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Horror Frames: Dead Snow e gli horror nazi

I nazisti tornano come male assoluto nel film di Wirkola.
di Rudy Salvagnini

Da antagonisti nei film di guerra all’horror

giovedì 15 aprile 2010 - News

Da antagonisti nei film di guerra all'horror
Al cinema, i nazisti hanno avuto una notevole presenza come antagonisti nei film sulla Seconda Guerra Mondiale, generalmente in un contesto realistico. Però sono stati rievocati anche dal cinema horror, in quanto simbolo di un orrore assoluto, del peggio che la natura umana ha saputo esprimere. Nel caso degli horror, i nazisti perdono di solito connotati realistici, mantenendo una valenza fortemente maligna. Un film significativo a questo proposito è L'occhio nel triangolo (1977) di Ken Wiederhorn, nel quale il grande Peter Cushing interpreta il vecchio comandante di un corpo speciale delle SS creato in laboratorio per respirare sott'acqua. Ricco di un'atmosfera misteriosa e quasi onirica, è un low budget interessante, che fa buon uso dell'immagine sinistra dei soldati nazisti trasformandoli in una variante militare dei classici zombie. I redivivi (1966) di Herbert J. Leder elabora un'ipotesi più classica, ai confini con la fantascienza: alcuni comandanti nazisti sono ibernati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, pronti a tornare a combattere per impossessarsi del mondo. Di zombie nazisti si occupa anche, malamente, un dittico soporifero: Zombie Lake (1980) di Jean Rollin e Oasis of the Zombies (1983) di Jesus Franco. Più interessanti La fortezza (1983) di Michael Mann e The Bunker - I demoni sono dentro di noi (2001) di Rob Green, ancora con i nazisti in preminenza: il film di Mann, in particolare, è stilisticamente molto valido e gioca sul binomio nazismo-esoterismo che ha avuto anche qualche riscontro nella realtà.
Recentemente, un horror norvegese, Dead Snow, si è nuovamente occupato di nazisti, in versione zombie.
Quattro ragazzi e tre ragazze raggiungono una casetta sperduta in mezzo ai boschi per trascorrere una piacevole vacanza. Si divertono e se la spassano, tutto sembra perfetto. Ma una delle ragazze, uscita di notte per andare nel gabinetto esterno, vede qualcosa tra gli alberi ed è spaventata. Gli altri le dicono che potrebbe essere Sara, la quarta ragazza, che dovrebbe raggiungerli (e che è stata invece uccisa nel bosco nella sequenza iniziale). Qualcuno comunque c'è: un uomo che, chiesto del caffè, spiega ai ragazzi che quella era una zona importante, durante la Seconda Guerra Mondiale. C'era uno strategico reparto tedesco comandato dal crudele colonnello Herzog, che massacrava i civili. Verso la fine della guerra, le ultime scorrerie dei nazisti avevano trovato la resistenza dei cittadini. Herzog e alcuni dei suoi erano sopravvissuti rifugiandosi nelle montagne, proprio in quella zona, dove probabilmente erano morti congelati. Secondo l'uomo, in seguito a quei fatti, c'è lì una presenza demoniaca, che non bisogna svegliare. Naturalmente, i giovani non lo prendono sul serio. Ma anche lui dovrebbe essere più attento, perché, accampatosi nel bosco con la sua tenda, viene ucciso selvaggiamente. Il giorno dopo, uno dei ragazzi se ne va con la motoslitta a cercare Sara, mentre gli altri continuano a godersi la vacanza nella casetta. Finché non arrivano gli zombie nazisti, cioè.

Uno slasher iperrealistico
I nazisti sono visti come il Male assoluto. Diversamente da L'occhio nel triangolo o I redivivi, non c'è spiegazione per il loro ritorno: sono creature malefiche che nemmeno il tempo può sconfiggere. Potrebbero essere una metafora della persistenza del fantasma nazista e di quello che rappresenta, ma in realtà, lo scopo del film è, più banalmente, quello di usare i soldati nazisti come puri e semplici mostri, approfittando di come sono percepiti nell'immaginario collettivo. Per il resto, il film lavora su convenzioni e stereotipi tipici dello slasher, con il gruppo di giovani assatanati di sesso e divertimento, la location boschiva isolata, gli assassini spietati e soprannaturali. Anche la gestione del racconto sembra inizialmente ancorata alla tradizione, senza innovazioni. Persino il comportamento dei ragazzi - irresponsabile e inetto - è in linea con la media degli slasher. E come negli slasher puritani degli anni '80, i primi due ragazzi a morire sono quelli che avevano fatto sesso.
In realtà, il trentenne regista norvegese Tommy Wirkola gioca consapevolmente con le convenzioni del genere, in attesa di cambiare registro. Dopo una prima parte lenta e con più di qualche lungaggine di stampo turistico, il film infatti prende quota nella seconda parte quando i nazi-zombie cominciano ad attaccare in massa. A quel punto, lo slasher si trasforma in una festa dell'eccesso e del gore, in un tripudio iperrealistico di effettacci gore di buona efficacia. I parametri di riferimento diventano La casa e Splatters - Gli schizzacervelli: forse non si arriva a uno scatenamento così totale, ma ci si va vicino, con l'ironia a farla da padrona. In certi casi, più che di ironia si deve parlare di comicità. Tipico in questo senso è il momento in cui uno dei ragazzi si trova appeso su un precipizio, aggrappato, con uno zombie, agli intestini di un altro zombie. Altrettanto tipico è quando un altro ragazzo decide di combattere gli zombie con una rudimentale bomba molotov. Dopo essere quindi rimasto a lungo indeciso sul tono da prendere - se serio-ironico o truce - il film vira decisamente sullo splatter a tutto gas, guadagnandone dal punto di vista spettacolare e dell'intrattenimento. Certo, non tutto è di prima mano, la storia resta esilissima e il movente degli zombie è piuttosto telefonato - come pure il sottofinale - ma non si può negare che Wirkola dimostra di sapere il fatto suo.
Un elemento in più a favore del film è rappresentato dalle affascinanti location norvegesi: dal punto di vista visuale, la moltitudine di zombie nazisti sul bianco della neve è un'immagine bizzarramente affascinante.

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