Succession

Film 2018 | Drammatico

Regia di Mark Mylod, Adam Arkin, Miguel Arteta, S.J. Clarkson, Adam McKay, Andrij Parekh, Kevin Bray, Lorene Scafaria, Robert Pulcini, Shari Springer Berman, Becky Martin, Matt Shakman, Cathy Yan. Una serie con Hiam Abbass, Nicholas Braun, Brian Cox, Kieran Culkin, Peter Friedman. Cast completo Titolo originale: Succession. Genere Drammatico - USA, 2018, - MYmonetro 4,13 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. STAGIONI: 4 - EPISODI: 38

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Ultimo aggiornamento lunedì 24 aprile 2023

Dramma familiare corale acido e a tratti brutalmente comico, che attraverso le azioni e reazioni spregiudicate dei protagonisti mette in scena una riflessione acuta sul potere e sul denaro. La serie ha ottenuto 12 candidature e vinto 9 Golden Globes, 11 candidature e vinto 5 Emmy Awards, 3 candidature e vinto 2 Satellite Awards, 12 candidature e vinto 8 Critics Choice Award, 5 candidature e vinto un premio ai SAG Awards, 6 candidature e vinto 2 Writers Guild Awards, 4 candidature e vinto 2 Directors Guild, ha vinto 2 Producers Guild, 1 candidatura a Bafta TV Award, La serie è stato premiato a AFI Awards, 2 candidature a ADG Awards,

Consigliato assolutamente sì!
4,13/5
MYMOVIES
CRITICA 4,25
PUBBLICO 4,00
ASSOLUTAMENTE SÌ
A chi spetta l'eredità?

Creata da Jesse Armstrong, la serie sulle vicende di un anziano proprietario di un impero delle comunicazioni, che deve decidere a chi lasciare la sua eredità.

Episodi: 10 (60 min.)
Regia di Mark Mylod, Andrij Parekh, Shari Springer Berman, Robert Pulcini, Adam Arkin, Becky Martin, Kevin Bray, Miguel Arteta, S.J. Clarkson, Adam McKay, Matt Shakman, Lorene Scafaria, Cathy Yan.

Si chiude una serie epocale. Non solo meraviglioso ritratto di famiglia ma anche specchio dei nostri tempi e analisi lucida e irriverente del mondo dei potenti

Recensione di Andrea Fornasiero

Logan Roy ha tagliato fuori i figli Kendall, Shiv e Roman dalla decisione di vendere il suo impero allo svedese Lukas Matsson, ma i tre fratelli sono sul piede di guerra e puntano a obbligare il padre a una rinegoziazione dell'accordo. Tom nel mentre gode della nuova posizione acquisita all'interno del circolo più ristretto dei Roy, ma allo stesso soffre la rottura con la moglie Shiv. Roman in segreto cerca di rientrare nell'orbita del padre e continua a tenere buoni rapporti con il candidato alla Presidenza Jeryd Mancken. Un altro candidato, senza però alcuna speranza, è il fratello maggiore Connor, presenza costante nelle questioni di famiglia ma fuori dal gioco di potere per il controllo di Waystar Royco.

Si conclude con la quarta stagione la serie più rilevante di questi anni, in una successione di episodi tutti costruiti intorno a una sola situazione e con una tensione drammatica sempre molto alta.

Il primo potente colpo di scena arriva già nella terza puntata e chiude i tre fratelli in una stanza privata di un party, mentre collegati al telefono ricevono aggiornamenti. L'incredulità e lo shock si intrecciano al balenare delle possibilità sul futuro, che si fa incombente non solo per i Roy ma pure per l'intera Nazione. La notte delle elezioni infatti è vicinissima e la famiglia, con il suo impero mediatico, potrebbe avere un ruolo rilevante nell'orientare l'attribuzione della presidenza.

Inoltre c'è la trattativa in corso con lo svedese Lukas, che ha finito per essere il vero erede designato da Logan e che quindi i figli faticano ad accettare. Ci sono dunque tre macrotrame - l'elaborazione di un lutto, il political drama e l'acquisizione incombente - che si affastellano in pochissimi giorni, ma che hanno ognuna la propria profondità grazie alla concentrazione scelta per gli episodi, con unità di tempo, di luogo e di azione.

