ediesedgwick
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domenica 11 marzo 2018
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fincher si è sciolto al sole
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Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo.
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Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo. Fincher fa il pieno di personaggi secondari di cui ci si sta già dimenticando durante le scene stesse in cui si prestano al racconto e alla linea della lettura da tanto che lasciano indifferenti (esempio su tutti, mai vista una figura paterna tanto pallida, scipita, brevilinea e poco caratterizzata).
Per il resto si susseguono stralci di vita imboccati da un diario letto al capezzale, tra rapporti illuminati alla bell' e meglio, senza profondità eccedente, secondo pochi e perlopiù scontati aspetti di affrontazione dell'anomalia. C'è da dire che il finale, per paradosso, risolleva anche ampiamente le sorti, ottenendo di prefigurare il riassorbimento nella nascita, ma forse Fincher non va abbastanza in fondo nella dinamica e si ferma qualche passo prima. In sé e per sé il difetto maggiore è che è troppo descrittivo, prevedibile, annacquato da qualsivoglia situazioni senza chiave di anelito ulteriore, sostenute solo da una delle migliori idee -lo concedo- che potessero saltar fuori per tirar fuori qualcosa da questo film. Quando l'idea da sola è più pregnante di quelle lunghissime, didascaliche, tre ore di visione, è segno che qualcosa tocca. La messa agli atti al limite della pedanteria, e il punto è proprio questo, che avendo e partendo da un materiale del genere, da un'anomalia dell'età così intrigante, ricca di risvolti psicologico-esistenziali (è tratto da un romanzo breve) la trasposizione è tutt'altro che valida, né concisa, con nessunissima sintesi di natura alcuna
Incisive sono solo certe immagini isolate, di giustezza poetica, quali la sfocatura dell'alba all'orizzonte, con il sole che spunta inversamente agli ultimi istanti di vita del padre, o il bel finale simbolico con il quadrante dell'orologio e l'acqua che allaga tutto. Accompagnamento e fotografia sono assolutamente stucchevoli, che non fa che appesantire, banali, o meglio alla lunga intiepidiscono. Uno dei più deboli film di Fincher su tutta la linea, in tutta sincerità (senza rancore per quello che rimane un gran bravo regista) avrei voluto prenderlo a sberle, a pensare che solo l'anno prima eravamo ai livelli di Zodiac, un capolavoro sfiorato. Si vede che il biografico/sentimentale non fa per Fincher, dovrebbe attenersi al suo forte che è il genere crime/investigativo perché raramente ho visto un film così affaticato, lezioso, tra lungaggini e senza un barlume di niente di altrettanto potente quanto l'implicazione di per sé della caratteristica principe, peraltro inverosimile, roba che neanche il primo venuto. Peccato. Per riprendere le parole del monologo: "spero che Fincher torni al thriller"
Voto: 4.5
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bracchetto58
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giovedì 1 dicembre 2016
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bello, bellissimo, un grande film
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TUTTO MERAVIGLIOSO. è UN VOLO NELL'ANIMA E NELL'AMORE. MA LEGGETEVI UN RACCONTO BREVE DI FANTASCIENZA DI JAMES G. BALLARD SCRITTO NEL 1964 DAL TITOLO "TIME OF PASSAGE" - (TEMPO DI PASSAGGIO"), E POI DITEMI DA CHI HANNO PRESO L'IDEA...... 44 ANNI DOPO NIENTE DI NUOVO PER CHI AVEVA GIà LETTO UN BREVE SCRITTO BEN PIù DRAMMATICO DEL FILM..... BRAVO DAVID FINCHER, MA è FACILE FARE SUCCESSO SULLE IDEE DEGLI ALTRI E DOPO AVER RUBATO L'IDEA AD UN GRANDE DELLA FANTASCIENZA ! BASTAVA DIRE CHE ERA TRATTO DAL RACCONTO , BASTAVA SOLO QUESTO - BYE BYE - DA GILO'
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luigi chierico
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sabato 2 aprile 2016
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da vedere
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due stelle si incontrano per sparire nel firmamento, una tanto vecchia una appena nata, hanno due destini le parabole si incontrano, emettono una gran luce per disperdersi nella notte dei tempi. ottimo film.
