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See What's Next: a Berlino l'Europa di Netflix

Sguardo glocal e attenzione al divario di genere: Netflix presenta la sua strategia nel vecchio continente. Con interessanti sorprese e molte curiosità.
di Ilaria Ravarino

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Ana Fernandez . Interpreta Carlota nel film di Carlos Sedes Le Ragazze del Centralino.
giovedì 2 marzo 2017 - Netflix

"Quando una storia è buona - ripete da sempre come un mantra Ted Sarandos, responsabile dei contenuti di Netflix - sa risuonare allo stesso modo nei cuori degli spettatori di tutto il mondo". Il che significa: quando una serie funziona, nessuna barriera (geografica, di genere o psicologica) può impedirle di generare hype. Scontato? Non proprio. Perché la strategia di Netflix nel vecchio continente potrebbe avere interessanti ripercussioni sul mercato parcellizzato, e ancora fortemente provinciale, dell'audiovisivo europeo.

Dal 2012 a oggi il colosso dello streaming statunitense ha speso per produrre e coprodurre in Europa 1,75 miliardi di dollari, sostenendo più di 90 progetti "il cui pubblico - ha specificato il Ceo Reed Hastings ieri, durante il panel europeo di Netflix a Berlino - è composto per due terzi da persone che vivono fuori dall'Europa".
Ilaria Ravarino

Bene: se mai il vecchio continente ha avuto una possibilità di costruire uno star system in grado di competere con quello americano, quell'occasione sta arrivando adesso, con la globalizzazione del mercato spinta dalla retevisione di Netflix. Gli attori europei possono contare così oggi su un impressionante bacino di 93 milioni di iscritti alla piattaforma, in più di 190 paesi del mondo (i prossimi in arrivo, annunciati a Berlino: Grecia e Romania), che giudicheranno le loro performance sulla base di prodotti pensati per il mercato glocal.


Filippo Nigro in una foto di Suburra - La serie.
Una scena della serie spagnola Las Chicas del Cable.
Una scena della serie britannica The Crown.

Non solo. Le serie originali europee di Netflix sono profondamente radicate nel backstage culturale del paese che le produce: basti pensare alla british The Crown, più volte citata durante l'incontro di Berlino come serie "campione" della politica europeista di Netflix, ma anche alle nuove Suburra di Michele Placido, romanissima storia di corruzione e intrighi mafia/stato/chiesa, o a Dark, thriller tedesco ambientato a Berlino con una storia che affonda nel passato non proprio limpido di quattro famiglie.

Eppure, allo stesso tempo, la mediazione di un attore esterno alla realtà del paese mette gli autori europei in una condizione quasi del tutto inedita: quella di poter sfidare liberamente contraddizioni, stereotipi e pregiudizi del mercato, senza censure imposte dalle reti o autocensure preventive.
Ilaria Ravarino

"Avete avuto problemi a girare in Italia un film sulla mafia e sulla corruzione?", ha chiesto candidamente un giornalista durante il panel di Suburra. E ancora: "Sarà una serie per adulti? Ci saranno filtri nel raccontare la realtà femminile?", si interrogava un cronista dopo la presentazione del primo trailer de Las Chicas del Cable, prima serie spagnola di Netflix sulla storia di un gruppo di telefoniste nella Madrid anni '20. Una serie in costume, e dunque economicamente onerosa, su cui Netflix ha scommesso prima ancora della messa in onda, mandando già in produzione la seconda serie.

Idealmente stanziata nel cuore dell'Europa, con Berlino a fare da città ponte per collegare logisticamente le diverse produzioni, Netflix nel vecchio continente si propone come incubatore di idee diventando, incidentalmente, acceleratore di processi. Incluso quello, culturale ma non solo, che coinvolge il superamento del divario di genere (in Europa solo il 7% delle donne è presidente di un'azienda e il gap salariale si attesta al 16% in meno rispetto ai maschi - dati Comissione Europea). Suona dunque come una presa di posizione importante dell'azienda la presenza nel panel di Berlino di uno spazio dedicato proprio alla "Strong Female Lead", con la presentazione di due serie nuove che puntano all'empowerment femminile: Glow, comedy sulle wrestler anni '80, e Girlboss, basata sull'autobiografia dell'imprenditrice Sophia Amoruso. A presentarle sul palco c'era Chelsea Handler, conduttrice del primo talk show di Netflix e guida del corteo durante la Women's March di gennaio: "Le rivoluzioni si fanno anche con le idee - ha detto poco prima della chiusura della giornata - Ragazze, diventiamo audaci, alziamo la voce. E continuiamo a divertirci".


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