Non è la prima volta che Succession si rifà delle tre unità aristoteliche - fin dal pitch per altro uno dei suoi modelli dichiarati è infatti Festen di Thomas Vinterberg - e anzi le puntate migliori delle scorse stagioni ne hanno sempre fatto uso, ma questa volta la sequenza è impressionante e il precipitare degli eventi rende ogni episodio un piccolo compatto tour de force.

Del resto Succession è tanto una satira quanto una tragedia (è tragico del resto già il precipitare delle note del meraviglioso tema musicale di Nicholas Britell), e questo è diventa vero soprattutto nel finale, dove non mancano le irresistibili battute taglienti ma in cui i protagonisti guardano finalmente in faccia la verità sulla propria natura.

Il gioco al massacro era lo sport preferito di Logan Roy e continua a tenere banco anche dopo la sua uscita di scena. Lukas si conferma infatti un personaggio non meno abusivo e machiavellico, che ama mettere gli uni contro gli altri, che umilia gli avversari e pure i colleghi, e che ovviamente lo fa con sfoggio di turpiloquio creativo. L'interpretazione che ne dà Alexander Skarsgård, mai così bravo, è di contagioso e oltraggioso divertimento, un mostro che si gode la propria mostruosità. Per dirla alla Billions dispone dei "fuck you money", ossia ha abbastanza soldi da poter mandare al diavolo chiunque, e si toglie liberamente la soddisfazione di farlo.

Il finale di serie, lungo quasi novanta minuti e con molti pezzi da incastrare, riesce comunque a tenere una struttura solo leggermente diversa, articolata su due situazioni portanti, una nella villa al mare della madre e l'altra negli uffici di Waystar Royco. Inoltre ci sono un prologo e un interludio, dove i tre figli assistono a un video in cui il padre è a cena con con tutti i suoi, ma mancano loro. Il che da una parte gli ricorda un affetto scomparso, ma soprattutto gli dice quanto poco il mostruoso genitore li tenesse in considerazione.

Sarà una delle ultime gocce nel proverbiale vaso di Roman, che nel climax del finale pronuncia le parole più definitive sui tre protagonisti. Gli studi dei personaggi sono ancora una volta senza sbavature, tagliati come un bisturi fino a una conclusione impeccabile, che non cerca di compiacere i fan ed è invece coerente al senso profondo della serie.

Succession conferma di essere molto di più del ritratto di una famiglia: è uno specchio dei nostri tempi, fomentato a dire dello stesso Jesse Armstrong dall'era Trump e quanto mai attuale anche oggi, a fronte di miliardari superstar come Elon Musk, degli estremismi reazionari e della sequela apparentemente infinita di acquisizioni tra i vari imperi mediatici.

Una serie che ha saputo descrivere il mondo dei potenti con irriverenza, a volte persino con empatia, ma sempre con assoluta lucidità: senza divenire mai complice e denunciando costantemente la natura distruttrice, bruta e ottusa del potere e del denaro.

Una stagione che prima fa a pezzi l'illusione del cambiamento, poi getta le basi per la rivoluzione

Recensione di Andrea Fornasiero

Kendall ha rifiutato il sacrificio a cui l'aveva destinato suo padre Logan e si è invece rivolto pubblicamente contro il genitore, dando inizio a una sorta di caotica guerra civile all'interno della corporation di famiglia. A complicare le cose c'è la quota di proprietà di Stewy e Sandy (di cui fa le veci la figlia Sandi) e di Josh Aronson, che pretende di incontrare i due rivali presso la sua villa. Nonostante la salute traballante, Logan sembra trovare energia nella difficoltà, mentre Kendall si affanna per sferrare il colpo di grazia contro il padre. Presi nel mezzo, Connor, Roman e Shiv devono decidere da che parte stare, così come Tom e Greg.

Continua con la terza stagione Succession, il Re Lear dei nostri giorni, dove lo scontro patricida e fratricida entra più che mai nel vivo, senza perdere di vista né il crudele taglio satirico né l'umanità castrata dei protagonisti.

Kendall è da sempre un fascio di nervi, iperattivo anche grazie alla droga, ma pronto a cadere a pezzi non appena va in down. Tormentato da ambizioni e inibizioni, ha una tale megalomania da oscillare senza sosta tra due concezioni di sé: quella di essere un genio innovativo o una mostruosa nullità. Suo padre è invece monolitico, lupo tra i lupi, pragmatico e sfrontato nel non curarsi degli affetti o dei legami di sangue, accusava suo figlio alla fine della precedente stagione di non essere un "killer". Una battuta che, come molte altre in una serie scritta con questa perizia, diventa paradossale perché lui stesso l'aveva protetto dal rischio di essere processato proprio come assassino alla fine della prima stagione. Dai figli Logan Roy vuole allo stesso tempo lealtà e crudeltà, in una contraddizione continua a insolubile che lo porta a preferire prima l'uno, poi l'altro e poi l'altra ancora perché non può che venire presto o tardi deluso.