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luigi chierico
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giovedì 31 marzo 2016
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da non perdere
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Si deve moltissimo al regista David Fincher per aver saputo portare sullo schermo una vicenda tanto travagliata ed originale riuscendo a catalizzare l’ attenzione e l’interesse di tutti gli spettatori per l’intera lunga proiezione del film. L’dea parte da un grande scrittore, morto a solo 44 anni, Francis Scott Fitzgerald (vedi film Adorabile infedele con Gregory Peck, Eddie Albert, Deborah Kerr del 1959), il peso dell’ intera lunga vicenda è affidato a due ottimi attori : Brad Pitt e Cate Blanchett che hanno offerto prova di grandissima interpretazione, in una trasformazione di corpi e d’anima che è una metamorfosi di immagine e sentimento. I corpi si trasformano col tempo, destinati normalmente ad invecchiare, ma se si porta con sé sempre l’entusiasmo giovanile cede il corpo ma non l’amore.
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Si deve moltissimo al regista David Fincher per aver saputo portare sullo schermo una vicenda tanto travagliata ed originale riuscendo a catalizzare l’ attenzione e l’interesse di tutti gli spettatori per l’intera lunga proiezione del film. L’dea parte da un grande scrittore, morto a solo 44 anni, Francis Scott Fitzgerald (vedi film Adorabile infedele con Gregory Peck, Eddie Albert, Deborah Kerr del 1959), il peso dell’ intera lunga vicenda è affidato a due ottimi attori : Brad Pitt e Cate Blanchett che hanno offerto prova di grandissima interpretazione, in una trasformazione di corpi e d’anima che è una metamorfosi di immagine e sentimento. I corpi si trasformano col tempo, destinati normalmente ad invecchiare, ma se si porta con sé sempre l’entusiasmo giovanile cede il corpo ma non l’amore. Amore ed erotismo si rincorrono tra la tristezza ed il piacere attraverso sguardi e sorrisi di infinita dolcezza. Una storia nuova, al limite del paradosso, ma poco importa se è avvincente e convincente. Un orologio non si è fermato per arrestare il tempo ma addirittura va all’indietro per restituire quel che si è perso anche in guerra o su un letto d’ospedale dove nasce una creatura destinata ad essere l’orologio. Un neonato deve tornare neonato, un paradosso? Forse, ma seguiamo l’evolversi della storia di Benjamin Button e di Daisy Fuller, una parabola discendente ed una crescente, si incontrano, si sfiorano si confondono finché non riprendono il loro percorso inverso. Come in una favola anche qui c’è un bambino “ brutto come un vecchio rospo” , “Un uomo bambino, un uomo diverso”. Tutta la storia va dalla fine della prima guerra mondiale ad oltre la seconda, ed è in quell’epoca che Benjamin può dire:”Era la prima volta che una donna mi baciava, non si dimentica mai”. O tempora o mores! Insieme all’evolversi dei fatti vi è una colonna sonora bellissima, una vera dolce armonia, un canto del cuore ed una voce bellissima intona un’altrettanto bellissima canzone. Tra tanta musica,sorprende lo “sconosciuto ritrovato” suonare al pianoforte. La natura mostra i suoi spettacoli, albe e tramonti, mari in tempesta, una battaglia navale rappresentata in una maniera nuova, il fuoco occupa la sala,la paura l’anima. Gli occhi continuano ad ammirare la natura, mentre si ascolta la storia dei colibrì, si guardano i due protagonisti desiderarsi e trasformarsi, non è la bellezza a vincere ma la bontà, non la carne ma lo spirito, non la condizione sociale o l’età ma quel che si prova dentro. La fotografia e le riprese bellissime nascondono la bruttura ed il dolore, la vecchiaia che accompagna gli anziani è la vecchiaia di tutti ma non è quella “curiosa di Benjamin”. A secondo della narrazione la tinta della pellicola passa dal color ocra al marroncino, offrendo qualche scena in bianco e nero, mentre splende in tutta la sua magnificenza dinanzi ad un lago, ad un cielo che si tinge di rosso, ad un firmamento ricco di stelle. Tutti i tanti attori sono eccellenti ma quel che si ammira,oltre al fascino sottile di Cate Blanchett e al candore di Brad Pitt, è la scenografia, il trucco e gli effetti che a ragione hanno meritato l’Oscar. E con l’ultima scena con un batter d’ali di un colibrì sulla finestra dell’ospedale, dove sta morendo Daisy Fuller (Cate Blanchett), anche l’orologio della vita si ferma per tutti, con l’augurio di Benjamin (Brad Pitt):”Tutti possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio e trovare la forza di ricominciare da zero”.chibar22@libero.it
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great steven
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martedì 10 dicembre 2013
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benjamin button nasce vecchio e ringiovanisce.
