Titolo originale | Geumul |
Titolo internazionale | The Net |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 114 minuti |
Regia di | Kim Ki-Duk |
Attori | Ryoo Seung-Bum, Gwi-hwa Choi, Jo Jae-Ryong, Won-geun Lee, Kim Young-min Guyhwa Choi, Min-seok Son, Jeong Ha-dam, Hyun-Ah Sung, Ji-il Park, Min-Young An, Na-ra Lee. |
Uscita | giovedì 12 aprile 2018 |
Tag | Da vedere 2016 |
Distribuzione | Tucker Film |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,42 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 3 ottobre 2018
Trovatosi per caso in Corea del Sud, un pescatore nordcoreano si trova imprigionato tra le due ideologie. In Italia al Box Office Il prigioniero coreano ha incassato 142 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Nam Chul-woo è un povero pescatore nordcoreano che nella sua barca ha l'unica proprietà e l'unico mezzo per dare da mangiare a sua moglie e alla loro bambina. Un giorno gli si blocca il motore mentre sta occupandosi delle reti in prossimità del confine tra le due Coree e la corrente del fiume lo trascina verso la Corea del Sud. Qui viene preso sotto controllo delle forze di sicurezza e trattato come una spia. C'è però chi non rinuncia all'idea di poterlo convertire al capitalismo lasciandogli l'opportunità di girare, controllato a distanza, per le strade di Seoul.
Kim Ki-Duk torna al suo cinema delle origini, quello che lo fece conoscere al pubblico di tutto il mondo per l'attenzione che prestava agli emarginati dalla società e per la durezza di alcune situazioni portate sullo schermo.
Lo fa con il suo film forse più esplicitamente politico, destinato a non piacere né al di qua né al di là del 38° parallelo. Si può essere certi che al Nord non lo vedranno mai ma di sicuro anche al Sud non avrà vita facile. Perché il regista ha la consapevolezza di proporre una lettura decisamente scomoda per entrambe le parti in causa.
Il povero pescatore, colpevole solo di non aver voluto perdere, salvandosi a nuoto, la propria barca raggiunge quello che per la propaganda del duro regime di Kim Jong il è l'inferno capitalistico dinanzi al quale bisogna chiudere gli occhi per non correre il rischio di esserne tentati. Nam Chul-woo crede nel regime e i funzionari sudcoreani, seppur divisi sul da farsi, non fanno molto per confutare le sue credenze. C'è chi è dotato di un'arroganza di segno uguale e contrario a quella dei potenti del Nord e non mancano anche segni deteriori della società (ad esempio la prostituzione) che inducono quest'uomo semplice a chiedersi in cosa consista la democrazia. Gli verrà risposto con una frase emblematica: "Dove c'è una forte luce c'è sempre anche una grande ombra".
Si avverte in Kim Ki-duk il dolore per una separazione che, proprio grazie alla contrapposizione dei due sistemi, consente da un lato di mantenere un regime di terrore e dall'altro di sentirsi giustificati nel costruire una società basata sul sospetto di infiltrazioni per cui ogni persona può essere considerata infida. Non si tratta qui di sole reti da pesca ma di due reti ideologiche contrapposte che di fatto si sostengono a vicenda per perpetuare il controllo del potere.
IL PRIGIONIERO COREANO disponibile in DVD o BluRay |
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Dopo due anni finalmente Il Prigioniero Coreano giunge sui nostri schermi offrendosi di aprire un dibattito di natura sociale e politica estremamente attuale e scottante. Kim Ki Duk torna nuovamente ad esplorare il territorio natio, questa volta affondando le mani nelle questioni più sottili e controverse, quelle che hanno contribuito a mantenere alta la tensione tra le due Coree; quelle [...] Vai alla recensione »
Solitamente ritengo che le tematiche trattate in un film debbano incidere in maniera piuttosto limitata o non incidere proprio sulla valutazione di una pellicola: a mio avviso, così facendo, ci saremmo risparmiati la visione di decine di pluripremiati film incolori che insistono su problematiche sociali serie in modo terribilmente superficiale e semplicistico.
