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Ho lavorato solo d'istinto

Colin Firth spiega come è riuscito a dare forma al suo personale re Giorgio.
di Giovanni Bogani

Colin Firth durante la conferenza stampa di presentazione de Il discorso del re alla Berlinale 2011.
Colin Firth (63 anni) 10 settembre 1960, Grayshott (Gran Bretagna) - Vergine. Interpreta Re Giorgio VI nel film di Tom Hooper Il discorso del re.

giovedì 17 febbraio 2011 - Incontri

E non balbetta neanche un po’! Il re Colin parla tranquillo, con la sua forza ostinata, da traino Scania. Dodici nomination, tra cui quella a lui come miglior attore, devono dare un bel po’ di fiducia. Lui però gioca al ribasso, com’è giusto: l’arte dell’understatement non l’hanno inventata gli inglesi? “Io sono a scoppio ritardato: può darsi che tiri i pugni in aria a maggio e che stappi una bottiglia di champagne a settembre, per la felicità che vivo oggi”, ha detto pochi giorni fa, a chi gli ha chiesto come si senta, nell’imminenza degli Oscar.

Lui arriva, e sembra il remake della conferenza di Venezia, quando venne con A Single Man. Sembra vestito da Tom Ford. Impeccabile, giacca nera, camicia bianca, cravatta nera. Premiato come miglior attore ai Golden Globes, arriva qui a Berlino giusto per spalmare un po’ di glamour su una Berlinale a basso tasso divistico. Il suo film è fuori concorso.

Quanto è stato difficile imparare a balbettare per il film? “No, non è stato difficile imparare a balbettare”, risponde. “È che, per un po’, dopo il film, ho parlato con ancora maggiore difficoltà che di solito! Per prepararmi, ho guardato film documentari su veri balbuzienti. Ma non sono un esperto di balbuzie: abbiamo fatto tutto da noi, per costruire i personaggi. Mia sorella è una terapista della voce, ma non mi ha aiutato con consigli ‘tecnici’…”.

“Comunque – prosegue – non è stato un lavoro intellettuale, ma solo un lavoro d'istinto. Quello che ho cercato di evitare? Il lato ‘povero me’ del personaggio. Non volevo che fosse compatito; il pericolo era solamente l’autoindulgenza e il sentimentalismo, che avrebbero ucciso la storia. Io e Tom, il regista, abbiamo lavorato molto perché non ci fosse questo aspetto. Cercando di mettere insieme umanità e ironia”.

“C’era poi un altro aspetto apparentemente difficile”, conclude. “Io sono molto dissimile dal vero re George, che era magro e piccolo. Ma penso che le nuove generazioni non sappiano molto del reale aspetto del re George”.

Il film è candidato a dodici Oscar, e uno è quello come miglior attore, che la riguarda in prima persona. Che cosa significherebbe per lei vincere? “La tradizione degli Oscar è meravigliosa, ed è già un privilegio farne parte. Su tutto quello che succederà quella notte, credo che ci penserò nei sei mesi successivi, comunque vada. Adesso non riesco proprio a pensarci”.

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