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Ultimo aggiornamento martedì 6 novembre 2018
Il 24 dicembre 1985 due studenti di veterinaria rubarono 140 opere del Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. Ispirato a una storia vera. Il film è stato premiato al Festival di Berlino, In Italia al Box Office Museo - Folle Rapina a Città del Messico ha incassato 84,2 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Eterni studenti, Juan e Benjamín pianificano un colpo grosso. Vorrebbero entrare al Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico e rubare alcune preziose opere maya, mixteche e zapoteche, in particolare la maschera funeraria del re Palal. Così, mentre le loro famiglie festeggiano il Natale i due ragazzi si mettono al lavoro, come una coppia di ladri professionisti. La missione va a buon fine e con le borse piene di tesori, i due riescono a tornare a casa dove la famiglia è riunita davanti al telegiornale che riporta del furto come un attacco all'intera nazione. Solo allora Juan e Benjamín si rendono conto della gravità della loro azione. Mentre le autorità annunciano di offrire un'abbondante ricompensa a chi ritrova le opere d'arte, i due fuggono per salvare il bottino e la propria pelle. Ma il viaggio li porterà fuori controllo.
Ispirato ad eventi realmente accaduti la notte del 24 dicembre 1985 quando due studenti di veterinaria rubarono 140 opere del Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico, Museo riconduce a quell'evento che sconvolse l'intero Paese per raccontare una storia messicana e universale al tempo stesso.
Alonso Ruizpalacios, dunque, si prende qualche licenza per ripercorrere le avventure dei due ladri Perches Treviño e Sardina García, interpretati da Gael García Bernal e Leonardo Ortizgris, per offrire un ritratto dei due ragazzi più che un resoconto storico di una storia già a tutti nota in Messico. Senza alcun intento documentaristico dunque, il regista messicano evita qualsiasi riferimento esplicito alle famiglie coinvolte negli eventi, preferendo dar voce alla finzione. Dopo Güeros, vincitore dell'Orso d'Oro alla Berlinale 2014, Ruizpalacios ritorna al festival tedesco con le stesse speranze e un'opera più completa che riflette sull'identità del suo Paese e il disorientamento dei giovani.
Come in Güeros, il regista continua a riflettere su una generazione di ragazzi di Città del Messico senza meta, disorientati e indecisi che si lasciano vivere senza vocazioni né ambizioni. Juan e Wilson, rappresentano due studenti come tanti delle classi medie della capitale che per diletto o per noia si mettono a rubare. Non riescono a laurearsi ma ad essere perfetti criminali, la più grande delusione per dei genitori che non hanno mai fatto mancare niente ai figli. Il furto, dunque, diventa un passatempo come un altro per far succedere qualcosa nelle loro vite piatte e senza passioni.
Juan e Wilson si trasformano in perfetti Bonnie and Clyde pur di non girare in cerchi concentrici come gli abitanti dall'aria sempre stanca della loro città, così si ripetono al volante della loro automobile diretta lontano da casa. Ma in fondo, come quegli stessi messicani che criticano finiscono per essere. In un complicato rapporto padre-figlio, Ruizpalacios dunque cerca le risposte allo scontro generazionale e alla perdita dei giovani messicani che purtroppo attraverso la figura di Juan sono solo accennati.
Museo, inoltre, esplora un'altra relazione complicata, quella dei messicani con il loro passato. La voce fuori campo di Wilson che racconta la storia ricorda come dopo il furto il museo fu molto più visitato: "La gente andava a vedere le vetrine vuote, ciò che conferma la teoria secondo cui non sai ciò che hai finché non lo perdi". Ruizpalacios cerca nei reperti delle antiche civiltà del Sud America le tracce di una cultura nazionale, troppo a lungo ignorata e oscurata dalla storia coloniale. Così, tra ricerca della propria identità e consapevolezza dell'assenza di una coscienza collettiva, Juan e Wilson, partono senza destinazione se non la perdita di se stessi. Dalle imponenti rovine maya di Palenque al resort chic sulla costa di Acapulco, il viaggio dei due ragazzi si trasforma in un vagabondaggio senza senso sull'onda del vento in cui anche Ruizpalacios si lascia spesso trascinare.
“Museo – Folle Rapina a Città del Messico” del regista messicano Alonso Ruizpalacios è un’opera che lascia molto perplessi in quanto al suo termine non si capisce bene quale sorta di messaggio voglia dare al pubblico, per lo meno originale. Raccontando di un giovane piuttosto immaturo, senza le idee chiare sul proprio futuro e pertanto ancora mantenuto dalla [...] Vai alla recensione »
"Museo"(Alonso RUizplacios, anche autore di soggetto e sceneggiatura con Manuel Alcalà, 2018)è un film notevole nella sperimentazione, proprio intesa come b§squeda e come inquisiciòn.: due giovani, di per sé né spostati né"Criminali"rubano al Museo antropolgico di Ciudad de Mexico i pezzi più rari di arte maya e azteca, finché [...] Vai alla recensione »
Film di un giovane regista messicano, Ruizpalacios, alla sua seconda opera, che si colloca a metà strada tra uno spot pubblicitario sulle bellezze archeologiche e naturali del Messico, Palenque e Acapulco come scenari, e una disperata storia di amicizia on the road, in un viaggio a fari spenti alla Battisti per vedere se è poi tanto difficile morire.
