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Maselli e le sue ombre rosse

Riflessione su Le ombre rosse.
di Pino Farinotti

Se hai voglia di sinistra ti passa
Francesco Maselli Altri nomi: (Citto Maselli / Franco Maselli ) 9 dicembre 1930, Roma (Italia) - 21 Marzo 2023, Roma (Italia). Regista del film Le ombre rosse.

lunedì 7 settembre 2009 - Focus

Se hai voglia di sinistra ti passa
Ho visto Le ombre rosse di Citto Maselli. In sala c'ero io e un altro. I giovani di un centro sociale che si chiama "Cambiare il mondo" incontrano il professor Siniscalchi vecchio, storicizzato intellettuale comunista. Potrebbe nascerne un progetto di enorme impatto, persino di sostanza, ma poi tutto si arena in una palude di chiacchiere, dei giovani e dei vecchi compagni del professore. Il film è evocativo, a cominciare dall'estetica quasi violenta. Le prime immagini del centro sociale richiamano un girone dell'inferno. Il grande spazio che accoglie i senza tetto, materassi e lenzuola bianche disposti ad anfiteatro, sembra davvero un'incisione del Doré. Una premessa: Maselli sa fare cinema, poi, il cinema che fa... be', è affar suo e purtroppo per lui, per pochi, pochissimi altri. È artista di grande onestà, ha una sua genetica e a quella è rimasto fedele, senza evoluzioni, mentre tutto, intorno si è evoluto. Ho scritto "evocativo". Quella didascalia, "cambiare il mondo" naturalmente dovrebbe appartenere ai giovani, a tutti. E qui inserisco l'altra premessa, che è l'educazione sentimentale e culturale. Alludo a chi, alla fine degli anni sessanta, primi settanta, studiava all'università Statale di Milano, come me. Cambiare il mondo, appunto, apparteneva a tutti noi. Stare col debole, la cultura solidale e contro il privilegio, la rabbia e l'azione: tutto questo c'era, e c'eravamo dentro. E pure nelle evoluzioni successive, nei destini e nei compromessi, "tutto questo" non ce lo avrebbe mai tolto nessuno. E tutto questo è emerso, "evocato" in quelle prime immagini e parole. Solo suggestione da prime parole purtroppo, poi il sentimento, mio e del film, è cambiato.

Idee
Il centro sociale avrebbe grandi idee: il cinema, la letteratura, e poi il teatro: i giovani intendono rifare addirittura il teatro elisabettiano. Poi c'è una coppia, un'ebrea e un musulmano che cantano una canzone di integrazione, e un rockettaro che fa Avanti o popolo, in chiave Rock, appunto. E i ragazzi vivono in quell'ambiente, diroccato, sporco, degradato, dormono in mutande in cellette con pareti di cartone, aperte a tutti. Non mancano droga e alcol. E tutti parlano, parlano, parlano. E c'è il momento di confronto coi "vecchi", intellettuali, architetti, sindacalisti, gente inserita nel sistema: governa il centrosinistra. E i vecchi parlano più dei giovani. E ci sono anche scene di sesso, disperate quelle dei giovani, grottesche quelle dei vecchi. Alla fine, a forza di parole, il progetto si disperde insieme al centro sociale, tutto rientra, niente succede. Insomma che tu sia vecchio o giovane, se ti viene un minimo di voglia di militanza ... ti passa. Maselli assume se stesso come modello di contestazione verso questa Sinistra che si autodevasta. Cose che sappiamo, che ci vengono dette "instant" ad ogni ora del giorno. È interessante, almeno quanto il film, un'intervista di qualche giorno fa.
Maselli, tessera P.C.I., cita Gramsci, Togliatti, si definisce "ingraoiano", parla di militanza, di partito, di sedi di partito, di vecchi iscritti. Evoca quell' apparato, estinto, sorpassato e dimenticato persino laggiù dov'era stato inventato in quel certo ottobre, che doveva, appunto, cambiare il mondo, che durò settant'anni e poi ci si accorse che ... occorreva ricambiare. Maselli è ancora in quell'ottobre. E si rivolge ai suoi, e bacchetta chi non gli è simpatico, ne fa una caricatura, come quella dell'architetto Vargas che ricorda sospettosamente Massimiliano Fuksas. Nel film è momento di elezioni, i "vecchi" sentono fuori i clacson scatenati. Qualcuno dice "ma i clacson non sono un segnale di sinistra" infatti ha vinto la Destra. Maselli si è accorto della grande debolezza, della mancanza di idee, di forze e di tutto, ma forse non si è accorto di aver confezionato uno spot irresistibile a favore della Destra.

