•  
  •  
  •  
Apri le opzioni

Rassegna stampa di Anna Magnani

Anna Magnani è un'attrice italiana, sceneggiatrice, è nata il 7 marzo 1908 a Roma (Italia) ed è morta il 26 settembre 1973 all'età di 65 anni a Roma (Italia).

IDA BIONDI
MYmovies.it

Trasferitasi bambina in Italia, a Roma, esordì giovanissima nel teatro di rivista e, successivamente, in quello di prosa, dialettale e non, ottenendo un immediato successo di pubblico come attrice dal temperamento spontaneo e sanguigno, dotata di una comicità istintiva e popolaresca, forse un po' troppo immediata, ma anche di notevoli capacità drammatiche. Nel 1934 esordì nel cinema con La cieca di Sorrento (Nunzio Malasomma); ma la sua vera affermazione giunse solo più tardi, nei primi anni della seconda guerra mondiale, soprattutto grazie a due film in cui comparve al fianco del già famoso Aldo Fabrizi, Campo de' fiorj (Mario Bonnard) e L'ultima carrozzella (Mario Mattoli), ambedue del 1941. La celebre coppia comparve ancora nel film che, nel dopoguerra, avrebbe segnato l'inizio del movimento neorealistico, Roma città aperta (1945, Roberto Rossellini). In esso la Magnani diede vita al personaggio della popolana Pina con un calore umano, una forza drammatica, un personalissimo stile recitativo, che furono davvero una rivelazione per il pubblico e per la critica. Da allora il suo nome divenne l'emblema del nuovo cinema italiano, e il suo personaggio di donna del popolo, forte, schietta,volitiva, talora istintiva fino ad apparire sguaiata, ma capace di forti e sinceri sentimenti di generosità, di coraggio e di tenerezza, si impose prepotentemente all'attenzione mondiale. In questo periodo interpretò, tra l'altro, L'onorevole Angelina (1947, Luigi Zampa), in cui tratteggiò un'energica figura di popolana, portavoce di un nutrito gruppo di madri di famiglia quotidianamente costrette a fare i conti con le durissime condizioni esistenziali dell'immediato dopoguerra, ruolo in cui fu fiancheggiata da un' Ave Ninchi altrettanto aggressiva e determinata. Nel 1949, diretta da Mario Mattoli in Assunta Spina, portò sullo schermo il celebre e tragico personaggio di Salvatore Di Giacomo; in Amore (1948, Roberto Rossellini), apparve in due episodi; nel primo, diede vita al sofferto personaggio di una donna abbandonata dall'amante, protagonista di un appassionato monologo telefonico; nel secondo, incarnò magistralmente la figura di una povera pastora demente, che, stuprata da un vagabondo di passaggio, dà alla luce un bambino, credendosi strumento di un miracolo. Ma fu soprattutto con Bellissima (1951, Luchino Visconti), che la Magnani diede prova di una profonda intensità, impersonando la figura di una donna che riversa sulla figlia bambina le sue fallite illusioni di gioventù, facendo di tutto per imporla nel mondo del cinema, dando vita al suo personaggio più profondo e complesso (da notare, al suo fianco, un giovanissimo Walter Chiari, nelle vesti di un piccolo truffatore di cialtronesca abilità, che, vantando conoscenze nel mondo del cinema, riesce a spillarle un po' di soldi). Nel 1952 la Magnani fu protagonista del film La carrozza d'oro (regia di Jean Renoir), tratto da La carrozza del SS. Sacramento di Prosper Merimée, in cui interpretò con slancio e calore il personaggio di una commediante girovaga. Richiesta ad Hollywood grazie al successo mondiale dei suoi film italiani, vi interpretò La rosa tatuata (1955, Delbert Mann), al fianco di Burt Lancaster, che le valse lo Oscar per la migliore interpretazione femminile; successivamente, comparve in due altri film di successo, Selvaggio è il vento (1958, George Cukor), e Pelle di serpente (1959, Sidney Lumet), che tuttavia ricalcarono sostanzialmente il temperamento e i moduli espressivi dei suoi già numerosi personaggi femminili. Tornata in Italia, ebbe modo di dimostrare ancora una volta le sue straordinarie doti di attrice sanguigna, «mediterranea», imprevedibile nella sua aggressività e nella sua dolcezza, in due personaggi, efficacemente tratteggiati. Il primo comparve in Nella città l'inferno, un film del 1958, diretto da Renato Castellani, in cui la Magnani ebbe al fianco Giulietta Masina, un'altra grande attrice, diversissima da lei, e la giovanissima Cristina Gaioni, che, allora alle primissime armi, ottenne per questa sua interpretazione il Nastro d'Argento per la migliore attrice non protagonista. Il secondo personaggio prese vita in Mamma Roma (1962, Pier Paolo Pasolini), un film ambientato nel sottoproletariato romano, che narra la breve e tragica vicenda esistenziale di un "ragazzo di vita", figlio di una ex prostituta. Quest'ultima figura, appositamente creata dall'autore per i mezzi espressivi di Anna Magnani, si rivelò, forse proprio per questo, non troppo controllata e talora caratterizzata da una certa enfatica esteriorità. Ciò non toglie che la Magnani (che fu sposata per alcuni anni con il regista Goffredo Alessandrini) rimanga comunque una fra le più significative attrici del cinema postbellico, certo la più importante tra le Italiane. Per molto tempo, infatti, la sua immagine e il suo temperamento furono i simboli del nostro migliore cinema neorealistico, contribuendo efficacemente alla sua affermazione sui mercati mondiali.

