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Ultimo tango a Parigi, tutti i perché di un assurdo scandalo

La censura al film è frutto di un'isteria istituzionale, di una reazione sproporzionata e (con gli occhi di oggi) ridicola. Ora al cinema in versione restaurata.
di Roy Menarini

Ultimo tango a Parigi

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Marlon Brando 2 aprile 1924, Omaha (Nebraska - USA) - 2 Luglio 2004, Los Angeles (California - USA). Interpreta Paul nel film di Bernardo Bertolucci Ultimo tango a Parigi.
lunedì 21 maggio 2018 - Focus

Oggi ci è difficile immaginare che un film possa essere condannato al rogo. Eppure gli anni Settanta non sono così lontani, e già allora gli eccessi della censura italiana - attivissima negli anni Cinquanta e Sessanta - sembravano superati. E all'altezza degli anni tra il 1972, quando Ultimo tango a Parigi uscì, e il 1976, quando fu definitivamente condannato, stavano uscendo un profluvio di film erotici e violenti, che avrebbero raggiunto un picco nella seconda parte del decennio, tra decamerotici, mondo-movies e altri sottogeneri spesso estremi. Perché dunque proprio il film di Bernardo Bertolucci doveva suscitare questo scandalo? La risposta si trova nella visibilità che esso aveva raggiunto, nella notorietà dell'autore e senza dubbio nel trattamento sorprendente e scioccante del divo Marlon Brando. Finché Francis Ford Coppola mostra Brando vecchio, stanco, mafioso e trasfigurato (Il Padrino) nessuno trova nulla da ridire; ma mettere in scena Brando in preda a impulsi erotici distruttivi ed esibire - con l'accordo dell'attore, ovviamente - il suo corpo senza veli, senza schermi, suscitava ben altre reazioni.

Quello che è avvenuto, dunque, è frutto di una isteria istituzionale, di una reazione sproporzionata e (con gli occhi di oggi) ridicola, a tal punto che si giunge al paradosso per cui la stessa pellicola che sembrava uscita dal cuore stesso degli inferi stavolta circolerà restaurata priva di qualsiasi divieto ai minori.
Roy Menarini

La storia censoria di Ultimo tango a Parigi possiede caratteri di pedagogia del gusto cinematografico ed è inseparabile dal film stesso. Chi lo considera invecchiato o non si fa una ragione del polverone alzato negli anni Settanta non comprende il clima culturale del periodo e il grado di innovazione radicale che Bertolucci portò nel cinema italiano, insieme a pochi altri (Pasolini con Salò, tanto per fare un altro esempio di cinema brutalmente autentico). Anche grazie al bailamme dei media, Ultimo tango a Parigi è tuttora il film più visto della storia del cinema italiano, quello cioè che ha staccato più biglietti e ottenuto più spettatori fisici in sala. Ma non se ne capirebbe il portato separandolo dal contesto di cui abbiamo detto.


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In foto una scena del film Ultimo tango a Parigi.
In foto una scena del film Ultimo tango a Parigi.
In foto una scena del film Ultimo tango a Parigi.

La rinuncia a motivazioni chiare nei confronti comportamento erotico dei protagonisti, il fluire delle pulsioni sessuali (tra cui l'ormai celebre, e diciamo pure tragica, scena del burro), la dimensione mortuaria dell'agire dei personaggi - ben oltre il binomio eros/thanatos, simbolo piuttosto di un momento di grande riflusso delle utopie e delle speranze individuali - e il nascondersi reciproco delle identità da parte dei due amanti rappresentarono un "troppo" che rendeva Ultimo tango a Parigi affatto addomesticabile.

La cura con cui, dopo la riabilitazione, si è ricostruita la storia del film, l'attenzione con cui critici e insegnanti ne hanno studiato la vicenda e riscattato le ingiustizie, il restauro stesso che lo riporta dove merita (nelle sale di prima visione, e non solo nelle benemerite cineteche) è l'atto di riparazione che istituzioni pubbliche e private operano verso il film.
Roy Menarini

Rivedere, anzi studiare, Ultimo tango a Parigi servirà certamente alle nuove generazioni per interrogarsi sull'importanza che il cinema ha rivestito nella cultura italiana (talvolta arrivando a rimpiangere la censura, perché in fondo ammetteva la centralità di un film nell'immaginario collettivo), ma forse aiuterà anche spettatori meno giovani a mettere in prospettiva il cinema d'autore di oggi, che - per vari motivi non tutti addebitabili allo scarso coraggio dei cineasti - sembra aver quasi completamente dimenticato il ruolo dell'erotismo sul grande schermo.


RECENSIONE

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