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IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON (USA, 2008) di DAVID FINCHER con BRAD PITT – CATE BLANCHETT – TILDA SWINTON – JASON FLEMYNG – JULIA ORMOND – TARAJI P. HENSON – ELIAS KOTEAS – JARED HARRIS – MAHERSHALALHASHBAZ ALI – ELLE FANNING – DONNA DUPLANTIER § Il giorno della fine della Grande Guerra l'industriale Thomas Button ha dalla moglie, che muore di parto, il suo primogenito. Ma il suo aspetto lo inorridisce al punto che lo strappa dalla culla e lo abbandona di fronte a una casa di riposo. Viene ospitato dalla gestrice della struttura, Queenie, che lo battezza Benjamin. Il neonato soffre di una rara malattia che gli comporta le patologie di un vecchio: arti ossificati, scarso udito, pelle raggrinzita e cattiva vista.
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IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON (USA, 2008) di DAVID FINCHER con BRAD PITT – CATE BLANCHETT – TILDA SWINTON – JASON FLEMYNG – JULIA ORMOND – TARAJI P. HENSON – ELIAS KOTEAS – JARED HARRIS – MAHERSHALALHASHBAZ ALI – ELLE FANNING – DONNA DUPLANTIER § Il giorno della fine della Grande Guerra l'industriale Thomas Button ha dalla moglie, che muore di parto, il suo primogenito. Ma il suo aspetto lo inorridisce al punto che lo strappa dalla culla e lo abbandona di fronte a una casa di riposo. Viene ospitato dalla gestrice della struttura, Queenie, che lo battezza Benjamin. Il neonato soffre di una rara malattia che gli comporta le patologie di un vecchio: arti ossificati, scarso udito, pelle raggrinzita e cattiva vista. Dovrebbe morire entro poco tempo e invece sopravvive, e sembra che qualcosa ringiovanisca in lui giorno dopo giorno; in effetti scopre ben presto che la sua esistenza va alla rovescia. A 7 anni impara a camminare, a 13 comincia a lavorare su un battello con cui parte per la guerra contro il Giappone a 23, vedendo morire il suo comandante e quasi tutto il resto dell’equipaggio. A 26 torna a casa, dove rincontra Thomas, invecchiato e malato, che gli rivela la sua paternità e gli lascia una cospicua eredità, e soprattutto Daisy Fuller, che conobbe nel 1930 nel giardino della casa di riposo e che ora è una giovane e bellissima ballerina. Lui la ama, lei ci mette un po' a ricambiarlo, ma alla fine convolano a nozze e si sistemano in un appartamento. Hanno pure una figlia, Caroline. Ma Benjamin, sostenendo che non potrà mai essere un buon genitore, lascia la famiglia e riprende a girare il mondo. Viene ritrovato agli inizi degli anni '90 da Daisy, che s'è ormai avviata alla terza età, quando è poco più che un ragazzino. Lei, ferita a morte perché Button non ha più memoria del suo passato, lo accudisce fino al giorno della sua morte (in fasce). E neanche sul letto funebre smetterà di rimpiangere la loro storia d'amore. Nel 1922 Francis Scott Fitzgerald, autore di racconti che primeggiò nella cosiddetta età del jazz, scrisse un racconto breve dallo stesso titolo, per il quale fu aspramente criticato dai giornali di New Orleans, che lo definirono «il più grosso pezzo di somaro fra i venditori di storie», oltre che «un bel matto». Eppure nelle sue pagine trapela un fascino di stampo quasi introvabile, una storia che in un numero molto limitato di righe condensa tante vicende che, attraversando la storia, narrano di un uomo diverso da ogni altro suo simile che cerca di collocarsi