LIETTA TORNABUONI
La Stampa

Anna Magnani non voleva morire, il 26 settembre 1973 a Roma: “Fu scossa da spasmi. Cadde in coma irreversibile, l’encefalogramma era piatto. Ma il cuore batteva. Seguitò a battere per ore, per molte ore: Un cuore da astronauta”, disse Roberto Rossellini. Quasi un simbolo: vent’anni dopo il cuore dell’attrice più dotata di grandezza, faccia esemplare del neorealismo e dell’Italia nel dopoguerra, icona popolare, resta eloquente per tutti quelli che vedono i suoi film alla televisione. La sua carriera resta leggendaria, ad Anna Magnani riuscì quanto non era riuscito mai a nessuna. Passare dalle luci del varietà al cinema, dalle commedie brillanti ai personaggi drammatici, dai film alla televisione. Rappresentare, con la sua indimenticabile corsa e morte in Roma città aperta di Rossellini, un’immagine assoluta, un momento alto della Storia nazionale, un’alchimia cinematografica miracolosa e irriproducibile. Raggiungere, in Bellissima di Visconti, una bravura, profondità e sottigliezza di recitazione meravigliose. Venir diretta dai massimi registi, Jean Renoir, Rossellini, Visconti, Pasolini, Castellani, Monicelli; sottrarsi a Fellini, se non per un attimo in Roma, alla fine, quando sul portone del Palazzo Altieri dove abitava si gira a sfottere: “À Federì, và a dormì, và! Nun me fido!”. Passare dall’Italia all’America con autorità, interpretando film magari imbarazzanti però scritti da Tennessee Williams, recitati in coppia con Marlon Brando o Burt Lancaster, diretti da George Cukor o Sidney Lumet. La sua vita resta altrettanto leggendaria: gli infiniti aneddoti sul suo carattere tempestoso, sugli amori violenti con Rossellini o altri e sull’amore per il figlio Luca, sulla scelta di solitudine o sulla passione per i gatti sono famosi, noti a tutti, logorati dall’uso. Ma la sua storia di vent’anni fa, di quel cruciale momento della vita che è la morte, pochi la conoscono. Tra quei pochi c’é Silvia d’Amico, produttrice degli ultimi film interpretati per la televisione da Anna Magnani con la regia di Alfredo Giannetti, quattro storie (1943: un incontro, La sciantosa, L’automobile, ... Correva l’anno di grazia 1870) accanto a Enrico Maria Salerno, Massimo Ranieri, Vittorio Caprioli, Marcello Mastroianni: quasi un’antologia delle figure femminili della sua esistenza artistica, certo un omaggio. “Il cinema le offriva cose orrende. La considerava, come dicono gli americani, veleno per il botteghino”, spiega Silvia d’Amico. Anche Anna Magnani, un pomeriggio d’inverno a casa sua con poca luce, parlando di come per la prima volta si fosse arresa alla televisione, diceva: “Il cinema è povero, miserabile, pitocco. Continua a propormi personaggi che non sono creature umane ma caricature, pupazzi imbecilli. E io la scema non la recito, cara. Non sono una bamboletta, che dove la metti sta. A me i personaggi bisogna tagliarli addosso: prima viene la Magnani, poi il personaggio. Sono viziata, lo so. Mi fanno ridere quando dicono: Il cinema ha abbandonato la Magnani. Dovrei rovinare una vita di lavoro che è stata tanto bella e importante, dovrei sputtanare il mio nome, soltanto per la smania di restare in ballo? Se restare in ballo vuol dire interpretare personaggi indegni di me, allora senta: la Magnani non balla”. Aveva sessantacinque anni. Racconta Silvia d’Amico: “Quei film di Giannetti furono per lei emozionanti. Era terrorizzata all’idea di come sarebbe apparsa sul video, pensava che la tv fosse più impietosa del cinema: invece i film ebbero un’enorme rispondenza di pubblico, Anna ebbe un grandissimo ritorno di popolarità. Così, se prima temeva “sembrerò