Titolo originale | Jigeumeun Matgo Geuttaeneun Teullida |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 121 minuti |
Regia di | Hong Sang-soo |
Attori | Jae-yeong Jeong, Kim Min-hee, Yuh Jung Youn, Ju-bong Gi, Hwa-Jeong Choi Joon-sang Yoo, Young-hwa Seo, Ko Asung, Choi Hwa-jeong. |
Tag | Da vedere 2015 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,55 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 9 marzo 2016
Il film di Hong Sang-soo ha vinto il Pardo d'Oro alla 68esima edizione del Festival del Film Locarno. Ha vinto un premio ai Festival di Locarno, Il film è stato premiato al Florence Korea,
CONSIGLIATO SÌ
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Il regista Ham Sung arriva a Suwon un giorno prima rispetto alla proiezione di un suo film, comprensiva di incontro con il pubblico, a cui è stato invitato come oratore. Decide quindi di visitare il tempio che si trova di fronte al suo albergo e lì incontra Hee-jung, una giovane pittrice. I due trascorrono la giornata insieme, ma quando Ham rivela di essere sposato Hee-jung non intende più vederlo.
Nella seconda parte la situazione si ripete da capo: stessi luoghi, stessi personaggi e in parte stessi dialoghi, ma mutano gli atteggiamenti di Ham, sincero fino all'autolesionismo, e di Hee-jung, malinconica e inquieta sul proprio futuro: muterà anche l'esito del loro incontro?
A molti autori cinematografici, anche illustri, viene spesso mossa la critica di girare in ogni occasione lo stesso film o di ricorrere a variazioni minime, ma raramente il fatto è palese e orgogliosamente esibito come con il sudcoreano Hong Sang-soo, che peraltro di film ne gira uno all'anno o più. Il cinema di Hong Sang-soo rappresenta una sfida nella sfida: quante volte il regista riuscirà ancora a sperimentare sugli esercizi di stile, sulle lievi affinità e divergenze nella trattazione della medesima trama? E quante volte incontrerà il plauso di un pubblico impaziente? Hong non cerca di piacere a tutti, bensì procede con un percorso individuale di lavoro sul linguaggio, anche a costo di alienarsi i favori del pubblico o di non essere compreso appieno. Un percorso che negli ultimi anni, anziché involversi ed esaurirsi, ha invece trovato nuova linfa e spunti sorprendenti. Fino all'ultimo Hill of Freedom, mirabile scomposizione cronologica di un intreccio epistolare che pareva mettere il punto sull'arte appresa da Queneau e Resnais e personalizzata da Hong. Invece, sorprendentemente, Hong insiste e ancor più sorprendentemente convince. Fino a condurre lo spettatore a trascurare gli elementi comunemente ritenuti fondamentali di un'opera cinematografica (i dialoghi sempre più preponderanti, l'uso della macchina da presa limitato a pochi movimenti orizzontali e qualche zoommata) per privilegiare i trucchi narrativi escogitati dall'ingegno del regista. Che qui, dopo aver fatto ricorso al flashback (Ha Ha Ha) e aver mescolato cronologicamente i segmenti narrativi (Hill of Freedom), sceglie la ripetizione integrale, con minime ma significative variazioni. Una prima metà in cui il protagonista mente costantemente e riempie di parole vuote i propri dialoghi per nascondere anziché per rivelare e una seconda metà in cui il protagonista dice sempre la verità e spesso quello che gli passa per la testa senza filtri di sorta, causando sconquassi ma risultando più sincero e amabile. Ma è il mondo del Vero, anziché quello del Falso a risultare idealizzato, ad assomigliare alla vita come vorremmo che fosse, dove la menzogna e la maschera pirandelliana della prima parte ci riporta alla realtà del quotidiano.
Non vi è, come in Ricomincio da capo di Harold Ramis, un percorso di apprendimento del personaggio, in seguito ai suoi errori: ci sono due modi di essere e due dimensioni parallele, simili e insieme opposte. Al solito l'interpretazione di Right Now, Wrong Then non è univoca né spiegata, lasciando spazio a molteplici e altrettanto valide interpretazioni sulle ragioni che portano a una doppia narrazione. Ma da qualunque parte si osservino le scatole cinesi del regista sudcoreano, è sempre possibile trarne un insegnamento: sotto forma di riflessione sulle convenzioni sociali e sul potere della parola oppure di meditazione sul cinema e sulla sua infinita capacità di modellazione del racconto. L'erede più degno e radicalmente convinto di Alain Resnais, Hong Sang-soo rimane un patrimonio da salvaguardare nel confuso e mutevole microcosmo autoriale.
Un regista coreano deve presenziare ad una proiezione di un suo film in una cittadina di provincia: il pubblico è costituito da studenti ai quali dovrebbe poi tenere una lezione di cinematografia. Arriva il giorno prima e incontra una ragazza che lo attira immediatamente e ne esce una potenziale storia tra i due che si conclude senza un seguito.