Tutta questa dinamica era già stata dipanata magistralmente nelle stagioni precedenti, mentre la terza si apre con la promessa di trasformazioni radicali. Ma c'è davvero qualcosa che può toccare la vita di chi abita lo 0,01% del mondo? Lo showrunner Jesse Armstrong ha spiegato in varie interviste che nemmeno una cosa come la pandemia arriva davvero a chi vive senza doversi curare di un cappotto o di scarpe comode per camminare, visto che si sposta da una limousine a un lounge, un ristorante, una villa o un ufficio senza mai condividere spazi con chi non appartenga a una cerchia ristrettissima.

Questa stagione sembra voler dimostrare proprio tale teorema, dove l'intoccabilità convive anche con la staticità, in cui persino un cambio alla Presidenza degli Stati Uniti è visto come una nota a pie' pagina nelle cronache dei Roy e sostenere un candidato è una pratica da sbrigare come un'altra, che nulla ha a che vedere con le aspirazioni per il Paese. Perché per i Roy il Paese è poca cosa e di certo non una preoccupazione. Questa inviolabilità però, per quanto sensata e coerente al cinico realismo della serie, è anti-drammatica e finisce per portare a episodi da coitus interruptus che neutralizzano via via il conflitto promesso.

Fatta a pezzi l'illusione del cambiamento, la stagione ribalta questa stessa premessa nelle ultime puntate e promette una vera rivoluzione e uno scontro questa volta del tutto senza guanti, dove finalmente i tre figli protagonisti sembrano aver introiettato di non poter compiacere l'incontentabile pater familias. Con il senno di poi era dunque necessario mostrare come una presa di posizione solitaria, e in fondo inefficace, come quella di Kendall fosse un vicolo cieco, per poi obbligare i personaggi a sviluppi finalmente davvero drastici e drammatici.

Si giustifica così per esempio l'irresolutezza del primo faccia a faccia tra Kendall e Roy alla villa di Aronson, che preso da solo potrebbe sembrare un autogol e invece è emblematico dell'impasse di cui queste puntate arrivano a raccontare finalmente il superamento. Inoltre Succession non perde l'occasione di tracciare parallelismi con la politica dei nostri giorni e l'episodio dedicato alla scelta del candidato presidenziale è sia divertentissimo sia spaventoso, raggelante non appena ci si fermi a riflettere sulle sue implicazioni e sulla visione della nostra realtà che implica.

Episodi: 10 (60 min.)

Una stagione realizzata e interpretata con magistrale perizia che conferma la serie come la migliori mai realizzate

Recensione di Andrea Fornasiero

Kendall Roy è a pezzi e si è rifugiato in un centro benessere in Islanda, ma suo padre non ha alcuna intenzione di lasciarlo in pace. Gli azionisti scalpitano, i rivali si fanno sempre più minacciosi e così Kendall è obbligato a tornare in gioco. Ma quello che ha fatto continua a pesare su di lui e ne fa una servizievole pedina di Logan, che nel mentre stuzzica anche la figlia Shiv lasciandole credere che potrebbe essere lei l'erede, se facesse esperienza. Shiv inizia così a entrare nello spietato mondo degli affari del padre, ma anche Roman cerca di guadagnare la stima del genitore, che però sarà distratto da una nuova donna: Rhea.

Succession è ormai da più parti acclamata come la migliore serie in TV e vive di un fascino paradossale: il mostruoso disinteresse dei Roy per il resto della razza umana li dovrebbe rendere ripugnanti, ma proprio per questo c'è un delizioso piacere nell'assistere al loro farsi a pezzi l'un l'altro.

La crisi che investe la famiglia Roy sembra rendere la questione dell'eredità più urgente che mai, allo stesso tempo però è chiaro che nessuno dei figli ha ancora la scaltrezza del padre, ripresosi dalla malattia e ora impenetrabile e spietato tiranno della famiglia. La sua del resto è una lotta contro insidiosi avversari che cercano di spingere gli azionisti verso una nuova leadership, così Logan Roy, deve dimostrare di avere ancora il controllo e decide di farlo con una difficile acquisizione. Complicano però alcuni scandali nell'aria: uno sulle posizioni politiche di un conduttore televisivo del canale news di famiglia e uno su aggressioni sessuali del passato, rivolte a contro vittime definite "persone non reali".