vecchia”, dopo aveva paura di uscire di casa e farsi vedere in giro, “sembrerò più vecchia che alla tv’’. L’ultimo di quei film, quello con Mastroianni, andò in onda su RaiUno la sera del giorno in cui lei morì”. Il successo aveva suggerito ancora un film, leggero, un grottesco italiano, Il morto sotto il fico con Massimo Ranieri: la Magnani era ansiosa di tornare al lavoro, ma le trattative con la tv si prolungavano. Quell’agosto del 1973 rimase molto sola. Andò poco anche nella sua casa amatissima di San Felice Circeo. Stava a Roma. Si sentiva male: ma Anna era ipocondriaca, una malata immaginaria, tormentava i medici, accusava mille malanni soprattutto al cuore mentre non aveva nulla. Andò a fare degli esami, i giornali pubblicarono una fotografia pietosa e antipatica di lei che entrava in clinica, con la testa e la faccia nascoste da un foulard. Rossellini la vide, le telegrafò : “Non è vero niente, comunque merda, merda, merda”. Anna lo pregò di andare da lei. Lui si precipitò. La trovò a letto, ma semivestita. Gli disse: “Mi devi fare un grande piacere. Mi devi far morire”. Lui rispose: “Senz’altro. Però ti comporterai come dico io, andrai in clinica”. Una volta tanto Anna obbedì. Alla clinica Mater Dei capirono subito che aveva un tumore al pancreas già estesosi dappertutto: la operarono soltanto a fini antidolore, dicendole che era una cosa alla cistifellea. Gli amici aspettavano nell’atrio della clinica l’esito dell’intervento: “Andai su con Luca e Rossellini. Per le scale Roberto mi chiese: Lei sa dire le bugie?. Mi dava del lei perché ci conoscevamo poco, in pratica l’ho incontrato lì. Risposi: Qualche volta ci provo. Disse: Anna ha dieci giorni di vita, se va bene. Ho dato la mia parola: non bisogna dirlo a lei né a nessuno. Così dissi le bugie, vergognandomi: mentivo a persone che la amavano e che lei amava, persino a mia sorella Caterina mentii. I pochi ultimi giorni Anna li ha vissuti molto serena, lucida. Leggeva i giornali, s’era fatta portare un televisore per vedere 1870 e per controllare che i pre annunci del film fossero adeguati. Non voleva visite, per orgoglio e dignità: rifiutava di lasciarsi vedere sciupata, con qualche capello bianco. Accettava soltanto Luca, me: e Roberto”. Rossellini, del quale Silvia d’Amico sarebbe poi stata l’ultimo grandissimo amore della vita, era affettuoso, sollecito, presente: “Era meraviglioso. Le parlava per ore, la carezzava... Anche Ingrid Bergman, quando cominciò a stare male, ricorse a lui: Roberto era così generoso e provvido, faceva pensare che avrebbe risolto tutto, che potesse salvare... Quando, dopo la morte, fu deciso di esporre Anna in una piccola camera ardente in clinica, sapendo quanto lei tenesse al proprio aspetto Luca disse: Chiamate Alberto De Rossi, che era il truccatore più geniale del cinema italiano. Ma Rossellini disse di no. Andammo insieme a comprare rimmel, pancake: e fu lui, teneramente, delicatamente, a scurirle col rimmel quel ciuffettino di capelli bianchi sulle tempie, a truccarla, a pettinarla...”. Una folla grandissima, da Pertini a Claudio Villa, al popolo romano andò a salutare Anna Magnani, vegliata da Rossellini, Eduardo De Filippo, Lele d’Amico, Renato Castellani. Al funerale oceanico dell’attrice, poi sepolta provvisoriamente nella tomba dei Rossellini, parteciparono migliaia di romani, tra strade chiuse al traffico, negozi serrati, lacrime, calca, polizia, un immenso applauso d’addio, d’affetto e di rimpianto. Ma, dice Silvia d’Amico: “Anna non sarebbe stata una buona vecchia. Non avrebbe accettato la vecchiaia, si sarebbe ribellata, fatta del male... sarebbe stato un macello”.

