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X Men le origini: un Wolverine semplificato

Lo spin-off/prequel della saga di X-men non ha una realizzazione all'altezza dei precedenti.
di gabriele niola

Semplificate e con meno enigmi arrivano al cinema le origini di Wolverine
Hugh Jackman (55 anni) 12 ottobre 1968, Sydney (Australia) - Bilancia. Interpreta Logan; Wolverine nel film di Gavin Hood X-Men le origini: Wolverine.

giovedì 30 aprile 2009 - Approfondimenti

Semplificate e con meno enigmi arrivano al cinema le origini di Wolverine doveva essere un tassello fondamentale nella saga cinematografica dei mutanti ma già dalla povertà del comparto effettistico digitale il film si rivela poco più di uno spin-off. Eppure Logan è uno dei personaggi più enigmatici dell'universo Marvel e lo è per precisa volontà degli autori: il suo passato lunghissimo (è in vita da diversi secoli) e noto solo a sprazzi è continua fonte di nuove storie, di fascino e lo circonda di quell'aura da maledetto che è la cifra del suo successo. Tutto ciò si intuiva nei film della serie X-Men ma giunge al suo compimento in questo prequel di Gavin Hood, dove l'artigliato mutante è protagonista assoluto e dove la sua storia si fonde con le origini della scuola per giovani dotati di Charles Xavier. Indagare su Wolverine (o Logan) per indagare sul mondo e l'evoluzione della fobia dei mutanti.
Molte sono le concessioni che il film si prende sul fumetto: concessioni di marketing (occorre introdurre un personaggio fascinoso come Gambit), concessioni di brevità (la storia sarebbe molto più lunga e complessa) e di svolgimento della trama (serve un cattivo da combattere), tutto questo semplifica il personaggio e alla fine ciò che rimane immutata è l'idea di un uomo che non ricorda nulla se non che non ha più nulla da perdere.

La computer grafica non è una panacea
Fatte le dovute proporzioni con la saga dei film di Bryan Singer e soppesato il fatto che Wolverine è quasi uno spin-off da tale serie ci si chiede come mai il comparto effetti speciali sia ai minimi storici.
Fondali digitali, che cercano il realismo ma trovano un'eccessivo espressionismo dei colori, che non sempre sono "in proporzione" con la figura in primo piano, cosa che genera un senso di fastidioso straniamente e rende lo spettatore consapevole della finzione, trasparenze nelle sequenze in macchina abbastanza tirate per i capelli e soprattutto alcune aggiunte digitali (come gli artigli in adamantio) realizzate a basso costo sono difficilmente spiegabili se non con tempi di lavorazione troppo stretti.
Al pari della sceneggiatura anche il comparto di postproduzione del film sembra aver avuto a disposizione molto meno tempo di quello che sarebbe stato necessario. Come spiegare altrimenti il palese crollo di qualità di molte soluzioni visive, soprattutto di quelle che si confrontano direttamente con i precedenti film dove abbiamo visto Wolverine? Produzione diversa, studi diversi ed esperienza diversa e così quindi accade che una delle componenti più importanti per la trama e per il film stesso (la credibilità di un uomo dalle cui mani spuntano artigli in metallo) sia realizzata malissimo.
In Wolverine sembra che la logica sia stata non di realizzare qualcosa di digitale e credibile ma di lasciare al digitale tutto ciò che era difficilmente fattibile, come se la computer grafica fosse una bacchetta magica in grado di risolvere tutti i problemi. In realtà non è così, spesso la lavorazione al computer di un effetto prende più tempo di una soluzione intelligente applicata sul set e magari dà anche risultati più scadenti se non c'è abbastanza tempo per lavorarci.

Al cinema un Wolverine semplificato
Forse si tratta del singolo personaggio più di successo di tutto l'universo Marvel per come incarna la tensione al male e all'agire fuori dei confini che spesso funesta i personaggi positivi della narrativa americana. Wolverine è l'outsider, "il migliore in ciò che fa" che ha avuto una vita terribile che ricorda solo a momenti e che inevitabilmente ha ricadute sul suo presente. Un fratello che si è scoperto tale solo recentemente e che è la sua nemesi, un passato nobile, una formazione durissima (quella in team X) e soprattutto poteri mutanti ancora non molto chiari.
Tutto questo nel film trova un posizionamento anche se poi le motivazioni e gli espedienti di trama per arrivare a tali topoi non sono i medesimi del fumetto. Problemi di adattamento e necessità di far entrare tutto in un film unico. Entra una storia d'amore a motivare l'adesione al progetto Arma X, viene accentuato il rapporto di mutua dipendenza e di violenza/fratellanza con Sabretooth/Victor, molti ambiti ancora lasciati irrisolti dalla serie vengono invece motivati per portare a compimento la trama del film, viene stranamente eliminata la parte di peregrinazione nelle foreste nella quale Wolverine sarebbe diventato l'animale che è nel presente e se ne accentua invece il lato disperato e di conitnuo perseguitato.
Passando dal fumetto al film Wolverine diventa insomma un eroe americano più "canonico", comprimendo una storia che i fumetti hanno svelato nel corso di decenni ne esce una parabola normalizzata rispetto a quella raccontata sulla carta. Wolverine perde insomma la sua complessità e la sua natura peculiare di eroe per necessità e diventa un eroe americano, un patriota che ha combattuto in tutte le guerre ed è sempre stato dalla parte del bene. Scompare ogni ambiguità, l'unica cosa sicura nella vita di Logan diventa la rettitudine morale. E con l'ambiguità probabilmente se ne va anche parte del fascino.

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