all’interno della società cui dovrebbe appartenere, ma è la società stessa a creargli i problemi con cui dovrà confrontarsi dapprima all’inizio, quando è un giovane con lunga barba grigia, e poi alla fine, in una vecchiaia dove gioca con le striscioline di carta e si sbrodola bevendo il latte. Anche il film di Fincher (ambientato però nel XX secolo, con prologo ed epilogo nel XXI) fonda le scene, i suoni e i temi partendo da una duplice domanda di indispensabile fondamento: come si comporterebbe un uomo anziano se avesse l’età di un bambino? E come ragionerebbe un infante nei panni di un vecchio? Trasposto sullo schermo, il racconto di Fitzgerald conserva in modo abbastanza dignitoso il suo fascino, anche se a volte scivola nel ridicolo involontario, e traduce in immagini il dramma di questo insolito individuo capace comunque di sentimenti assolutamente umani, che vive le proprie tragedie nei primi anni di vita per poi ripercorrerle ancora più vivamente negli ultimi. Ottimo il lavoro dei truccatori fatto su Pitt, con supplementi forniti dagli effetti speciali della Digital Domain. Il marito di Angelina Jolie dà spessore al suo personaggio, rendendo chiare le contraddizioni che vive e, forse in modo ancora più evidente, le cose di cui è all’oscuro e le verità che scopre sugli uomini e sulle cose solo con l’esperienza sul campo (la guerra, il matrimonio, il lavoro, i viaggi intorno al pianeta, ecc.); la sua interpretazione pecca però di mordente nelle dimostrazioni affettive e nei duetti con C. Blanchett, che invece recita sempre con la sua abituale destrezza che la fa uscire da ogni ordinario. Il suo Benjamin Button è insomma troppo disinteressato e troppo attratto dai piaceri della vita, mentre la Daisy Fuller della Blanchett ha i suoi unici momenti di "abbassamento" nelle sequenze da anziana. Una nota di merito che va senz’altro fatta notare è la consapevolezza del proprio destino che emerge di frequente nei dialoghi. 13 candidature agli Oscar 2009 (fra cui Pitt attore protagonista e T. Henson attrice non protagonista), ma solo tre statuette alla fotografia (dell’italiano Claudio Miranda), agli effetti speciali e al trucco. Colonna sonora composta dal gran maestro francese Alexandre Desplat, con musiche registrate presso l'Hollywood Studio Symphony.
Drammatico; giudizio personale: 7½ (più che discreto)
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jacopo b98
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lunedì 28 ottobre 2013
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visivamente impeccabile, ma...
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Nel 1918 nasce a New Orleans Benjamin Button (Pitt), un neonato di circa ottant’anni. Man mano che cresce Benjamin ringiovanisce e vedrà morire tutte le persone a lui care, tra cui la madre adottiva (Henson), il padre naturale (Flemyng), ecc. Alla fine morirà anche lui, sotto forma di neonato, tra le braccia dell’amore della sua vita (Blanchett). Tratto dal famoso racconto di Francis Scott Fitzgerald, è un melodramma di quasi tre ore, diviso in due parti ben distinte: la vecchiaia di Benjamin, in cui avvengono le cose tipiche della giovinezza: le prime esperienze, i primi amori, il primo lavoro su un rimorchiatore, l’andare in guerra… La seconda è invece la giovinezza-vecchiaia del protagonista, che si crea una famiglia e continua perennemente a ringiovanire.