La volontà di Logan è famelica al punto che quando si fissa su qualcosa è pronto a rischiare tutto e così l'astuta Rhea, al servizio della famiglia Pierce di orientamento liberal, si approfitta di questo punto debole. La interpreta Holly Hunter, che si cala da estranea a scombinare il nido di serpi di famiglia e offre occasione ai tre fratelli per coalizzarsi contro un nemico comune, che davvero minaccia quello a cui tutti puntano: il trono. Nel mentre ci sono poi le vicende di Tom e Greg, entrambi a loro modo in cerca di emancipazione, il primo dalla moglie con un incarico finalmente capace di dargli autonomo prestigio, e il secondo dallo stesso Tom, che lo tratta più o meno come un servo. Greg sarà poi costretto a una scelta difficile, dove dimostrerà voler giocare a questo gioco e di non esserne più solamente una vittima.

Il tutto è anche quest'anno condotto con magistrale perizia, tra le note di Nicolas Brittel che alle varianti del suo tema per la serie aggiunge uno spiazzante brano hip hop, cantato da Kendall. La fotografia alterna il grigio delle torri di cristallo della famiglia ai vari scenari in cui il nucleo si riunisce tra un viaggio e l'altro, da una battuta di caccia nelle campagne europee al paese scozzese dove è nato Logan, dalla tenuta della famiglia Pierce fino all'ultimo episodio su un'enorme nave extralusso. Cui si aggiungono alcune parentesi, per esempio in uno dei parchi a tema di famiglia e in un hotel mediorientale, dove uno dei protagonisti finisce sequestrato. La tensione di queste situazioni "in bottiglia", dove i personaggi non possono sfuggire al reciproco gioco al massacro, è palpabile.

A modularla interviene quasi sempre l'ironia, coniugata in rapidissimo scambi di battute dal colorito turpiloquio o a volte più semplicemente con situazioni da freddura o con il ricorso allo slapstick. Un gioco ad alleggerire ma pure a ridicolizzare i protagonisti, a non lasciarci dimenticare che sono mostri anche un po' patetici nella loro ignoranza e nelle loro difficoltà relazionali, nonostante tutto il loro osceno potere. Ci sono però momenti in cui gli autori, con in testa Jesse Armstrog, scelgono di affondare il coltello e la crudeltà dilaga con sadico gusto, a controbilanciare la satira nel dolore, a ricordarci che anche in loro c'è qualcosa di umano. Se pure la loro sofferenza pur non è la nostra e spesso è anche meritata, è comunque fatta della stessa dolorosa materia: la difficoltà di farsi accettare e amare, lo scontro tra i nostri bisogni di essere umani e un mondo governato dalla disumana logica del denaro.

È pressoché impossibile non provare empatia per lo stato in cui si trova Kendall, di cui l'interpretazione di Jeremy Strong fa sentire il disagio in ogni più minimo gesto, e allo stesso tempo è disgustoso vedere la spietatezza con cui Kendall liquida chi non può difendersi da lui. In questa costante attrazione e repulsione Succession continua a cercare il rovello della natura umana, oscillando tra il giustificato cinismo dei nostri tempi e la pena per le dinamiche perverse del sistema in cui viviamo.

Episodi: 10 (60 min.)

Re Lear al tempo degli imperi mediatici: un dramma classico e allo stesso tempo attualissimo con un cast in stato di grazia

Recensione di Andrea Fornasiero

Logan Roy è alla guida di una gigantesca media corporation, con parchi a tema, reti televisive, stampa e altro, tutto più o meno allineato alle sue posizioni politiche repubblicane. Sta per compiere ottant'anni e i suoi figli sono convinti che cederà il controllo dell'impero, probabilmente al più fido Kendall, che sta infatti già manovrando per dare una svolta alle imprese paterne verso il mercato digitale. Logan però annuncia che non intende cedere il comando, inoltre ha un malore che lo porta verso la demenza senile, mettendo in crisi le azioni del gruppo e generando il caos. Kendall reagisce ordendo una cospirazione e cerca di portare dalla sua anche il fratello minore Roman, mentre la sorella Shiv prosegue la sua carriera in politica ed è prossima a sposarsi con Tom, che lavora nel gruppo Roy.