Oltre tutto "MUSEO" è piuttosto noioso, nel suo lungo, lungo "itinerare" inutilmente intorno a due giovanotti poco interessanti anche se realistici (purtroppo non solo in Messico e non solo negli anni '80, anche nel Bel Paese dell' anno 2018) e ben interpretati. La famiglia, quella ed altre, non ci fa proprio una bella figura ma "brilla" rispetto [...] Vai alla recensione »
“Museo. Una folle rapina a Città del Messico” (Museo, 2018) è il secondo lungometraggio del regisa-sceneggiatore messicano di Alonso Ruizpalacios. ‘La morte è la grande compagnia....’, ‘La morte è il grande eterno…’ ‘Quando qualcosa non c’è più ti accorgi di quanto ti manca’.
A sentire i mugugni sonori del pubblico al termine della proiezione, dopo più di 2 ore ininterrotte di “sopportazione”, saresti portato a pensare che al film Museo – Folle Rapina a Città del Messico, del regista Alonso Ruizpalacios, sarebbe stato preferibile aver passato quel tempo in amabile compagnia, con una pizza, anche un’umile margherita, e un frizzante boccale [...] Vai alla recensione »
( 2,5 ) Poca gente, over 50, film carino, pulito, equilibrato, drammatico ed ironico, forse un pò lungo, basterebbero 90 minuti. Sostanzialmente la storia di un giovanotto che pare non gli manchi niente, così per far passare il tempo s'inventa di andare a rubare un qualcosa che non potrà rivendere, se il suo fine era di essere ricordato per qualcosa, c'è [...] Vai alla recensione »
Se si escludono le grandi cinematografie occidentali, quella messicana rappresenta forse la più sorprendente e sconosciuta, almeno al di fuori dei circuiti cinefili e non tenendo conto del presente. Prima rivoluzionaria (nei primi 30 anni del '900 la popolazione era all'ottanta per cento analfabeta e imparava attraverso i film), poi colossale nel secondo dopoguerra, la settima arte di questo paese possiede nella sua storia un tal numero di capolavori che molti spettatori ignari ne sarebbero stupefatti.
L'orgoglio messicano verso la propria storia artistica - così ben chiarito in Museo di Alonso Ruizpalacios, dove un furto in una istituzione offende e tradisce un intero popolo - è stato di recente sollecitato dalla nuova ondata di cineasti contemporanei che lo hanno (ri)fatto grande.
Il Leone d'Oro a Roma di Alfonso Cuaròn (opera ancora una volta stracolma di affetto, sia pure contradittorio e dolceamaro, per il paese), è solo la punta dell'iceberg dopo l'inanellarsi di trionfi dei vari Alejandro Gonzáles Iñárritu, Guillermo Del Toro, o dello stesso, emergente Ruizpalacios.
Solo ricordando la sanguinosa e appassionata storia novecentesca del Messico, fino ad arrivare alla recente situazione di criminalità, utopie e tensioni con gli Stati Uniti, si può comprendere quanto delicata sia una vicenda come quella ricostruita in Museo. I ladruncoli protagonisti, che fanno una bravata di cui loro stessi si stupiscono per poi accorgersi che la merce rubata al Museo di Città del Messico è semplicemente impossibile da rivendere al mercato nero per la troppa fama che ha, sono persone senza storia. Gli servirà tutta la seconda parte del film - quella della ricerca del compratore, della fuga, del percorso erratico nel paese - per accorgersi di che cosa è il Messico. Che poi tocchi a un attore cileno (Alfredo Castro) interpretare il padre, al tempo stesso orgoglioso e fallimentare, che odia se stesso e il figlio che lo ha svergognato, è solo un'altra delle sorprese che la produzione latino-americana ci offre a ogni piè sospinto. La sostanza non cambia.
Vanno le rapine intellettuali. In "American Animals" di Bart Layton rubano da una biblioteca universitaria del Kentucky rari volumi antichi (tra cui un'edizione di Charles Darwin, "L'origine delle specie", e un illustratissimo catalogo di animali). Qui l'intenzione è saccheggiare il Museo di Antropologia di Città Del Messico - chiuso durante le feste, per questo Gael García Bernal si veste da Babbo [...] Vai alla recensione »
Noiosissimo dramma pseudopoliziesco, ispirato a una storia vera, incredibile premio per la sceneggiatura a Berlino. Città del Messico, notte di Natale. Due studenti penetrano nel Museo di Antropologia e via con le borse piene di reperti milionari. La merce scotta: a chi la vendiamo? L'invadente voce fuori campo gareggia con l'assordante colonna sonora nel rompere i timpani a una platea forzatamente [...] Vai alla recensione »