L'Altrove più Vicino

Film 2017 | Documentario +13 50 min.

Titolo originaleL'Altrove più Vicino
Anno2017
GenereDocumentario
ProduzioneItalia
Durata50 minuti
Regia diElisabetta Sgarbi
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
MYmonetro 3,08 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Elisabetta Sgarbi. Un film Titolo originale: L'Altrove più Vicino. Genere Documentario - Italia, 2017, durata 50 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,08 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 12 gennaio 2018

Un film girato con amorosa attenzione: un viaggio in un paese a due passi dal nostro, nella sua lingua, nei suoi paesaggi, nelle nostre somiglianze.

Consigliato sì!
3,08/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,16
CONSIGLIATO SÌ
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Critica
Premi
Cinema
Trailer
Nei volti che Elisabetta Sgarbi sfoglia, frontalmente e dappresso, c'è tutta la bellezza della soglia.
Recensione di Marzia Gandolfi
giovedì 30 novembre 2017
Recensione di Marzia Gandolfi
giovedì 30 novembre 2017

La frontiera chiude ma allo stesso tempo invita alla sua infrazione. La letteratura, per sua natura, ha sempre attraversato la soglia e trasgredito l'ammonimento. Soprattutto gli autori e i poeti centro-europei, sensibili all'altrove dentro paesi di confine nati sul territorio dell'impero austro-ungarico. È lo spazio della Mitteleuropa, uno spazio marcato dall'esperienza della dislocazione. Un trasferimento volontario o involontario, individuale o collettivo, che può provocare incertezza e crisi identitaria.

Vis-à-vis con la frontiera, l'identità, la dialettica del centro (austriaco-tedesca) e della periferia (slovena-slava), Elisabetta Sgarbi passa il confine per interrogare l'altrove più vicino di Paolo Rumiz, che intitola il film.

Perché l'alterità dell'orizzonte richiede sempre un'interrogazione filosofica. Accompagnata dalle note di Franco Battiato e dalle parole di Boris Pahor, interpretate da Toni Servillo, l'autrice salta in un universo espressivo differente, insegue vite, lingue, mestieri e pensieri che disegnano una cartina geografica e umana, una zona vaga dove tutto si mescola, tutto si confonde. In quel mare (in)quieto Elisabetta Sgarbi pesca sguardi che si aprono al di là delle comunità liminari. Claudio Magris, Paolo Rumiz, il poeta Alojz Rebula, il Maestro Igor Coretti-Kuret, la scrittrice Marisa Madieri abitano quel territorio dinamico dove l'incontro si può produrre fervidamente e senza ostilità.

Versi, note, partiture, arie, ricordi sono alcuni dei loro strumenti per (riba)dire un'identità segnata da avvenimenti storici, lontani e recenti, che hanno impattato le rispettive vite. La repressione linguistica inflitta dal fascismo alla minoranza slovena, rimarcata da Alojz Rebula o diversamente la contiguità linguistica privilegio di frontiera per una giovane mamma e i suoi bambini.

Nei volti che Elisabetta Sgarbi sfoglia, frontalmente e dappresso, c'è tutta la bellezza della soglia. Portatori sani di identità, la loro eredità è essenzialmente quella delle parole, un vocabolario agile che allaccia l'eco delle ferite asburgiche con un nuovo contesto esistenziale, passando per la snazionalizzazione, l'emigrazione, il genocidio linguistico e culturale, la stravolta pietraia carsica, l'indipendenza. Una lingua che per Claudio Magris è un ritorno alle immagini dell'infanzia, la via per la riconquista dell'unità perduta tra le parole e le cose. L'incontro con Alojz Rebula, poeta triestino di lingua slovena, rivendica un solo ragionevole impero, quello della narrazione, con un vigore espressivo che traduce la trasmissione organica della vita. Quella che Claudio Magris cerca lungo gli antichi sentieri alla ricerca di un orso che se ne frega delle frontiere, di una foresta misteriosa, di una poesia nascosta. Scritto e girato dentro uno spazio sensibile, L'altrove più vicino manifesta e confessa il carattere vitale di una tripla appartenenza. Un luogo dell'anima ficcato tra Austria, Italia e Balcani, un declivio di verde e di bruma, di classiche e rinnovate architetture liriche che le attuali vicende storiche avevano di fatto segregato in mondi vicini ma divisi. La natura del documentario, aperta e plurale, celebra l'irriducibile resilienza dell'identità slovena dentro una dinamica secolare e un ambiente condiviso. Perché in fondo non c'è davvero differenza tra la landa carsica e quella slovena.

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