Re Lear al tempo degli imperi mediatici: Succession dell'inglese Jesse Armstrong demistifica la tragedia nella satira, a volte crudele a volte farsesca, firmando un dramma classico e allo stesso tempo attualissimo, cui dà vita un cast in assoluto stato di grazia.

Se Brian Cox interpreta con titanico furore un terribile padre, pronto a tormentare i suoi figli sia con sottigliezza sia con incontenibili esplosioni di rabbia, Kendall ha invece il volto di Jeremy Strong, che recita in modo controllatissimo un personaggio soggiogato, traumatizzato, alla perenne ricerca di un'identità che il padre non gli riconosce. Logan non vede in Kendall la forza necessaria, lo considera un uomo che segue le tendenze anziché un gigante pronto a forgiarle, del resto Logan arriva da un altro tempo, dove gli affari funzionavano in altro modo e la sua personalità gli impedisce di accettare compromessi.

Il suo primo figlio, avuto dalla prima moglie, Connor (Alan Ruck), è poi una sorta di idiota completamente fuori dal mondo, a differenza del minore Roman (un brillante Kieran Culkin) che annega nel sarcasmo e nei comportamenti eccentrici la coscienza di essere straordinariamente privilegiato senza averne alcun merito. La più astuta di tutte è poi Shiv (Sarah Snook, che dice più con gli occhi che con le parole), incastrata in un universo patriarcale, dove il padre afferma che gli affari sono "una gara a chi ce l'ha più grosso". Cerca di dimostrare il proprio valore in un altro campo e nel tentativo di emanciparsi si allea con un politico che ha visioni del tutto diverse da quelle di Logan. Lo interpreta per altro Eric Bogosian, ma nelle dieci puntate della prima stagione c'è spazio anche per un altro volto della New Hollywood come Griffin Dunne, nell'esilarante ruolo di uno psicologo ingaggiato per dimostrare al pubblico che la famiglia è unita e vuole superare i propri problemi.

Succession è una sequela di staffilate tra fratelli serpenti, padri possessivi, figli degeneri e persone più o meno in balia della loro a volte gratuita cattiveria. In particolare c'è Tom, il promesso sposo di Shiv, che vuole entrare nel ristretto circolo dei Roy ed è pronto a compiacere chiunque. Ha il volto dell'inglese Matthew Macfadyen che qui sfodera una comicità anche molto fisica, e lo stesso vale per il più giovane cugino Greg, interpretato da Nicholas Braun e del tutto estraneo alle spiegate logiche del clan, perché cresciuto in provincia in una famiglia dei mezzi modesti. Tra i due si forma anche un rapporto a suo modo perverso visto che Tom può rivalersi senza conseguenze solo su Greg e proprio per questo Greg può avvicinarsi solo a Tom.

Con un pilot diretto da Adam McKay, che innerva la serie di una straordinaria energia con secchi stacchi, zoomate e una macchina da presa in perenne movimento, Succession si fonda soprattutto sul rapido scambio di affilate battute dal ricco sense of humour scritte da Jesse Armstrong e dalla sua squadra, ma è anche attraversata da una sottile malinconia per la perdita di umanità che questo mondo porta con sé. Ne è emblematica la sigla, davvero tra le migliori degli ultimi anni, che accosta gli home movies di una ricca famiglia alle immagini di un grigio e freddo presente, il tutto accompagnato dalla cascata di note firmata da Nicholas Brittell. La sigla è anche il tema della serie, che torna in continue varianti a precipitare e contrappuntare gli eventi e le emozioni dei protagonisti, stritolati in un gioco disumano. E se non vi sembra ancora abbastanza preparatevi a un finale di stagione tragicamente perfetto.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
giovedì 2 gennaio 2020
R.A.F.

Vincitrice del premio Emmy 2019 per la miglior sceneggiatura di una serie drammatica, Succession descrive una lotta familiare per il potere, senza esclusione di colpi. Anzi, più bassi sono, meglio è. Al centro c’è la famiglia Roy, ricchissima e immorale, perversa e priva di scrupoli come solo gli straricchi sanno essere, almeno nelle fiction.