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Nel 1918 nasce a New Orleans Benjamin Button (Pitt), un neonato di circa ottant’anni. Man mano che cresce Benjamin ringiovanisce e vedrà morire tutte le persone a lui care, tra cui la madre adottiva (Henson), il padre naturale (Flemyng), ecc. Alla fine morirà anche lui, sotto forma di neonato, tra le braccia dell’amore della sua vita (Blanchett). Tratto dal famoso racconto di Francis Scott Fitzgerald, è un melodramma di quasi tre ore, diviso in due parti ben distinte: la vecchiaia di Benjamin, in cui avvengono le cose tipiche della giovinezza: le prime esperienze, i primi amori, il primo lavoro su un rimorchiatore, l’andare in guerra… La seconda è invece la giovinezza-vecchiaia del protagonista, che si crea una famiglia e continua perennemente a ringiovanire. Lo spunto era notevole e se ne poteva cavare un grande film, ma, grazie alla sceneggiatura di Eric Roth e Robin Swicord, tutti gli spunti di riflessione sono demoliti da carrettate di buonismo. Perciò sta qui l’errore e il difetto maggiore di un film altrimenti impeccabile, ai limiti della perfezione: se l’aspetto visivo contasse più di quel che realmente conta nel valore di un film Il curioso caso di Benjamin Button sarebbe un capolavoro: infatti scenografie (Donald Graham Burt), fotografia (Claudio Miranda) e trucco (applicato abbondantemente, soprattutto su Pitt, ma anche sulla Blanchett) sono assolutamente perfetti, oltre a tutto il resto. Insomma, formalmente è un film perfetto, e persino gli interpreti funzionano abbastanza, con un bravo Pitt, prima invecchiato e poi notevolmente ringiovanito. Ma, come ho già detto, i difetti di sceneggiatura si fanno sentire e la colpa è presumibilmente imputabile a Roth, già Oscar per Forrest Gump, e infatti è proprio il capolavoro di Zemeckis che questo film ricorda: un “diverso” che alla fin fine cambia la storia del suo paese. Ma la formula aveva funzionato nel 1994, nel 2008 si rivela un fallimento. Tuttavia Hollywood cade ai piedi di Fincher e del suo film e lo premia con la bellezza di tredici nomination agli Oscar (tra cui film, regia, attore, attrice non protagonista (Henson) e sceneggiatura), per fortuna l’Academy si è resa conto dell’errore in tempo e ha riconosciuto al film solo tre statuette, peraltro meritate: scenografia, trucco e effetti speciali.
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hermes v. b. malavasi
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venerdì 31 maggio 2013
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la semplicità dell'impossibile :)
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Il film è una scultura della vita, in ogni pezetto.
L'idea della trama colpirebbe chiunque, e constatare che alla fine nascere con l'oroglogio biologioco sballato, è forse l'unica tipicità che potresti avere. In effetti come individuo Benjamin ha qualità robuste, ma niente di chè, la sua vita non era deditta a niente a esclusione dell'amore, che si rivela l'unica vera storia. Ciò che mi trasporta all'interno di questa storia è l'amabile capacità di Benjamin di vivere tutto come viene e amare e vivere ogni circostanza con profondità e saggezza. Fin dall'inizio.
è un film che riesce a riempirti il cuore.
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Il film è una scultura della vita, in ogni pezetto.
L'idea della trama colpirebbe chiunque, e constatare che alla fine nascere con l'oroglogio biologioco sballato, è forse l'unica tipicità che potresti avere. In effetti come individuo Benjamin ha qualità robuste, ma niente di chè, la sua vita non era deditta a niente a esclusione dell'amore, che si rivela l'unica vera storia. Ciò che mi trasporta all'interno di questa storia è l'amabile capacità di Benjamin di vivere tutto come viene e amare e vivere ogni circostanza con profondità e saggezza. Fin dall'inizio.
è un film che riesce a riempirti il cuore.
5 stelle per la carica emotiva che sa suscitare in ogni sequenza, musiche sbalorditive e trucco magistrale.
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matilde perriera
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giovedì 23 maggio 2013
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straordinaria odissea - matilde perriera
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STRAORDINARIA ODISSEA - Matilde Perriera - Legittimi i 10,90 euro per il DVD attraverso cui David Leo Fincher porta alla ribalta la progeria, una malattia genetica prolificata dalla mutazione del gene LMNA. La microstoria di Benjamin Button è frutto di una sorprendente inventiva e, comunque, si basa su delicatissime patologie cliniche a cui la scienza non è ancora riuscita a dare risposte concrete. L’animo dello spettatore vibra per le ricchissime riflessioni gnomiche della parabola di un uomo che, nel racconto di Fitzgerald, nasce nel 1860, nel film nel momento in cui la Grande Guerra si è conclusa, e, in ambedue casi, con l’età di un ultraottantenne. Il personaggio principale, con un miracoloso e graduale ringiovanimento, vive una struggente storia d'amore che non ha nulla di favolistico e fa meritare un prosit particolarmente entusiasta per le strabilianti performances operate dalla Digital Domain o le partiture straordinariamente evocative di Alexandre Desplat.