Diritto
Ogni autore, e anche l' accreditato Maselli, ha il diritto di raccontare tutte le storie e tutte le idee. Nell'intervista ha parlato del titolo, attribuendo la scelta al produttore Cattleya. Lui avrebbe voluto Anni luce. Ha aggiunto: il film di John Ford non c'entra. Però l'astuzia c'entra e dico che non mi è piaciuta e che Citto non doveva. "Ombre rosse" è un suono da leggenda, apre tutto, è ottimo marketing, è davvero spendibile. E qui apro un inciso: Maselli è recidivo, nel '75 fece Il sospetto, qualcuno gli suggerì di precisare e così il titolo divenne Il sospetto di Francesco Maselli, per non confonderlo con.... Hitchcock. L'auspicio è che prima o poi non salti fuori Quarto potere. Ed è vero che Ford non c'entra, soprattutto non c'entra con Maselli. Quel film è un western per caso, è un micromondo di vicende e caratteri raccontato alla perfezione. Con una lacuna: gli indiani sono i cattivi. I diversi cattivi, le minoranze peggiori delle maggioranze, era davvero qualcosa di imperdonabile rispetto a ciò che già allora veniva considerato da alcuni politicamente corretto, e Maselli, già allora era capace di intendere e di volere... il cinema. Dunque Ford "reazionario" si faceva perdonare solo in virtù del grande talento. Ma Ford non era reazionario, era solo un autore privo di tessere, capace di scegliere e di raccontare senza filtri. Tant'è che l'anno dopo girò Furore, forse il film più di sinistra della storia del cinema. E alla fine del suo percorso fece Il grande sentiero, storia di una tribù Cheyenne che attraversa l'America per tornare nelle sue terre, inseguita dalla cavalleria. Il film era un manifesto di libertà, un'accusa alla presidenza, ai ministeri, alla stampa e all'opinione comune. Gli indiani lì erano davvero buoni e i bianchi davvero cattivi. Ed era sempre Ford, una grande, libera intelligenza, non il militante di un'unica idea. Dunque Ombre rosse: meglio lasciarlo stare.

Cinema
Il cinema è perfetto per certe suggestioni, si sa. Lo capirono prima di tutti proprio gli "amici di ottobre" di Maselli. Ma occorrono le misure giuste. Non basta un mare di dialettica astratta. Loach, con le sue storie sul dolore, sul lavoro, sugli oppressi, ha creato disagi grandi al governo Thatcher. Molti, anche non militanti, hanno visto quel film e stavano con Loach. In Charlot, minacciato col manganello dal poliziotto alto un metro più di lui, mentre tiene per mano il monello; in Alberto Sordi che mangia la pastasciutta dopo che i nobili hanno lasciato la tavola affranti per la vittoria della Repubblica in quel 2 giugno; nel piccolo Staiola in trattoria, che guarda il bambino ricco che può mangiare ciò che vuole; nell'istantanea della famiglia Joad, di Furore appunto, che cerca disperatamente lavoro negli Stati, ingannata dal governo, maltrattata dalle autorità, schierata davanti al povero furgone sgangherato: in tutte immagini senza chiacchiere, sta il vero cinema di sinistra, che ti faceva venir voglia di esserlo anche tu. Mentre Citto, continua ad essere l'onesto, coerente, distante eroe della guardia a niente.

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