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
sabato 5 marzo 2022
Daniele D'Orsi
Sentieri Selvaggi

"Perché non te ne vai a fare in culo?" non è solo l'impropero prediletto con cui il patriarca Logan Roy (Brian Cox) si approccia tanto ai subordinati, quanto ai più stretti membri della sua famiglia - anche loro ridotti, in un certo senso, alla stregua di miseri sottoposti - ma la quintessenza dell'uomo, il veicolo verbale attraverso cui l'incontrastabile tiranno manifesta il suo potere, soggiogando [...] Vai alla recensione »

martedì 1 febbraio 2022
Luca Pacilio
Rumore

Amatissima dalla critica, ricoperta di premi, la serie di Jesse Armstrong non perde colpi, confermando il suo statuto di prodotto di culto. Distanziandosi dall'iniziale modello shakespeariano (Re Lear), la terza stagione si apparenta maggiormente alla tragedia greca, mimando un teatro familiare implicitamente violento, quello dei Roy, dominato da logiche fatalistiche.

martedì 1 febbraio 2022
Lorenzo Ciofani
La Rivista del Cinematografo

Se c'è una cosa in cui Succession sembra infallibile è nell'illuderci che un passaggio logico nell'universo della famiglia Roy sia in realtà qualcosa di assolutamente imprevisto e così ogni metaforico spargimento di sangue finisce per disattendere le aspettative. Non esiste una distinzione tra bene e male, nella serie creata da Jesse Armstrong: esistono i vincitori e i vinti, anzi il vincitore e i [...] Vai alla recensione »

venerdì 8 maggio 2020
Claudia Bonadonna
Rumore

"Sai qual è il bello di essere ricchi? Che è fottutamente straordinario. È come essere un supereroe, solo meglio. Puoi fare quello che vuoi. Le autorità non ti possono toccare. Vesti un costume, ma è disegnato da Armani". Tom Vammbsgans (Matthew Macfadyen), genero con ambizioni di rivalsa sociale, istruisce il giovane e ingenuo cugino Greg alle regole sfacciate e crudeli della dinastia Roy e del mondo [...] Vai alla recensione »

NEWS
PREMI
martedì 16 gennaio 2024
 

La 75ma edizione degli Emmy Awards ha consacrato tre vincitori netti, che hanno sbancato ognuno nella propria categoria. Vai all'articolo »

TRAILER
lunedì 12 luglio 2021
 

Tornano con nuovi intrighi le vicende dei Roy, la problematica famiglia a capo di uno dei più grandi gruppi mediatici al mondo. In autunno su Sky e NOW. Guarda il trailer »

winner
miglior attore secondario serie tv
Golden Globes
2024
winner
miglior attore in una serie televisiva drammatica
Golden Globes
2022
winner
miglior attore in una serie televisiva drammatica
Golden Globes
2024
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miglior attore in una serie televisiva drammatica
Golden Globes
2020
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miglior attrice secondaria serie miniserie film tv
Golden Globes
2022
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miglior attrice in una serie televisiva drammatica
Golden Globes
2024
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miglior serie televisiva drammatica
Golden Globes
2022
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miglior serie televisiva drammatica
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2024
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miglior serie televisiva drammatica
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2020
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miglior attore in una serie televisiva drammatica
Emmy Awards
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miglior scenegg.ra serie televisiva drammatica
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2019
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miglior attrice in una serie televisiva drammatica
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miglior serie televisiva drammatica
Emmy Awards
2024
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miglior attore secondario serie tv drammatica
Emmy Awards
2024
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premio per il miglior cast in una serie televisiva
Satellite Awards
2022
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miglior attrice in una serie televisiva drammatica
Satellite Awards
2022
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miglior serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2022
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miglior serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2020
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miglior serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2024
winner
miglior attore secondario serie tv drammatica
Critics Choice Award
2022
winner
miglior attore in una serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2024
winner
miglior attore in una serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2020
winner
miglior attrice secondaria serie tv drammatica
Critics Choice Award
2022
winner
miglior attrice in una serie televisiva drammatica
Critics Choice Award
2024
winner
premio per il miglior cast serie tv drammatica
SAG Awards
2022
winner
miglior scenegg.ra episodio serie tv drammatica
Writers Guild Awards
2020
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miglior scenegg.ra serie televisiva drammatica
Writers Guild Awards
2020
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miglior regista di una serie tv drammatica
Directors Guild
2019
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miglior regista di una serie tv drammatica
Directors Guild
2022
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miglior poduttore di una serie tv drammatica
Producers Guild
2022
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miglior poduttore di una serie tv drammatica
Producers Guild
2020
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programma televisivo dell'anno
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