Nel thriller di Joe Wright le vere lacune sono nella sceneggiatura.
di Marco Consoli
Quando qualcuno parla male degli effetti visivi, individuando in essi i motivi della scarsa riuscita di un film, in realtà sta compiendo il più semplice e scorretto dei ragionamenti: attribuire alla confezione visiva colpe troppo spesso riconducibili a una cattiva sceneggiatura. È questo il caso di Hanna, thriller di Joe Wright scritto davvero male e per il quale gli effetti visivi hanno giocato un ruolo comunque fondamentale, che sembrerà però agli spettatori totalmente invisibile. Non si tratta di un utilizzo ipertrofico e quindi evidente dell’immagine digitale, ma sottile eppure efficacissimo, a dimostrare ormai l’impossibilità della macchina cinema di rinunciare all’utilizzo del computer anche quando parrebbe un sovrappiù. È sufficiente guardare il bellissimo dietro le quinte pubblicato dalla società Mr. X, di recente al lavoro anche su Source Code e Tron: Legacy: 2 minuti e 40 secondi di trucchi spettacolari, che mostrano come l’immagine sia ormai sempre più un puzzle di elementi girati dal vivo e creati in computer grafica.
La sfida di Hanna per gli esperti di trucchi digitali è stato di far sembrare sullo schermo il budget striminzito di “soli” 30 milioni di dollari grande almeno il triplo: quando un film propone tutte quelle location (Finlandia, Marocco, Germania) e diverse scene d’azione, a volte è sufficiente un dettaglio per rendere le sequenze più (in)credibili, grandiose e costose. Piccole cose come le frecce digitali per uccidere la renna nell’incipit del film o la neve e il vento digitali per rendere una capanna in mezzo ai boschi più interessante o ancora un aereo creato al computer per alludere all’imminente contatto della protagonista con la civiltà. Il filmato di backstage è un piccolo compendio di come si ritoccano oggi le inquadrature anche dei film apparentemente meno spettacolari, non solo nelle sequenze più ovvie, come quando Saoirse Ronan è agganciata sul fondo di un’auto in corsa e viene ripresa attaccata a un veicolo fermo in studio davanti a uno sfondo verde con un po’ di vento che le scompiglia i capelli: tanto ci saranno la strada e la polvere virtuali a rendere il tutto verosimile.
Colpisce il fatto come i trucchi intervengano anche in scene che apparentemente non ne avrebbero bisogno, come quando il volto digitale di Eric Bana viene incollato a uno stuntman che lotta in campo lungo o quando le strade della città riprese di notte sono applicate sui finestrini e sul parabrezza del camper su cui Saoirse è fuggita. Spesso però i trucchi intervengono quando qualcosa sul set non ha dato i risultati sperati: “Nella scena di lotta, in alcuni momenti, si vedeva che i pugni erano dati per finta”, spiega il supervisore Brendan Taylor “e così uno dei due attori è stato scollato dalla scena e avvicinato artificialmente all’altro, in modo da ridurre la distanza tra i due”. Sono elementi come l'ampliamento delle location (gli sfondi del Marocco o quelli nella scena dei container) o l'inserimento nella scena di oggetti chiave (il traghetto usato per la fuga) a rendere possibile la sospensione dell'incredulità.