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Cinema eretico

Pasolini tra biografia e riappropriazione.
di Roy Menarini

In foto Willem Dafoe interpreta Pasolini nel film di Abel Ferrara.
Willem Dafoe (69 anni) 22 luglio 1955, Appletown (Wisconsin - USA) - Cancro. Interpreta Pier Paolo Pasolini nel film di Abel Ferrara Pasolini.

domenica 28 settembre 2014 - Approfondimenti

È curioso che tra i difensori strenui della figura storica di Pasolini vi sia chi ha accusato Abel Ferrara di lesa maestà. Come se ci fosse un modo ortodosso di girare un film sul poeta nato a Bologna e uno invece sbagliato, frutto di fraintendimenti e tradimento. Probabilmente Pasolini sarebbe il primo a detestare la santificazione che una certa schiatta di studiosi e conservatori ne sta producendo, e ad apprezzare i rischi corsi dal regista italo-americano nel raccontare le sue ultime 24 ore di vita.
Negli ultimi anni, del resto, anche la scena letteraria si è mostrata parecchio in fibrillazione di fronte a romanzi come quelli di Walter Siti (curatore lucidissimo di studi pasoliniani nonché narratore "scandaloso") o Emanuele Trevi che in "Qualcosa di scritto" ha lavorato su un impasto di biografia e invenzione non troppo differente da Ferrara - almeno per quel che riguarda la figura chiave di Laura Betti, qui interpretata con precisione da Maria De Medeiros.
Meglio perciò abbandonare le polemiche e concentrarsi sul film, che ha dalla sua, come maggior merito, quello di non somigliare a nessun altro. Il pendolo che equilibra tutto il difficile componimento ferrariano è Willem Dafoe, che strabilia per come restituisce il nervosismo fisico, il volto squadrato, le movenze talvolta atletiche, la sessualità evidente di Pasolini, pur somigliandogli solo in parte. È su di lui che il regista comincia a definire l'instabile oscillazione di vero e fantasioso che dona forza al film. Non è del resto facile, per i meno edotti sulla biografia e sull'opera pasoliniana, riconoscere i passi di "Petrolio" che vengono messi in scena (e il pubblico in sala fibrilla di fronte alle avventure omoerotiche del protagonista del romanzo), e ancora di più vedendo l'ipotesi-Ferrara del Porno-teo-kolossal mai girato, con Eduardo de Filippo nei panni di Epifanio (qui interpretato da Ninetto Davoli, mentre Davoli giovane ha il volto di Scamarcio, in una vertigine ironica e al tempo stesso assai gustosa).
Ferrara opta per uno strano film-saggio, metà narrativo e metà documentale, dove le ore dell'intellettuale - quelle che lo separano dalla morte - solo talvolta sono segnate dal presagio (come nel caso dell'intervista, decisiva, concessa a Furio Colombo), mentre altrettanti sono i momenti nei quali Pasolini sta progettando il futuro, dalla realizzazione del già citato Porno-teo-kolossal (letto ad alta voce a Davoli in un ristorante) agli appunti dell'agenda futura su cui Ferrara chiude la pellicola.
Insomma, un cinema del rispetto e insieme della riappropriazione, un cinema biografico ma attento ai dati del reale, un cinema di un autore che si rispecchia in un altro ed evita protagonismi esibiti per lasciar spazio alla tenerezza nei confronti di un artista scomparso, un cinema che - pur imperfetto e non sempre sorretto dal controllo dei propri mezzi (specie nell'altalenante finale) - rischia di non interessare molti per suscitare invece la viva reazione dei cinefili e degli amanti di un Pasolini imprevedibile e incustodito.

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