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Elisabetta Sgarbi e il suo cinema

Alla Festa del cinema di Roma Elisabetta Sgarbi ha presentato Nino Migliori. Viaggio intorno alla mia stanza.
di Pino Farinotti

domenica 23 ottobre 2022 - Focus

Alla Festa del cinema di Roma Elisabetta Sgarbi ha presentato un film su Nino Migliori, il grande fotografo. Il focus di questo racconto è sul cinema della Sgarbi, una voce cospicua per numeri e qualità.

“Vorrei tornare indietro, per rivedere il passato, per comprendere meglio quello che abbiamo perduto, viviamo in un mondo orribile, siamo in cerca di un’esistenza.
Vorrei tornare indietro per rivedere gli errori, per accelerare il mio processo interiore, però in quinta elementare entrai per caso nella mia esistenza.”

Sono le parole che canta Elisabetta Sgarbi, in macchina, mentre alla guida c’è Eugenio Lio. Le parole sono di Franco Battiato. Guardavo quelle immagini con sorpresa, magari sconcerto, perché era una Sgarbi per me, e credo per molti, inedita. Divertita, compresa, sorridente, anche bella, con gli immancabili grandi occhiali. E con Lio che, timidamente, fa qualche piccolo movimento col capo, in sintonia con la canzone.   
Battiato va citato, perché con lui Sgarbi ha avuto un rapporto intenso, coltivato col pensiero e col cuore. Sono stati vicini e hanno collaborato per tanto tempo. E il cinema è importante, e non poteva che essere poeticamente diverso, data la natura di quell’artista: “di mente e di parole, non di narrazione” come diceva lui. Nel maggio del 2021 Franco se n’è andato. Elisabetta lo ha salutato così: "Abbiamo fatto molte cose insieme. Ci chiamavamo senza motivo, solo per il piacere di sentirci. Non posso pensare che non ascolterò più la sua voce che dice il mio nome".

Quando fra molti anni qualcuno racconterà sulla carta la storia della Sgarbi occorrerà un cofanetto di qualche chilo. La signora lavora sulla sua Nave di Teseo, ragiona sul panorama internazionale della scrittura. E poi deve gestire la macchina grande e complessa che accorpa tutti e tutto, nella qualità più alta, la Milanesiana. E poi… il cinema. Nel racconto che la riguarda dovrò ricorrere a episodi e sintesi, senza un filo che li unisca. E a omissioni.  E rintraccerò analogie suggestive, parentele belle.  Con il cinema a comandare. Ho visto e raccontato i titoli recenti della Sgarbi. In un libro ho accorpato Extraliscio a Qui rido io di Mario Martone “per affinità di estetica visionaria, di musica, di pittura, di espressioni di teatro: un dittico di cinema d’arte.” 
Nei musicisti etnici di Extraliscio ci sono gli elementi per un rimando a un Wim Wenders. Trattasi di uno dei maggiori artisti del mondo. Regista con diverse lauree ad honorem. Perché la parentela con Sgarbi? Wenders in Lisbon Story, scova in una stanza il fado-folk dei magnifici Madredeus e in Buena Vista Social Club evoca il sortilegio della musica cubana attraverso il suo eroe, Compay Segundo. Il gruppo portoghese e quello cubano hanno lo stesso debito verso Wenders degli Extraliscio verso Sgarbi. Dunque Cuba, Portogallo, ma anche Italia, dove collabora con Antonioni: Wenders unisce la cultura tedesca a quella latina. Un'assunzione profonda e vitale, non un'esplorazione di passaggio. Vocazione latina a fronte di vocazione mitteleuropea di Sgarbi.  Cito due titoli recenti, di cui ho scritto. 

I nomi del signor Sulcic: Ivana, giovane ricercatrice dell’Università di Ferrara, indaga per conto di Irena Ruppel, una donna slovena che vuole ricostruire il suo passato e sanare le ferite di un abbandono. Fra Trieste, Lubiana e Tolmin, troverà finalmente pace e risposte. Al centro del film, la storia di un uomo che stava dalla parte sbagliata e che non ha mai avuto l’umana decenza di accettare le responsabilità delle atrocità inflitte. Intorno alla sua vita, agitata sui confini più contesi d’Europa e sepolta in una guerra che interroga ancora la nostra identità nazionale, si muovono una serie di personaggi che provano a mettere insieme i frammenti.