In questi giorni ritorna felicemente nelle sale cinematografiche italiane il regista coreano Kim Ki-Duk con il suo ultimo film "Il Prigioniero Coreano". Il protagonista di questa pellicola è un semplice pescatore di un villaggio della Corea del Nord posto al confine con quella del Sud, il quale ogni mattina si reca al fiume con la sua barca per pescare e [...] Vai alla recensione »
Nam Chul-woo, un povero pescatore nord-coreano, passa casualmente il confine con la Corea del Sud a causa di un guasto della sua barchetta a motore, ed è catturato dalla polizia. Inizia una storia da incubo, che investe un uomo semplice, che ama senza complicazioni la sua famiglia, il suo lavoro e anche la sua patria, e che realizza prestissimo quanto sarà difficile [...] Vai alla recensione »
Dare solo tre stelle a Kim per me, che penso si capisca lo ammiro, è triste. Purtroppo lo ammiro ma non posso che criticarlo ricordando il livello dei suoi capolavori. Credo sia difficile restare a quei livelli, ma non riesce ancora ad essere quello di anni fa. E' anche vero che, escludendo Pietà, era veramente sceso tanto con film quasi pessimi tipo Moebius, Amen o One on One. Altra [...] Vai alla recensione »
Ne Il prigioniero coreano Kim Ki-Duk firma, oltre alla sceneggiatura e alla regia, anche la fotografia, come aveva già fatto in altre sue precedenti opere, rispetto alle quali si nota forse una dose inferiore di violenza fisica, compensata da un’estenuante e claustrofobica sensazione di impotenza. L’impotenza dell’uomo comune che desidera solo vivere la sua vita, per quanto [...] Vai alla recensione »
Un povero pescatore nordcoreano, Nam Chul-woo, finisce involontariamente per oltrepassare le acque di competenza della Sud Corea, per una avaria del motore del suo piccolo peschereccio. Viene così arrestato e sottoposto a duri interrogatori per capire se fosse o meno una spia dell'altra parte del paese. Solo un funzionario, più giovane degli altri, cerca di aiutarlo confidando nell'involontarietà della [...] Vai alla recensione »
Film amaro, drammatico e emotivamente molto coinvolgente. La tragica storia del protagonista mette in risalto la labilità di un confine, che non necessariamente resta un qualcosa di fisico, ma come in questo caso, esso diviene un qualcosa di mentale, ideologico. Fa cornice alla storia, la situazione politica delle due Coree. In risalto le contraddizioni dei due sistemi e di come questi [...] Vai alla recensione »
Nam Chul-woo vive sulle sponde di un fiume che collega il suo paese la Corea del Nord con quella del Sud. Ogni mattina lascia la sua umile casa e va con la sua barca a pescare, ma un giorno il motore della barca si rompe e alla deriva finisce nell’odiato paese nemico. Viene preso dai militari e interrogato diverse volte perché sospettato di essere una spia.
C'era una volta un povero pescatore ... che come gli si impiglia la rete nelle pale dell'elica, e sfora, attaverso il fiume, apparentemente indenne, dalla Corea del Nord alla Corea del Sud, rimane impigliato nel gioco al massacro, alla fine per lui mortale, tra le due Coree. Ne aveva avuto la lucida consapevolezza, quando aveva osservato ad un certo punto: "i pesci non hanno scampo quando [...] Vai alla recensione »
Quando si parla di Kim Ki-Duk le aspettative sono comprensibilmente elevate. Sfortunatamente questo film risulta abbastanza noioso: lungagini, dialoghi scialbi, poco ritmo e recitazione scarsa. Lodevole l'intento, di fare un film che accenda la luce sulla questione Coreana, ma non giustifica le quasi due ore della durata del film.
