Gary Cooper (Frank James Cooper) è un attore statunitense, è nato il 7 maggio 1901 a Helena, Montana (USA) ed è morto il 13 maggio 1961 all'età di 60 anni a Los Angeles, California (USA).
Gary Cooper incarna, insieme a pochi altri, la figura del mito di celluloide approdato nella leggenda. Nel 1961 l'Academy Award gli assegnò l'Oscar alla carriera per le sue memorabili performance sullo schermo ma fu il suo amico fraterno James Stewart a ritirare la statuetta al suo posto e a non riuscire ad arginare la commozione quando rivelò al pubblico che Cooper stava lottando contro il cancro.
L'inappuntabile e laconico playboy del Montana avrebbe abbandonato la vita, e Hollywood, tre mesi più tardi, dopo una carriera luminosa iniziata nel 1926
con The Winning of Barbara Worth. Nato nel 1901 nel Montana (vero nome Frank James), figlio di un magistrato di origine inglese, crebbe nel ranch paterno.
Dopo aver cercato di intraprendere invano la carriera di cartoonist, la sua educazione rurale ne favorì l'esordio in ruoli da comparsa nei panni del cowboy nei Western muti degli anni Venti, dopo una breve gavetta come stuntman.
Dopo il suo ultimo silent movie, l'epico The Virginians del 1929, il decennio successivo costituì per Gary Cooper, alla pari del coetaneo Clark Gable, una
fase della carriera memorabile.
Nonostante gli esordi tra pistole e cavalli, Frank Cooper (fu il suo agente ad affibbiargli il nome d'arte di Gary per non confonderlo con un altro attore!) divenne via via più versatile nel corso della carriera. Conquistò il suo primo Oscar nel 1941 con Il sergente York di Howard Hawks, ma non dimenticò mai che fu il genere americano per eccellenza a permettergli l'ingresso nel mondo del cinema e a donargli la
notorietà. Infatti nel 1952 fu di nuovo gratificato per Mezzogiorno di Fuoco di Fred Zinneman, forse il più classico tra tutti i film western.
Cooper collaborò con tutti i registi illustri dell'epoca: Joseph von Sternberg
(Marocco), Frank Capra (E' arrivata la felicità; Arriva John Doe), Billy Wilder
(Arianna), Howard Hawks (Colpo di fulmine), Cecil B. De Mille (La conquista
del West)...
Il suo matrimonio con Veronica Balfe, figliastra di un pezzo grosso della Borsa di New York, fu preceduto da innumerevoli e pubblicizzate love story: Cooper fu uno degli uomini più desiderati e ambiti dal sesso femminile - famosi i suoi flirt con le colleghe Marlene Dietrich e Clara Bow.
Il più chiacchierato, comunque, sbocciò dopo le nozze, sul set di The Fountainhead: la passione travolgente tra lui e la coprotagonista Patricia Neal e la susseguente separazione con la moglie ricoprirono a lungo le pagine dei giornali prima della riconciliazione duratura con Veronica.
Le parole di un altro mito americano, John Barrymore, sottolineano le sue qualità: "Gary è il più grande attore del mondo. Lui può fare, senza nessuno sforzo, ciò che il resto di noi impiega anni a cercare di imparare: essere perfettamente naturale.
A Cooper venne anche assegnato un Oscar speciale
"per la sua incarnazione di un tipo americano conosciuto nel mondo intero".
Cooper è morto a Los Angeles nel 1961.