L’altrove più vicino: accompagnata dalle note di Franco Battiato e dalle parole di Boris Pahor dette da Toni Servillo, Sgarbi affronta un universo complesso e differente, tallona vite, lingue, azioni e pensieri che fanno parte di un orizzonte umano dove tutto si mescola finendo per confondersi. Claudio Magris, Paolo Rumiz, il poeta Alojz Rebula, il maestro Igor Coretti-Curet, la scrittrice Maria Madieri abitano quel mondo. Ed ecco un’istantanea della repressione linguistica inflitta dal fascismo alla minoranza slovena o, a contrasto, la contiguità di lingua, espressione di frontiera per una giovane mamma e i suoi bambini.

Il cofanetto Uomini del Delta raccoglie tre film dedicati al delta del Po. Per soli uomini, Il pesce siluro è innocente, Il pesce rosso dov’è?.
La trilogia racconta la vita degli uomini d’acqua che vivono nel delta, dove il fiume si confonde col mare. E niente è sicuro e prevedibile. Eppure quella gente sta lì, perché appartiene a quella terra-non terra, col corpo e col sentimento. Sanno bene che tutto è instabile e pericoloso, ma non cambierebbero con nessun altro luogo della terra. E, ancora, le immancabili musiche di Battiato.
Vittorio Sgarbi ha scritto:
“Il fiume è l'anima. Il fiume è la vita. Il fiume è il viaggio.
Il fiume è la natura. Il fiume è il deserto e l'oasi insieme.
Il fiume è il labirinto. Il fiume è il ventre materno.
Il fiume è una lunga strada che porta al luogo della vita.
Il fiume è la vita.”

Il Po è anima e vita di Elisabetta Sgarbi. Quell’acqua larga e lenta lambisce Ferrara, la sua città. 

Eugenio Lio. E’ uno importante. Laureato in filosofia e teologia è il primo editor della Nave di Teseo, fa parte del comitato editoriale della Milanesiana e firma le sceneggiature dei film della Sgarbi. Nel contesto del libro Extraliscio e Qui rido io: due capolavori italiani, gli ho chiesto un intervento. Si rifà al concetto “altrove”. Ne produco uno stralcio, vale la pena:

“Altrove è un luogo tutt’altro che vago, situato tra il centro e la periferia delle città dove i due artisti abitano. Ora non ricordo bene, perché l’ho visitata solo saltuariamente ma Mario e Elisabetta potranno essere più precisi. Ricordo comunque una fatale inattualità della forma di Altrove appena temperata dai suoi abitanti, tutti in abiti contemporanei anzi più che contemporanei, qualcosa di più come fossero più vicini dei vicini. Li riconoscerete gli abitanti di Altrove da una peculiarità da cui non sono esenti Mario e Elisabetta. 

Sgarbi-Wenders. Impressiona la corrispondenza fra l’italiana e il tedesco quando nei loro film raccontano i fotografi Sebastiao Salgado e Nino Migliori. Trattasi di artisti grandi e diversi. 

Migliori sta sull’arte e la sua evoluzione. Soprattutto tocca la materia. Nello spazio di quell’atelier c’è tutto ciò che può diventare pretesto di lavoro, applicazione e trasformazione. Un fiammifero spostato sotto un volto ne altera l’espressione, una bottiglietta di acqua minerale diventa tutt’altro, un caleidoscopio moltiplica la forma che diventa un labirinto inestricabile, un oggetto neutro lì per terra può essere un’installazione. E poi, le fotografie, approdo finale. Alcune fanno parte della memoria di quella disciplina. Come il tuffatore, che l’obiettivo è riuscito a riprendere nel momento perfetto in cui è parallelo all’orizzonte del mare. E poi quel vigile solitario, in quell’incrocio, dove dirige … nessuno. E i due musicisti nella grande via, che suonano … a nessuno. E tanta, tanta altra roba. 

Salgado sta sui popoli ed è il testimone diretto, impietoso, dei dolori del mondo. Le fotografie: la Sierra Pelada, nello stato del Parà, in Brasile. Decine di migliaia di cercatori d'oro schiacciati in una buca profonda, si muovono come formiche l'una sull'altra, un vero girone dell'inferno fisico, non metaforico. E poi il deserto del Sahel, dove non c'è acqua, e la sofferenza è quasi sempre mortale. E poi il genocidio del Ruanda, migliaia di esseri umani sterminati col machete. Le migrazioni infinite di popoli che non hanno niente, in fuga dalla morte, verso territori che non esistono. E forse arriveranno a un campo profughi che è peggio della fuga.

E adesso, Elisabetta? Beh, non ci sarà molto da aspettare. 



 


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