In tv Vacanze romane, Da qui all'eternità e Giulio Cesare, tre film che nel 1953 fecero parte della cinquina che si contese il premio Oscar. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
Mercoledì 25 agosto, tre diversi network hanno trasmesso questi titoli: Vacanze romane, Da qui all'eternità e Giulio Cesare. Non credo che gli estensori dei palinsesti si siano sentiti, e che neppure se ne siano accorti, ma quei tre titoli sono legati da un filo d'oro. Fanno parte della cinquina che nel 1953 si contese l'Oscar. Gli atri due titoli erano La tunica e Il cavaliere della valle solitaria. Gli Oscar, su quei titoli caddero a pioggia. Ed è legittimo perché mai, prima di allora, c'erano stati dei competitor di quella qualità, e mai più ci sarebbero stati. Da sempre affermo che gli anni cinquanta sono il decennio più "grande e bello" del cinema di tutte le epoche. Non ho lo spazio per spiegarlo, l'ho fatto in vari libri. Chiedo al lettore di darmi credito. E dunque quel 1953 è la punta di diamante del decennio e... di tutto il resto.
Prevalse Da qui all'eternità, che ebbe 13 nomination e 8 Oscar.
Tutti i più importanti: film, regia (Fred Zinneman), e poi Sinatra "non protagonista", fra gli altri.
L'iconografia del cinema rimanda la più bella sequenza di erotismo, quando Burt Lancaster e Deborah Kerr si avvinghiano nella risacca. Ciascuno dei 5 titoli rappresenta un contenuto diverso, e importante.
C'è Shakespeare col suo Giulio Cesare, firmato da Joseph Mankiewicz. Memorabile il momento di Marlon Brando-Antonio nel famoso monologo: "Amici, Romani, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo..." Nella parte di Cassio c'era John Gielgud, shakespiriano super accreditato.
Applaudì il giovane fenomeno che non aveva mai recitato Shakespeare e aveva imposto un registro tutto suo.
Vacanze romane di William Wyler (7 nomination 3 Oscar) è nella memoria di tutti: Gregory Peck e Audrey Hepburn che girano per Roma in Vespa sono un'altra immagine della mitologia del cinema. Audrey, 24enne, ebbe l'Oscar come protagonista. La sua leggenda nasce lì. Sarebbe diventata una delle donne del secolo. Avrebbe dettato comportamento e mercato (Tiffany). La Tunica, firmato da Henry Koster, con Richard Burton e Joan Collins, non era solo un colosso storico, era una rivoluzione dello spettacolo. La televisione stava togliendo spettatori al cinema, la vendita dei biglietti era drammaticamente caduta. Darryl Zanuck, il geniale tycoon della Fox, decise di offrire uno spettacolo più "largo" ed esteticamente più ricco, così inventò il Cinemascope che allargava appunto lo standard quadrato del piccolo schermo, rivoluzionando tutto, primi piani e i campi lunghi. La Tunica, gran bel film peraltro, fu il primo nel nuovo sistema, poi imitato, con definizioni diverse, da tutte le major. L'invenzione funzionò. Il pubblico riprese a ... uscire di casa.