PATRIZIA CARRANO
Sette

Ancora oggi, a distanza di molti anni, ci domandiamo: possibile che la Magnani non abbia lasciato delle eredi? Possibile che dopo di lei non ci sia stata qualche attrice capace di raccogliere il suo patrimonio espressivo e di farlo proprio? Sordi ha avuto una sorta di figlioccio in Carlo Verdone, Gigi Proietti ha riproposto l’universo di Petrolini, Mastroianni rivive nella grazia melanconica di Sergio Castellitto. Ma la Magnani? Che ne è stato di lei e delle sue donne, così ringhiose e assieme fragili, così modernamente sole, così faticosamente divise fra sottomissione e indipendenza? Davvero la Magnani è un personaggio dimenticato, finito per sempre in naftalina? «Figurarsi. Ogni volta che sullo schermo compare una bruna scarmigliata e veemente con un viso fascinoso, ma irregolare, non possiamo che pensare a lei, alla Magnani. Dalla Moriconi ad Anne Bancroft, fino alla Meryl Streep dei Ponti di Madison County non si contano le attrici che le debbono qualcosa», sostiene Tullio Kezich: «Ciò non toglie che Anna sia stata un prototipo inimitabile, per qualità e difetti. Aveva una faccia da fontanone romano, gambe troppo magre, era mal-fatta. Una somma di sproporzioni che, grazie al suo talento, partoriva un risultato strepitoso, ma irripetibile: non soltanto perché è stata l’ultima gloriosa incarnazione di quel naturalismo interpretativo che per decenni ha fatto la forza del nostro teatro. Ma perché raccontava un’Italia che non esiste più. Le varie Ferilli, Bellucci, Cucinotta non guardano a lei, guardano semmai alla Loren, alla Lollobrigida, alla Bosé. Al grande plotone delle belle. Più omologabili, meno rompiscatole. La Magnani era una che “baccajava”: non solo ne L’onorevole Angelina di Zampa, il film che secondo me meglio la rappresenta. Ma anche nella vita».

