Iran, anni Sessanta. La vita all'interno di un lebbrosario rivela le piccole cose che uniscono tutti i mortali sotto il segno delle necessità quotidiane: nutrirsi, curarsi, apprendere, divertirsi. La cineasta, che evita ogni tipo di voyeurismo scientifico, abborda direttamente l'umanità delle persone filmate. Ad alleviare l'ineluttabilità del destino, i versi di una poesia trascinano le immagini in un montaggio che trasforma il film in un poema visivo.