Gary Cooper, il grande astro, modello e tipo della gioventù del nuovo mondo, è, naturalmente, un inglese. Comunque, egli aggiorna il fascino, se non la voga, di un altro europeo, italiano quella volta: Rodolfo Valentino. Il fatto può assumere un certo valore quando si metta Cooper a confronto col suo emulo in popolarità, Clark Gable. Dietro il fascino di Cooper c’è intelligenza, raffinatezza, coltura, quasi una sorta di idealismo; dietro quello di Gable c’è solo l’ascendente virile, la volontaria e robusta praticità che sfonda l’ostacolo con un colpo quasi aurino della fronte bassa. Gable è il tipo che deve avere sempre ragione, anche quando ha torto. Cooper ha, invece, il senso delle distinzioni, e se deve aver ragione vuole averla con la ragione. La grazia di seduttore, a volte perfin morbida, in Marocco e il pugno con cui rovescia la tavola in Desiderio sono due poli che segnano nelle oscillazioni della figura di Cooper una specie di media originale tra il gusto Valentino e il nuovo gusto della massa. A soddisfare il quale, nelle sue impulsive esigenze, viene appunto Clark Gable: la ragazza del popolo e della piccola borghesia imponevano un ideale di uomo al cento per cento, prepotente e immediato; i ragazzi del popolo un campione dalla sagoma sportiva che sapesse trattare la vita come una preda. (Del resto è proprio di quel tempo la voga di Jean Harlow). Quando sulla strada di Spagna Gary Cooper fa a Marlene lo scherzo del claxon non dà tanto segno di ostinazione, come un Gable nelle impuntature di Accadde una notte, quanto di un goliardico spirito da burla.
Studente era, all’Università di Grinneil (Jowa), quando un amore, il classico amore di gioventù, lo indusse a cercar lavoro, per arrivare al matrimonio. Lei si chiamava Doris, ed era studentessa. Dicono che ancora adesso, a vedere gli enormi cartelloni pubblicitari con una cubitale faccia del suo Gary, esclami “Se non era per me, non sarebbe arrivato dov’è ora”. Come non pensare al celebre rimpianto di Matilde Wesendonk quando, vecchia, all’udire il Tristano di Wagner, fieramente sospirava: “Però Isotta sono io!”.
Figlio di genitori inglesi, Gary è nato a Helena (Montana). Fino agli undici anni è vissuto nel ranch paterno presso la città. Grandi cavalcate, naturalmente, interminabili nuotate. Vert paradis des amours enfantines. A dodici anni fu mandato a scuola in Inghilterra. Anche il cinema deve i suoi astri alla fortuna: appena tornato ad Helena, Gary fu vittima di un incidente d’auto che per poco non gli costò la vita. Per rimettersi, dovette passare due anni all’aria aperta, facendo una vita da cow-boy. Venne, dunque, il tempo di Grinnell. E di Doris. Gary Cooper controlla clamorosamente un’eccezione: per lui fu più facile riuscire nel cinema che nella vita. Chiunque, con un po’ di buona volontà, può riuscire negli affari, nelle speculazioni e, per dannata ipotesi, anche in giornalismo. Ma non chi vuole riesce divo.
Per Gary avvenne esattamente il contrario. Comunque, quando lasciò Grinnell, non aveva la menoma idea di farsi “una posizione” col cinema.
Farsi una posizione! C’era tutto il borghese Gary Cooper. Immaginiamoci gli addii di quei due studenti al loro primo disancoraggio. I sogni di una modesta ed assennata fortuna: quel tanto che basta per metter su casa. E, come in tutti gli amori avventurati, magari qualche bisticcio. Doris voleva che il suo piccolo Gary (metri 1,95) andasse a cercar fortuna in California, paese in cui ella desiderava di stabilirsi. Ma lui no: lui voleva tentar la sorte nella propria città natale. Finalmente vinse lui, come alla fine di uno dei suoi film (Io vivo la mia vita): grandi abbracci in primo piano. Addio Doris. Tutti sanno che Gary è un disegnatore; anche all’università aveva studiato arte decorativa. Oggi ancora il disegno è il suo massimo orgoglio, il suo «violino di Ingres». Naturalmente, ai primi passi egli pensò subito di sfruttare questo suo talento. Ed infatti trovò un posto di disegnatore in uno dei giornali della sua città. Tuttavia le donne hanno sempre ragione: non passarono molti mesi che Gary finì in California. Il giornalismo è più infettivo del cinema, dove pure un provino mancato basta per creare un aspirante a vita. Gary continuava a cercare la sua strada nel giornalismo. Ma i direttori dei fogli locali non facevano evidentemente grande stima di questo autocandidato alla vita rumorosa delle redazioni. Il quale si vide costretto a cercare altrove il suo bene da pochissimi dollari al giorno. Commesso di fotografo, disegnatore pubblicitario: aveva preso in concessione qualche decina di pollici quadri di un sipario di teatro. Ecco dove andavano a morire i suoi sogni di artista. Non gli mancavano che una moglie ed una tragedia familiare per essere il protagonista della Folla. Evidentemente a quei giorni Doris non esclamava ancora: “Se non era per me…”.
