Il film conferma il grande momento dell'Abel Ferrara "italiano". Presentato in Concorso alla Berlinale 2020.
di Tommaso Tocci
In un rifugio remoto immerso nella neve, Clint è un personaggio enigmatico che si è ritirato a vita solitaria, gestendo una locanda che dà ristoro ai pochissimi viaggiatori del luogo. Una slitta e dei cani sono l'unico mezzo di trasporto e di contatto con il mondo esterno, e dopo la visita di una donna russa incinta e di sua madre, Clint decide di esplorare le profondità metafisiche della sua memoria e di sfidare la neve sterminata per intraprendere un viaggio tra l'orrore, il piacere e la scoperta.
I luoghi del cinema di Abel Ferrara sono mutevoli eppure fondamentali. Nella New York dove è cresciuto e ha iniziato la carriera trovò la forma più compiuta del suo stile, con la città che è al centro dei titoli più celebri come Il cattivo tenente, King of New York e The Addiction. A un periodo senza radici e senza certezze ha poi fatto seguito il periodo romano di grande rinascita, foriero di opere come Pasolini, Piazza Vittorio e Tommaso.
È significativo che la tappa successiva sia un luogo di lontananza dichiarata come Siberia, il più ambizioso dei ripetuti tentativi di auto-analisi di un regista tormentato e viscerale.