Il film è ben fatto, il personaggio è convincente e appassiona nella sua profonda onestà, il plot ha momenti di suspence efficaci ma sottoutilizzati a vantaggio di un messaggio politico-morale che diventa presto prevedibile ed eccessivo con una creazione del Male assoluto bypartisan che cancella ogni tensione drammatica. Quando il protagonista torna in patria sappiamo già [...] Vai alla recensione »
Il film è ben fatto, il personaggio è convincente e appassiona nella sua profonda onestà, il plot ha momenti di suspence efficaci ma sottoutilizzati a vantaggio di un messaggio politico-morale che diventa presto prevedibile ed eccessivo con una creazione del Male assoluto bypartisan che cancella ogni tensione drammatica. Quando il protagonista torna in patria sappiamo già [...] Vai alla recensione »
Chi ha conosciuto Kim Ki-duk attraverso il giustamente celebre "Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera" resterà probabilmente sorpreso da "Il prigioniero coreano", un film molto lontano dalle atmosfere rarefatte, filosofiche, che ci hanno allora incantato. Un film fortemente politico, anche violentemente politico, ma non di parte, che anzi trova nella [...] Vai alla recensione »
La paranoia e l'oppressione del potere e le sue diverse ma speculari rappresentazioni proiettate sulle due Coree. Un film bello, intenso, che deve scontentare tutti.
Un film duro, diretto, forse troppo schematico, ma che avvince in particolare per l'ottima prova del protagonista. Uno spaccato delle due Coree che alla fine ti lascia senza scelta. Ed anche al protagonista la scelta viene negata contro ogni sua volonta. Consigliato, anche se difficilmente verrà distribuito.
E' la frase pronunciata dal poliziotto della Corea del sud parlando con lo sfortunato pescatore della Corea del nord sconfinato casualmente.Ma come dimostra questa storia tragica e intensa aggiungerei: la felicità senza libertà non può esistere.
Secondo i dizionari, l'apologo è "una favola allegorica con finalità didattiche, di cui possono essere protagonisti uomini, animali o cose inanimate", oppure ancora "una narrazione di carattere allegorico che normalmente si prefigge un fine etico e pedagogico". Tutta la filmografia di Kim Ki-duk ruota intorno al finto apologo, ovvero a offrire racconti apparentemente limpidi e consecutivi, racconti da cui ci si aspetta una certa morale, che poi sottraggono certezze allo spettatore e fanno trionfare le contraddizioni invece di un senso unitario. Questo meccanismo può assumere forme anche opposte: un racconto di violenza e spiazzante crudeltà diventa un apologo (La samaritana, Pietà, Moebius), oppure l'apologo si dimostra inaffidabile (Primavera, estate, autunno, inverno..., Ferro 3).
Assai sottovalutato alla sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, Il prigioniero coreano appartiene al secondo gruppo. Con un andamento lineare e di avvenimenti che conseguono l'uno all'altro, Ki-duk ci presenta un racconto diviso chiaramente in due parti, due luoghi, due Paesi e due sistemi politici, ovvero le due Coree.
Sebbene lontana da una profonda conoscenza della situazione da parte degli spettatori occidentali (per quanto magari ora più informati, "grazie" alle tensioni internazionali e alle Olimpiadi invernali), la divisione tra il Nord dittatoriale e comunista, e il Sud democratico e capitalista si offre da tempo, per i registi coreani del sud, come un'occasione narrativa di sapore universale, e non meramente locale.
