GIULIA D'AGNOLO VALLAN
New York anni Sessanta? Ve la racconto coi Beatles.
Regista a broadway del trionfale The Lion king, ora Julie Taymor presenta il film Across the universe, ardito «ritorno al passato» su parole e musica dei fab four. Ma al posto della «swinging london»…
Bali. Notte. La piazza deserta del tempio del villaggio di Trunyan illuminata solo dalla luna. Trenta uomini anziani, in sontuosi costumi da guerriero, emergono silenziosi dal buio, lance alla mano, e incominciano a ballare. Non hanno pubblico, eccetto una donna, che seduta sotto un albero di banyan li osserva a loro insaputa. È una scena che Julie Taymor descrive spesso e definisce «il momento più importante della mia vita». Una scena che nei momenti di difficoltà, dice, «mi aiuta a ritrovare la luce in me stessa», la luce interiore di quei vecchi guerrieri, che non avevano bisogno di spettatori o di riflettori per danzare. La donna sotto l'albero di banyan, infatti, era la ventiduenne Taymor, quando viveva in Indonesia, dove aveva fondato una compagnia teatrale.
Conosciuta (poco) in Italia per i suoi film, Frida (il biopic di Frida Kahlo con Salma Hayek) e lo shakespeariano Titus, in Usa Taymor è soprattutto una grossa personalità del teatro. Non solo per i suoi fantasiosi allestimenti di opere classiche (Il flauto magico) o contemporanee (Grendel), ma perché è stata la prima donna a vincere un Tony Award per la regia di un musical, il disneyano The Lion Kiing, enorme successo critico e commerciale che ha introdotto gli spigoli e le ambizioni dell'avanguardia nel panorama poco avventuroso delle megaproduzioni di Broadway. «Puntando su di me, la Disney ha rischiato molto. Ero un'opzione interessante, ma non davo nessuna garanzia», ha dichiarato Taymor qualche anno fa.
Dall'Oriente all'Africa nera al Messico di Kahlo e Diego Rivera, l'esoterismo e la commistione tra culture diverse sono sempre stati una caratteristica di questa bostoniana (padre medico e madre attivista del partito democratico) cresciuta peregrinando tra culture lontane (oltre all'Indonesia, Giappone e Sri Lanka) e studiando mimo a Parigi con Lecoq. Ma adesso Taymor è tornata a casa, e si misura con un musical sugli anni Sessanta a New York. Un po' come Hair, soltanto su canzoni dei Beatles.
L’ambiziosa scommessa dove LetIt Be diventa un gospel, Revolution la colonna sonora degli attivisti contro la guerra in Vietnam, e Stratalxrry Field esprime le crisi tra due giovani amanti - si chiama Across the Universe ed è stato presentato in prima mondiale al Toronto Film Festival.
Trenta canzoni dei Fab Four che Taymor ha scelto da un catalogo di oltre duecento per raccontare la storia d'amore tra un ragazzo povero di Liverpool e una rampolla della borghesia del Connecticut (si chiamano Jude e Lucy!), su uno sfondo che va dal movimento per i diritti civili alle marce contro il Vietnam alle digressioni lisergiche di Timothy Leary. Ovvio, le possibilità visive sono infinite e Taymor costruisce
un immaginario dove coesistono West Side Story e Rauschenberg, Le Cirque du Soleil e il suo adorato teatro balinese, enormi pupazzi dall'aspetto sinistro e solari cheerleader, le news della morte di Martin Luther King e un trip allucinogeno - più Joe Cocker, Bono (col quale lei sta lavorando a un musical su Spider Man) e una versione multipla di Salma Hayek
«È una storia ambientata nel passato ma raccontata attraverso lo specchio del presente», ha spiegato Taymor a Toronto. «Non volevo fare un lavoro sulla nostalgia. Piuttosto un film per i ragazzi di oggi che non conoscono la guerra in Vietnam e magari nemmeno quella in Iraq. Le canzoni dei Beatles hanno un ventaglio di sfiunature molto ampio - abbastanza semplici da esprimere i sentimenti di una quindicenne o molto, molto complicate. Quindi si prestavano bene ai miei scopi. È dalle canzoni che sono nati i personaggi». Dulie Taymor è minuta e animata. Visibilmente soddisfatta del suo lavoro, nonostante voci insistenti su problemi al montaggio con la Sony, che ha prodotto il film.
Per sua scelta, il cast di Across the Universe è fatto di attori poco conosciuti. Evan Rachel Wood (Thirteent) è Lucy, mentre Jude è interpretato dal ventottenne inglese Jim Sturgess. E al contrario di quanto succede per la maggior parte dei musical, il novanta per cento del film è stato girato in presa diretta: «Volevo ci fosse continuità tra recitazione e canto. Ho preferito la spontaneità degli attori alla perfezione delle note, che si può ottenere solo in studio. II film è costruito alternando grossi numeri musicali a canzoni interpretate in modo più intimo, però altrettanto importanti. Bisognava che quell'intimità fosse credibile, realistica».
Paul McCartney, garantisce la signora, ha già dato il sigillo della sua approvazione dopo aver visto il film a Londra. «E comunque» , fa sapere, «questa non è assolutamente la storia dei Beatles, né abbiamo usato le versioni beatlesiane delle canzoni. Abbiamo adoperato i loro testi e le loro musiche come avremmo adoperato Mozart o Sondheim».
Dulie Taymor era bambina nei leggendari «Sixties», che ha vissuto attraverso le peripezie d'un fratello e una sorella più grandi. «Abbiamo cercato di non dune una versione romantica», assicura. «Erano anni in cui molti cercavano solo di evadere dalla realtà, il famoso turn on, lune in, drop out (accendi, sintonizzati, dimentica tutto il resto) di Timothy Leary Non tutti erano militanti. A volte. Volevano solo sdraiarsi nudi nei prati. Però la gente non ha atteso che il cambiamento venisse dall'alto. L'ha provocato, e le cose sono mutate. Oggi invece i giovani partecipano poco a quello che accade. Peccato. Ci sarebbe un gran bisogno di loro!».
Da Specchio +, Ottobre 2007