sogno, attraverso il personaggio di una giovane ebrea, che, prigioniera in un campo di concentramento insieme al fratellino cieco, descrive al bambino una realtà opposta a quella, orrida, che li circonda; nel secondo, si sviluppa un profondo studio sulle deviazioni della psiche umana, attraverso la vicenda di una psichiatra che tenta di far uscire dal suo mondo di follia una ragazza malata. Nel 1958, Carpi, che è anche un ottimo scrittore, ha pubblicato, fra l'altro, un interessante libro sul neorealismo, Cinema italiano del dopoguerra (Milano). Nel 1968 ha esordito come regista televisivo, realizzando il cortometraggio Parliamo tanto di me, che descrive un incontro con lo scrittore, sceneggiatore e soggettista Cesare Zavattini, scomparso nel 1989.