EMILIO MARRESE
Il Venerdì di Repubblica

Bellissima è il film preferito di Olivia tra i tanti interpretati da sua nonna Anna Magnani, il cui centenario dalla nascita ricorre il 7 marzo. Lo rivediamo insieme. È una pellicola del 1951 diretta da Luchino Visconti: la storia di una donna del popolo disposta a tutto, o quasi, pur di vedere sfondare la figlia di cinque anni nel cinema. «È incredibile quanto sia ancora attuale» dice Olivia, anche lei Magnani e anche lei attrice. «Anna l'ho conosciuta solo attraverso i film, ma non credo che fosse molto diversa nella vita reale. ' La donna e l'attrice sono figure che si appartengono e sovrappongono. In questo film si vede quanto si divertiva. Mi piace di più in questi ruoli meno tragici, penso che fosse; ro più vicini al suo carattere. Rimango incantata dalla sua risata, dalla sua voce che tante hanno cercato invano di imitare: era unica e irrïproducibile. Il suo marchio. Anna è stata una delle più grandi attrici del mondo, alla pari di altre leggende come Greta Garbo o Marlene Dietrich e Bette Davis o, forse, oggi Meryl Streep e Susan Sarandon». Figlia di Luca Magnani, architetto, unico erede che la grande Nannarella ebbe dall'attore Massimo Serato, Olivia è nata dopo la morte della nonna avvenuta nel '73 a 65 anni. «Ma ho sempre vissuto nella sua presenza: gli odori, i suoni, i luoghi, gli oggetti, le foto, i premi. Fino a sei anni sono cresciuta al Casale, la sua casa nella campagna romana tra Appia e Ardeatina, ancora oggi vivo a Palazzo Altieri in centro e quando posso vado nella casa di San Felice Circeo, quella vicina al faro, dove Anna è sepolta. Ho sempre avuto accanto tanta gente che, oltre a mio padre, le era stata vicina, come la segretaria personale o la governante, oppure l'aveva conosciuta, da Franco Zeffirelli a Ninetto Davoli, che ho incontrato, da Suso Cecchi D'Amico a Roberto Rossellini, che è stato mio padrino. Mi sono letta qualche vecchia intervista, ma non ho mai dovuto chiedere di lei, non ho mai indagato. Mia madre Gigliola fu la prima a realizzare un documentario su Anna. Non ho mai sentito il bisogno di scoprire di più perché non c'era nulla da scoprire. E le cose che non so, è giusto che non le sappia».