Quando fu al di sotto di quel minimo di cents indispensabile ad un uomo per battere le vie della città, gli venne in mente che c’era il cinema. Gary Cooper attore cinematografico per disperazione! La sua statura di colosso impressionò il segretario di produzione che lo arruolò come comparsa “straordinaria” per un western. La celebrità di Cooper non è una figlia del miracolo. Gary viene veramente dalla gavetta e ha dato prova di tutta la pazienza necessaria per passare dalla gavetta al bastone di maresciallo. Un anno intero di figurante avventizio, avanti che qualcuno lo notasse. Finalmente fu promosso protagonista, ma di uno di quei corti metraggi che erano destinati a tappare i buchi dei programmi. Era il 1926: gli astrologi ci saprebbero dire se quel corto metraggio fu iniziato o finito sotto una congiunzione stellare propizia a Gary Cooper. Fatto sta che in quel tempo Samuel Goldwin si accingeva a realizzare The Winning of Barbara Worth. Protagonisti Ronald Colmar e Wilma Banky. Come egli stesso ha narrato ai lettori di “Cinema”, trovò in Gary Cooper, tra centinaia di ex cow-boy, il bel gigante che gli era necessario. I risultati furono tali, che il candido e stupito ragazzone si trovò letteralmente aggredito dalle offerte piccole e grandi, fra le quali una della Paramount.
Segnaliamo ai superstiziosi che il primo appuntamento fissato a Gary dalla casa produttrice che doveva fare la sua fortuna, era stato fissato per un venerdì. Gary suona al cancello, attraversa un corridoio, raggiunge una porta dietro la quale una voce gli intima di entrare. Il giovanottone di Montana si trova, sprovveduto, impreparato, davanti a una delle più solenni riunioni settimanali del comitato direttivo. Che cosa può esser stato il primo, importante colloquio d’affari di Gary Cooper? Forse in quel momento egli si raccolse nelle spalle per dissimulare gentilmente la sua statura, come fa nei film ai passaggi di più contenuta drammaticità.
E Doris? Il sentimentale, l’amoroso Gary ha un po’ il destino di ringhiottire le proprie passioni. Di dover fingere di rasentarle con la sua andatura curva e sbadata, Dall’inferno della miseria non aveva più scritto alla piccola fidanzata dei banchi universitari. Venuti i tempi migliori, quando tentò di riallacciare, trovò che ella aveva sposato il figlio di un droghiere di provincia. Ali. Volo o fuga? Il titolo del nuovo film è simbolico in tutti i sensi. Da quel momento Gary Cooper non si è più fermato. Fino all’Oro della Cina, che è di ieri, fino a Buffalo Bill, che è di domani.
Gary Cooper è il vero attore cinematografico, senz’altre esperienze espressive che quelle del teatro di posa. Non ha imparato a calcolare i suoi atteggiamenti sul palcoscenico. Commisura i suoi gesti alla fedeltà meticolosa e a rigore dell’obbiettivo, con una precisione ed una sobrietà veramente millimetrica; dosa le sue inflessioni in un rapporto esatto con la sensibilità implacabile del microfono. Forse il suo tratto dominante, quello che egli ritrova in fondo al carattere e alla plastica mutevole di tutti i suoi personaggi, è l’intelligenza che attraversa luminosa un’attitudine di stupore e di candore. Lo stesso garbo, apparentemente remissivo, con cui si è prestato allo stile dei suoi registi, da Sternberg a Mamoulian, da Vidor a Capra, da Lubitsch ad Hathaway, da Milestone a De Mille, è indice della sua precisa, infallibile vocazione.
Da Cinema, 25 Gennaio 1937