La Corea del Nord e quella del Sud possono essere intese come un simbolo delle differenze fra l'occidente e il comunismo. Trattasi di mondi diversi, opposti. È notorio. Una sintesi generalizzata, senza tanti racconti e analisi, può stare nelle immagini del fotografo Jacob Laukaitis, che mette a confronto alcune istantanee della vita nei due Paesi: uno scenario corale di gente che sta bene in un camping a fronte di uno schieramento di persone sull'attenti davanti all'icona del leader Kim Jong-un; un parcheggio della Corea del Sud senza un posto libero, e quello del Nord con una sola macchina; un ambiente di studenti del Sud rilassati e allegri e quello del Nord dove tutti sono immobili e schierati. E poi due stazioni, una dinamica e luccicante, l'altra tetra con gente che sembra rassegnata. La radice di queste differenze ha una data precisa, il 25 giugno del 1950, quando truppe nordcoreane attraversarono il 38° parallelo e invasero la Corea del Sud. L'Onu reagì, gli Usa si assunsero la responsabilità maggiore e il generale MacArthur accorse in aiuto del Sud. Dopo vicende alterne venne ristabilito il vecchio confine e i due Paesi divennero, di fatto, protettorati degli Usa e della Russia e della Cina. Da allora, i modi di vita furono... relativi. Nei decenni le evoluzioni portarono alle immagini, e all' identità, descritte sopra. La variabile di questa epoca è, appunto, Kim Jong-un, il cosiddetto signore della guerra, con la sua politica, i suoi azzardi, il suo modo di gestire il potere e il popolo. Sappiamo.
A rappresentare tutto questo arriva un film, Il prigioniero coreano (guarda la video recensione), di Kim Ki-duk. Non è raro che il cinema, attraverso una piccola parabola, riesca ad essere più efficace e chiaro di tanti documenti, servizi, approfondimenti, della carta e della televisione.
La vicenda di Nam Chul-woo, un povero pescatore nordcoreano, spiega le due Coree con lucidità drammatica, nella cultura, nelle ideologie, nella vita quotidiana. Al di là delle apparenze e della propaganda. Accade che il motore della sua barca vada in panne e Nam si trovi ad attraversare, senza volerlo, il fatidico 38° parallelo. Subito catturato, viene accusato di spionaggio. Si difende disperatamente ma non gli credono. La cultura del sospetto è troppo radicata. Viene affidato al solito binomio, il poliziotto buono e quello cattivo. Non mancano le torture, sottili, senza sangue: viene costretto a scrivere, poi a riscrivere, poi ancora. Il responsabile dell'indagine intende percorrere l'altra strada. Il pescatore ha la "fortuna" di essere in un Paese democratico, di essersi salvato da quella dittatura opprimente. Dunque va accolto ed educato. Ma Nam non ne vuole sapere, vuole tornare al Nord, dove ha famiglia.
Agli albori dei tempi, la penisola coreana era un'unica Nazione. Non c'erano divisioni tra Nord e Sud, i coreani erano semplicemente coreani e vivevano nel paese "del calmo mattino" tra arte, cultura e commerci. La storia della Corea procede tra epoche più o meno stabili, in cui si susseguono diversi regni, spesso in lotta tra loro per il dominio della penisola. Tra il XIV e il XIX secolo, il paese attira l'interesse dei suoi potenti vicini. Cina, Giappone e Russia provano a conquistare la penisola, che cadrà soltanto nel 1905, quando prima diventa un protettorato giapponese, poi, cinque anni più tardi, una colonia dell'Impero nipponico. Fino all'agosto del 1945, la Corea dovette sopportare un'invasione straniera che le provocó ferite enormi e una grave arretratezza economica.
Con la sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale, la Corea riesce finalmente a liberarsi dai nipponici. Ma soltanto per poco, perché la penisola si trasforma presto in un gioco da tavolo di altri interessi stranieri.
Sempre nell'agosto 1945, l'Armata Rossa occupa la parte settentrionale del paese, mentre gli americani rispondono un mese più tardi sbarcando a Incheon per prendere possesso della zona meridionale. Improvvisamente, la Guerra Fredda si trasferisce in Corea. Su proposta degli Stati Uniti d'America, la penisola coreana viene divisa in due Stati all'altezza del 38o parallelo. L'idea statunitense è quella di istituire una commissione bilaterale per formare un governo provvisorio prima della riunificazione del paese. Questo non avviene, e le due parti si organizzano fondando altrettanti Stati sovrani: la Corea del Sud (15 agosto 1948) e la Corea del Nord (9 settembre 1948). Inizia qui la profonda divisione che tutt'oggi separa le due Coree.
