Rivedere oggi il film significa recuperare un'avventura estetica che ha attraversato il Novecento e la biografia dei suoi protagonisti. Da oggi in sala in versione restaurata.
di Roy Menarini
Un segnale del fascino che ancora oggi L'Atalante ancora emana è offerto dalle notorietà delle sue singole parti. La celebre sequenza onirica subacquea ha fatto, sì, da sigla per tanti anni alla trasmissione cult "Fuori Orario" di Enrico Ghezzi su RaiTre, ma ha costituito un'ispirazione per tutto il cinema a venire. A sua volta, Dita Parlo - protagonista femminile del film - è stata oggetto per tutto il Novecento di continue riscoperte, come si conviene a un'artista maudite e dalla carriera controversa e sfortunata. Sia Madonna sia Dita Von Teese ne sono state influenzate esplicitamente. Ma pensiamo anche allo stile, summa della purtroppo striminzita filmografia di un genio del cinema, Jean Vigo, che morì prima di vedere in sala la pellicola. Figlio del cosiddetto impressionismo cinematografico anni Venti, L'Atalante è anche un esempio della flagrante ricchezza realista del cinema francese anni Trenta, insieme alle opere di Jean Renoir.
Anche rivisto oggi, questo capolavoro impressiona per la vivida autenticità che emana, forse il segreto meglio custodito del talento di Vigo.
Nel 1934, il grande documentarista inglese John Grierson ne parlò usando parole infallibili: "È uno stile palpitante. Alla base c'è un senso del realismo documentario che rende la chiatta una vera chiatta, così precisa nella sua topografia, che vi ci potremmo orientare a occhi chiusi in una notte di vento. E questo è importante sia per una chiatta fluviale sia per un battello, ed è quanto i film sul mare non hanno mai capito".
La storia dei due sposini Jean e Juliette, del loro matrimonio romantico ma forse frettoloso, del fascino di vivere su una barca presto messo a rischio dalla noia, del richiamo fortissimo (e giustificato) di Parigi e delle sue vetrine è in fondo una storia universale di ricerca della felicità, una vibrante poesia di verità senza tempo. Natura e cultura, vita all'aperto e seduzione della metropoli, aspirazioni personali e comprensione di coppia sono del resto temi comuni alla nostra epoca e a molte latitudini. Non è dunque solo un qualche fascino oscuro a rendere L'Atalante così immortale. E qui chiamiamo a testimonianza un altro grande autore, François Truffaut, cinefilo irriducibile prima che regista importante, che scrisse: "L'Atalante affronta in realtà un grande tema, raramente trattato dal cinema, l'esordio nella vita di una giovane coppia, le difficoltà di adattarsi l'uno all'altra, con all'inizio l'euforia dell'accoppiamento (ciò che Maupassant chiama 'il brutale appetito fisico ben presto spento'), poi i primi scontri, la rivolta, la fuga, la riconciliazione, e finalmente l'accettazione dell'uno da parte dell'altra".
Inevitabilmente avventurosa anche la storia del film restaurato. Quando il povero Vigo era già malato e morente, i produttori ultimarono il montaggio e moltiplicarono le copie, di cui una fu inviata a Londra, e poi proiettata lì nel 1934. È questa la copia su cui è stato rigorosamente condotto il nuovo restauro.
C'è anche una inquadratura girata dal direttore della fotografia Boris Kaufman su istruzioni di Vigo, e recuperati alcuni tagli, visto che altrove L'Atalante aveva subito numerose mutilazioni, a causa dello scarso successo inizialmente tributato dal pubblico e per motivi di scarsa sensibilità verso le opere cinematografiche. Senza più l'autore Jean Vigo a difendere la sua creatura.
Insomma, rivedere L'Atalante non è solo riavvicinarsi a un grande film del passato, frutto di uno sguardo commovente sul cinema e sul mondo, ma recuperare un'avventura estetica che ha attraversato il Novecento e la biografia dei suoi protagonisti.