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STRAORDINARIA ODISSEA - Matilde Perriera - Legittimi i 10,90 euro per il DVD attraverso cui David Leo Fincher porta alla ribalta la progeria, una malattia genetica prolificata dalla mutazione del gene LMNA. La microstoria di Benjamin Button è frutto di una sorprendente inventiva e, comunque, si basa su delicatissime patologie cliniche a cui la scienza non è ancora riuscita a dare risposte concrete. L’animo dello spettatore vibra per le ricchissime riflessioni gnomiche della parabola di un uomo che, nel racconto di Fitzgerald, nasce nel 1860, nel film nel momento in cui la Grande Guerra si è conclusa, e, in ambedue casi, con l’età di un ultraottantenne. Il personaggio principale, con un miracoloso e graduale ringiovanimento, vive una struggente storia d'amore che non ha nulla di favolistico e fa meritare un prosit particolarmente entusiasta per le strabilianti performances operate dalla Digital Domain o le partiture straordinariamente evocative di Alexandre Desplat. L’avvio di questo diagramma esistenziale è in medias res a New Orleans, lo schermo invaso da moltissimi bottoni, il vento anticipa il disastroso del Katrina, la moribonda Daisy accarezza ricordi mai svaniti per regalarli all’adorata Caroline e farle conoscere la vera identità di suo padre. Il diario di Benjamin avvia il lungo flashback del vecchietto con le stampelle e dimostra come in ogni cosa sia salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato. Figura di spicco è Queenie, che, pur tra moltissime difficoltà, fa crescere il piccolo vecchietto protetto dall’affetto dei tanti nonni di Nolan House e gli fa capire che ogni più piccolo evento è funzionale per slacciare i gangli fondamentali della sua avventura esistenziale. Ancora bambino, conosce la nipotina di Nonna Fuller e i due, sin dal magico incontro sotto un tavolo illuminato da una candela, diventano inseparabili anche quando le due traiettorie, quella naturale di lei e quella fenomenale di lui, sembrano portarli lontano uno dall’altra. La vita, è vero, inaspettatamente, trascina verso un precipizio, ma, metabolizzate le fitte lancinanti, si scopre che le spine velano sempre una rosa e, se Daisy non danzerà più sui palcoscenici, si generano i presupposti per intrecciare di nuovo le vicende della coppia. Si perdono, si ritrovano, si sposano, hanno una bambina, si separano … Anni dopo, i servizi sociali informano l’ormai anziana insegnante di danza del ritrovamento di un bambino di 12 anni ... demenza senile, spaventosi vuoti di memoria, isteria, collera …e, nello zaino, il diario in cui ricorre spesso il nome di lei. L’amante-mamma, da quel momento, lo accudisce finchè, ormai neonato, Benjamin muore accucciato tra le braccia avvizzite della sua donna. Nel sistema attanziale di questa straordinaria odissea niente e nessuno passa inosservato, nessuna scena è superflua, niente è noioso, ogni anello della catena, intrecciato ad avvenimenti storici rappresentativi, diventa nucleo portante, dal Captain Miche, alla ragazza spossata del bordello, a Tilda Swinton, all'uomo dalle 7 vite … Da tutte le occasioni, Brad, decisamente eccelso nella sua immedesimazione del personaggio, riesce a cogliere le opportunità prima che l’ invida aetas lo porti al capolinea e dimostra come i propri sogni debbano sempre volare verso l’alto.
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gatsby97
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sabato 20 aprile 2013
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che fantastica storia che è la vita.
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Davvero commovente. Non potevamo aspettarci altro da un regista visionario ( David Fincher ) e un bravissimo attore ( Brad Pitt) . Sceneggiatura molto originale curata molto bene nei minimi dettagli , un'epopea che dura quasi 2 ore ma che sa tenerci incollati vicino allo schermo fino alla fine , una poesia ripresa con la telecamera davvero un film ricco di emozioni e curiosità. Il mio voto è 9. Consigliata vivamente la visione non rimarrete a bocca asciutta.
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toty bottalla
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giovedì 14 marzo 2013
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il curioso film di david fincher!
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Un lungo e curioso racconto tra flashback e presente in un vortice di emozioni, sbagliata, secondo me, la scelta di brad pitt per la parte di benjamin, la recitazione di pitt è un copia e incolla per tanti film, la differenza, in questo caso, la fa il trucco, altra cosa l'interpretazione di cate blanchett, convincente nelle varie fasi temporali, superlativa la fotografia di claudio miranda, buona regia e bravi gli altri interpreti di benjamin. Saluti.
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