Kim Ki-duk continua a non fare sconti al suo pubblico, raccontando questa volta una dura parabola politica sulla Corea. Un giorno la rete di Chul-Woo, povero pescatore nordcoreano, s'impiglia nel motore della sua barchetta, portandolo a sconfinare nell' "altra" Corea. Preso prigioniero, l'uomo è torturato dal controspionaggio: che lo vuole indurre o all'abiura (per propaganda) o a diventare una spia. [...] Vai alla recensione »
Ancora un film sulla divisione, sullo iato che separa l'uomo in sé, punto da sempre cruciale nel cinema di KimKi-duk. Certo, Il prigioniero coreano (Geomul), presentato a Venezia 73 nella sezione Cinema nel Giardino, è in prima istanza un'opera in cui Kim Ki-duk sembra parlare (anche con un certo coraggio, va detto...) del nodo critico rappresentato dalla divisione della penisola coreana lungo il 38° [...] Vai alla recensione »
Il dramma delle due Coree visto da un grande autore che non ha mai militato nel cinema realista ma costruisce sempre mondi complessi e densi di inquietudini filosofiche con un pugno di elementi come sa chi ha visto i suoi film, da "Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera" a "Soffio", da "La samaritana a "Ferro 3". Il prigioniero del titolo è un povero pescatore del Nord che un giorno [...] Vai alla recensione »
Pochi registi come Kim Ki-Duk son capaci di passare da crudeli punizioni inflitte allo spettatore a film che non sembrano neanche suoi, tanto rispettano il patto secondo cui il cinema, se non proprio farci ballare sulla sedia, deve perlomeno non annoiare. Premiato con il Leone d'oro a Venezia nel 2012, "Pietà" avrà avuto pure i suoi meriti formali e melodrammatici -trattava di incesto, tra altre sgradevolez [...] Vai alla recensione »
Kim Ki-duk, il più celebre regista sudcoreano, è tornato con un film urticante per molti suoi compatrioti. Racconta la storia di un pescatore nordcoreano che conduce una vita dura ma serena con la moglie e la loro bambina. Finché un giorno, a causa di un guasto alla sua barca, finisce oltre il confine con il Sud. Quando approda, viene arrestato e portato a Seul per essere interrogato: le autorità sono [...] Vai alla recensione »
Storia individuale in volo nell'universale, il debole intrappolato nella perversione di ogni potere e tradito nella fiducia civile, è anche uno sguardo sulla separazione coreana. Occhio al titolo italiano: prigioniero, né del sud né del nord, dunque di entrambe (l'originale, Geumul, significa retino). Pescatore poverissimo, padre di famiglia al confine estremo della Corea comunista, col motore incastrato [...] Vai alla recensione »
Da una parte tutto sembra un po' grigio, case povere, una sola stanza dove si vive, si mangia e si dorme e fare sesso è un'acrobazia per non gemere troppo e non farsi scoprire dagli occhi della figlioletta. Dall'altra ci sono i grattacieli, il lusso tecnologico, automobili, cibo, abiti eleganti, la gente appare più pulita persino i cessi della polizia sono migliori.
Unendo il Sud, con la sua dinamica economia e le sue forze armate convenzionali, al Nord, con la sua arma nucleare e i missili a gittata (per ora) continentale, la Corea sarebbe una potenza mondiale. Occorre ricordarlo guardando II prigioniero coreano di Kim Ki-duk. C'è infatti un patriota sotto l'apparenza del malcapitato, un pescatore, il cui destino è segnato dalla rete (questo il titolo originale) [...] Vai alla recensione »
Un piccolo uomo sta al centro di Il prigioniero coreano (Geumul, Corea del Sud, 2016,114'). Si chiama Nam Chul-woo (Ryoo Seung-bum), e fa il pescatore. Ogni mattina si presenta al posto di blocco che lo separa dal mare e dalla sua piccola barca. Le guardie lo conoscono bene. Ha una moglie e una figlia di cinque o sei anni. Non è ricco, ma quel che pesca gli consente una vita dignitosa, considerate [...] Vai alla recensione »