ALBERTO MORAVIA

ANNA MAGNANI In genere non si crea il culto della personalità se prima di tutto non si è, nell’intimo, dediti a questo culto. Si pensi, per esempio, a D’Annunzio: la sua popolarità, come figura pubblica, derivava prima di tutto dal suo eccezionale narcisismo. Anna Magnani, invece, era quel raro personaggio che è un narcisista amaro, scontento, insicuro, profondamente diffidente della propria popolarità anche se incapace d’approfondire e rimuovere i motivi di questa sua diffidenza. Ricordo una serata, diciamo così, tipica con Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini, ai tempi relativamente recenti di Mamma Roma. Le proponemmo di scegliere fra un ristorante qualsiasi e un noto locale cosiddetto caratteristico, decorato nello stile della Roma rustica e papalina con selle e finimenti di cavalli, carri da vino con il soffietto dipinto, spiedi di ferro, pentole e teglie di rame, tavoloni e sgabelloni di quercia, botti, barili e bicchieri col fondo grosso, dove, sicuramente, il suo mito personale avrebbe trovato una collocazione immediata. Scelse subito, sia pure con scettica e sarcastica accondiscendenza, il locale caratteristico. E una volta seduta in un tavolo un po’ appartato nella piazzetta trasteverina gremita di turisti americani, ebbe un primo movimento di delusione vedendo che il suo arrivo non aveva provocato la consueta curiosità. Ma questa distrazione durò poco. Erano appena passati cinque minuti che tre o quattro fotografi già stavano inginocchiati intorno a noi cercando di riprendere “Nannarella” a cui il chitarrista lusinghiero e familiare, un piede sul piolo della seggiola, la chitarra sulle ginocchia, andava propinando nell’orecchio le parole sussurrate della sua canzone. Intanto da tutti i tavoli gli avventori stranieri avvertiti da accompagnatori e ciceroni si voltavano per guardarla; e dalla frangia di donnette e di ragazzini che se ne stavano intorno in piedi a godersi la musica, si levavano applausi e invocazioni. Guardai in quel momento Anna Magnani e vidi che, chiaramente, essa non partecipava che a metà a questa specie di improvvisata rappresentazione. Certo i suoi occhi magnetici brillavano di eccitazione non finta; certo la celebre risata crudele e aggressiva si accendeva con perfetta naturalezza sul viso un po’ stanco e macerato; ma al tempo stesso c era in lei qualche cosa di amaro, di malsicuro e di deluso. Era, sì, l’attrice celebre, il personaggio rappresentativo; ma, insieme, per una contraddizione amara della sua strana e ombrosa umiltà, forse dubitava di esserlo davvero oppure avrebbe voluto esserlo in un altro modo. Il suo narcisismo scontento e diffidente le faceva forse subodorare nella sua popolarità qualche cosa di inautentico, un po’ analogo alla decorazione del ristorante in cui in quel momento si trovava. Ma probabilmente si rendeva pure conto che ogni popolarità è fondata su un malinteso; e che la sua, almeno, poteva contare su un’originaria carta di nobiltà genuina e indiscutibile. D’altra parte, alla sua rassegnata e scettica partecipazione doveva anche contribuire la riflessione che per un’attrice come lei, che aveva dovuto il successo proprio al fatto di aver abolito il confine tra la vita e l’ante, tra la persona e il personaggio, tra la passione e l’espressione, era impossibile fare certe schive distinzioni. Essa doveva accettare di essere, così sullo schermo come fuori dello schermo, una presenza fatta di impetuosa vitalità esistenziale, la quale, via via, poteva, come non poteva, coagularsi in una forma riconoscibile. Ma come si fa a sapere quando la vitalità riesce a trovare la forma che le conviene e quando invece si limita a esplodere? Affidata al solo istinto, Anna Magnani probabilmente non era mai del tutto sicura di aver creato un vero personaggio; o invece di esser rimasta al di qua dell’interpretazione, nell’imitazione di se stessa. Ho cercato di illuminare il difficile e oscuro rapporto nella vita e nell’animo di Anna Magnani tra la figura pubblica e l’interprete. Ora però vorrei aggiungere che questa attrice arrivata così tardi alla maturità artistica e al successo, dopo una lunga anticamera nell’avanspettacolo e nel cinema di consumo, questa donna disadattata, affettuosa, incolta e nevrotica, seppe fare qualche cosa che accade molto di rado nel mondo casuale e improvvisato del nostro cinema: intersecare la propria meteorica traiettoria con l’orbita misteriosa e controversa della cometa chiamata storia. A ben guardare e fuori di metafora, la carriera di interprete di Anna Magnani è legata quasi esclusivamente alla regia di Roberto Rossellini e soprattutto al film Roma città aperta. Bellissima di Visconti, pur avendole ispirato una delle sue migliori interpretazioni, è altra cosa; e così pure i film girati da Lattuada, Zampa, Camerini, per tacere dei film del periodo americano e delle molte altre prestazioni addirittura di consumo. Perché Roma città aperta e Roberto Rossellini sono stati così importanti per Anna Magnani? Perché, come ho già detto, in quel film Anna Magnani si è trovata con la sua vitalità viscerale, il suo slancio esistenziale, la sua disponibilità passionale nei centro di due esperienze nitide e precise, perfettamente a fuoco sia in senso storico che in senso estetico la Liberazione e il neorealismo. Qualcuno penserà che io intendo dire che Anna Magnani si «impegnò” allora sia come artista che come persona. Certo il termine di impegno risolverebbe il problema; ma sarebbe una risoluzione un po’ affrettata e convenzionale. Diciamo piuttosto che Anna Magnani negli anni del dopoguerra seppe ricevere più di quanto non diede. All’apertura generosa, alla recettività ingenua di quel breve periodo essa dovette di aver potuto in seguito dare tutto quello che ha dato.

News

È la grandissima attrice la protagonista dell’immagine ufficiale dell’evento al via il 18 ottobre.
Vai alla home di MYmovies.it »
Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | Serie TV | Dvd | Stasera in Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | TROVASTREAMING
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati